5. Fuoco

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N.d.A. Il capitolo è lungo ma indivisibile poiché non contiene salti temporali / cambi di scena.

 Il capitolo è lungo ma indivisibile poiché non contiene salti temporali / cambi di scena

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L'ora dell'incontro arrivò prima di quanto Chandra potesse immaginare.

Era buffo: aveva passato l'intera mattinata a pentirsi di ciò che aveva fatto, più che pronta ad annullare tutto, e poi a soli dieci minuti da mezzogiorno si ritrovò a sbirciare furtivamente fuori, dove un via vai di monaci animava i corridoi del dormitorio.

Sebbene sentisse di star partendo con il piede sbagliato, aveva comunque preparato una lista di cinque punti da rispettare durante le lezioni con Arthur. Stilarli fra un pentimento e l'altro l'aveva rilassata, a modo suo.

Non appena anche l'ultimo monaco ebbe lasciato il dormitorio da diversi minuti, Chandra uscì dalla camera e attraversò a passo svelto il corridoio. Scese per le scale guardandosi alle spalle e, allo stesso modo, controllò ai lati quando venne il turno di oltrepassare le camerate del Sole.

Si sentiva gasata, quasi ribelle, mentre superava l'ingresso, in quel momento deserto, e si infilava poi nell'arco centrale.

La via era buia: non c'erano né fiammelle incantate né lampade a olio a illuminarla. Era forse l'unico ambiente in Monastero con quella particolarità.

La mano sinistra strisciava sui mattoni del muro, accompagnando Chandra in quell'ansiogeno cammino. A causa del buio, capì di essere arrivata alla fine del corridoio solo quando, portando la mano in avanti, sfiorò una parete.

Non c'era niente: solo mattoni lisci; nessuna maniglia e nessuna fessura. La tastò tutta, ancora al buio, ma la situazione non cambiò.

Chandra sospirò. Era stato sciocco, da parte sua, accettare così su due piedi l'assurda proposta del Leblanc. Credeva che Arthur sapesse meglio di lei la disposizione dei luoghi al Monastero, per questo aveva lasciato a lui il compito di scegliere dove incontrarsi senza dire la propria. Invece, oltre a essere in ritardo, l'aveva persino condotta in un vicolo cieco.

Attese qualche altro minuto, giusto perché ricordava l'orario delle lezioni del ragazzo e sapeva che terminavano alle dodici in punto.

Sebbene non sapesse di preciso che ore fossero, decise di concedere ad Arthur il beneficio del dubbio e immaginare che fosse intento a venire. Non voleva pensare che si trattasse di un inganno in cui lei era caduta come una disperata bambina ingenua.

D'un tratto, una luce attirò l'attenzione di Chandra; era piccola ma abbastanza intensa da costringerla a strizzare gli occhi.

«Signorina, è già qui», le disse in segno di saluto Arthur, non appena le fu vicino. La luce proveniva dal suo palmo aperto, da cui si alimentava una lingua di fuoco intensa.

Chandra ci mise un po' per inquadrarlo, abituandosi pian piano al nuovo chiarore. La fiamma gli illuminava la parte destra del viso, evidenziandone l'angolo tendente al basso dell'occhio e i lineamenti dolci di zigomi e mascella.

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