America x Italia - request

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Proposto da: Sabry_Pongo
Ship: America x Italia
Rating: rosso
Gender: boy x girl
Punto di vista: 1^ persona (Italia)
Idea: America e Italia fanno parte dell'equipaggio di una nave spaziale nello stile di Among Us (come potete immaginare, non finirà bene :'D)

~~~

- Ame? Tu... tu sei pronto per partire? - chiesi con tono basso, fissando il soffitto della nostra stanza.
Il mio ragazzo sollevò la testa dalle mie gambe e la piegò di lato curioso - Certo che sono pronto, ormai è una cosa normale per me. Tu invece? Sei preoccupata, vero? - mi diede un bacio sulla pancia - Te lo leggo negli occhi... -
- Solo un po' - borbottai piano, imbarazzata per l'essere stata colta sul fatto immediatamente - Solo che è il mio primo viaggio del genere, lo sai... -
- Stai tranquilla - sorrise dolcemente e mi diede un bacio sulla fronte - Andrà tutto bene -
Passai lo sguardo sul suo corpo meraviglioso e tornai a perdermi nei suoi occhi blu - Mi fido - ricambiai quel sorriso e poi mi sporsi per leggere l'ora sulla sveglia - Abbiamo ancora sette minuti prima di doverci preparare -
- Allora lasciami finire il mio lavoro, da brava - ribatté tornando ad affondare il viso tra le mie cosce e appoggiando una mano sulla mia gamba per accarezzarla.
Ci volle del tempo prima che America si decidesse ad arrivare al punto, gli piaceva provocarmi. Così finii per ritrovarmi a gemere mentre lui mi marchiava l'interno coscia per poi alleviare la pelle violacea con dei dolci baci. Aveva un tocco leggero, quasi angelico.
Di tanto in tanto si fermava per controllare che il suo operato riuscisse nell'intento e io ai suoi sguardi riuscivo solo ad annuire, troppo presa dalla situazione per poter rispondere in altro modo. Dopo avermi torturata per minuti interi senza mai permettermi di arrivare al culmine gemetti un - Ti prego - e fu come se lui si fosse appena risvegliato da un sogno ad occhi aperti. Fino a quel momento era talmente concentrato nel controllare i suoi impulsi e usare ogni secondo del tempo rimasto per farmi sentire bene che era come se si fosse completamente dimenticato di sé stesso. Un ghigno gli si formò in volto e smise di impegnarsi a dominare i suoi istinti facendomi venire poco dopo. Diede uno sguardo alla sveglia, mancavano due minuti. Io mi ero già ricomposta e stavo alzandomi per andare a prendere i vestiti sparsi sul pavimento quando lui mi bloccò.
- Dove vai? - mi chiese curioso.
- Ci dobbiamo rivestire Ame, ormai manca poco - gli risposi.
Mi prese per un braccio, impedendomi di alzarmi - Non vorrai mica sprecare due interi minuti? - rise mentre mi rimetteva al mio posto, sistemandosi in modo da riuscire a soddisfare anche i suoi bisogni. Entrò in me senza preavviso e io sussultai, emettendo un piccolo grido che lui prontamente fermò tappandomi la bocca. Qualche secondo dopo iniziò a muoversi dentro di me, saltando i preliminari e arrivando subito al dunque, non c'era tempo. Quando la sveglia suonò l'ora esatta venimmo insieme, stanchi ma felici. Ci rivestemmo e ci incamminammo verso l'ufficio collegato alla piattaforma di lancio, pronti a salire al bordo della nostra astronave, lo Skeld, che ci avrebbe portati su un lotano pianeta, dove gli Ammiraggli della Flotta Terrestre volevano che facessimo delle ricerche scientifiche.
L'equipaggio era formato da sei membri: io, una botanica; Germania, una geologa, e, da quanto avevamo potuto capire visto che non era una grande chiacchierona, suo cugino Austria, che era laureato in antropologia (e ci avrebbe aiutati a cercare tracce di possibili civiltà precedenti); Cina, un carismatico chimico; un mercenario pagato per proteggerci da eventuali minacce, un certo North Korea, che sembrava interessato solo a mangiare e seguire Cina ovunque andava; e per finire, il capitano della spedizione, il mio America.
All'inizio tutto sembrava tranquillo, ma quando arrivammo a metà del viaggio, in mezzo allo spazio profondo, cominciarono a succedere delle cose strane...

***

Imprecai piano e provai a scrivere di nuovo il codice sul tastierino, ma le mie dita tremavano per il terrore e dal pannello di controllo uscivano delle scintille, come se il circuito fosse già stato distrutto. Scossi la testa lasciando perdere e tirai su con il naso riprendendo a correre per i corridoi, superando il cadavere di Austria, che era ancora abbandonato contro la parete con uno squarcio nel petto.
Le luci avevano smesso di funzionare già da qualche ora, l'unica cosa che illuminava il mio percorso era il fascio rosso dell'allarme che continuava a risuonare, mentre una flebile voce robotica ripeteva ogni tanto "Attenzione. Malfunzionamente nel reattore. Abbandonare la nave".
Girai in un angolo togliendomi una ciocca di capelli dal viso, gli occhi che saettavano in giro, e feci per proseguire nella mia disperata ricerca, ma un rumore mi fece bloccare: lo avevo riconosciuto subito, era il rumore di un coltello che strideva contro le pareti.
- Piccoli astronautiii~ - chiamò North con una risata, giocherellando con la lama per poi premerla di nuovo contro il muro mentre camminava - Non potete nascondervi per sempre! Venite qua a giocare~ -
Trattenni il fiato e il più silenziosamente possibile mi nascosi dentro un armadietto, il cuore che sembrava voler uscire dal mio petto per l'ansia. Quando vidi l'ombra del pazzo passare davati a me mi tappai la bocca strizzando gli occhi, pregando che non avesse notata. North si fermò per un attimo, guardandosi intorno sospettoso, ma proprio mentre stava per girarsi verso di me il suo compagno lo chiamò dall'altra parte del corridoio e subito l'uomo lo raggiunse con un sorriso in volto.
All'inizio non avremmo mai sospettato di loro, per quanto quel mercenario fosse stato sempre antipatico e scontroso. Ma pensavamo fosse semplicemente il suo carattere, inoltre Cina continuava ad assicurarci che lo poteva tenere sotto controllo. Avevamo capito che anche il chimico era coinvolto solo quando Germania era stata avvelenata con una sostanza sconosciuta, che le aveva riempito i polmoni di schiuma corrosiva.
Non appena i due si furono allontanati uscii dal mio nascondiglio e corsi nella direzione opposta alla loro, cercando America in ogni stanza. Non ce la facevo più a stargli lontano, avevo troppa paura di perderlo. Lo trovai che cercava di aggiustare il quadro elettrico e subito lo abbracciai scoppiando a piangere tra le sue braccia.
- T-ti prego, andiamocene - singhiozzai - Non mi interessa più salvare la nave, voglio solo tornare a casa! -
Il ragazzo sospirò passandosi una mano sulla faccia sudata e sporca, accarezzandomi velocemente la schiena per cercare di calmarmi - Lo so... va bene... ma... non possiamo lasciare in mano a quei due l'astronave, ci sono troppe cose preziose! È quello che vogliono! - esclamò baciandomi il viso con delicatezza - Non posso permetterglielo -
Continuai a piangere senza controllo, dovevo buttare fuori tutto quello stress, e gli battei le mani sul petto - Non me ne frega un cazzo! Smettila di fare l'eroe e andiamocene prima che uccidano anche noi! Siamo gli ultimi rimasti! Ti prego, ti supplico... andiamo... -
Mi scrutò per qualche secondo, come se stesse avvenendo una lotta interna dentro di lui, e alla fine sospirò annuendo - Andiamo... - mi strinse forte la mano lasciando un bacio sul suo dorso e mi accompagnò fuori, guardandosi con attenzione intorno e guidandomi con sicurezza verso la plancia di comando. Lì, nascosta dietro un pannello, c'era una navetta di salvataggio, che avrebbe potuto portarci di nuovo a casa grazie ad una rotta preimpostata per la Terra.
Non incontrammo nessuno dei due assassini e raggiungemmo la sala di comando semidistrutta senza intoppi. Mi misi in un angolo, ancora scossa, e mi strinsi le braccia al petto cercando di asciugarmi gli occhi, mentre America aggiustava velocemente i controlli per far aprire la navicella. Non appena la porta si aprì mi ci fiondai dentro, sedendomi su una delle pulite e bianche poltroncine, per poi girare la testa per aspettare che il mio ragazzo mi raggiungesse.
Ce l'avevamo fatta, mancava poco ormai e saremmo riusciti a scappare.
- Ame? - balbettai confusa, vedendo che era rimasto fuori dalla navicella e stava sorridendo - Che succede? -
La porta si chiuse e subito mi alzai di scatto per battere i pugni sullo spesso vetro dell'oblò, ripetendo con la voce rotta - Ame?! Che fai?! -
Mi rivolse un'occhiata dolce - Scusa amore... ma non posso non fare l'eroe. C'è troppo in gioco... torna a casa anche per me, va bene? Ti amo - appoggiò una mano contro il vetro, in corrispondenza della mia, e poi trafficò ancora con i controlli, facendo partire la navicella e scappando di nuovo per i corridoi.
Rimasi a guardarlo bloccata, senza riuscire a dire o fare qualcosa, e mormorai - Computer, inverti la rotta -
Ma, come temevo, la voce rispose "Impossibile invertire la rotta. Prossima destinazione: pianeta Terrra".
Mi sedetti sul pavimento pulito e mi tirai le ginocchia al petto, continuando a piangere senza controllo, anche quando un botto gigantesco risuonò nello spazio, facendo vibrare le pareti della mia navicella.
La nave era esplosa e io ero l'unica sopravvissuta.

[Voilaaaa :3 mi sono divertita un mondo a scriverla (anche se ci ho messo vent'anni ed è corta)]

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