Cina x North Korea - private

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[Partiamo da un presupposto:
NO, NON HO SMESSO DI FARE LE VOSTRE RICHIESTE, in effetti ne ho già altre in lavorazione, ma la scuola sta martellando e quindi tempo/ispirazione sono andati a farsi fottere :'D e poi ci tenevo tanto a fare questa storia, mi sto innamorando del mio North -w-
P.s. il finale fa pena perché non sapevo che scrivere e non avevo tempo/voglia di pensarci, perdonatemi, is cringe e mi sta facendo venire voglia di buttare tutta la storia]

Ero seduto sotto un albero con una sigaretta tra le dita e cercavo pateticamente di non piangere, anche se la voglia era davvero tanta e avevo già un nodo in gola che mi impediva di parlare.
Ero distrutto, mentalmente e fisicamente, da quello che era successo nelle ultime ventiquattr'ore e nonostante ne avessi bisogno non riuscivo a chiedere l'aiuto di nessuno.
Anche perché non avevo nessuno, come al solito.
A sedersi di fianco a me fu l'ultima persona che mi sarei mai aspettato. Mio fratello South mi notò, lasciò il gruppo di amici e ammiratori con cui stava uscendo (dopo aver ovviamente salutato la sua perfetta e allegra ragazza) e si mise spalla a spalla accanto a me, proprio come quando eravamo piccoli.
Rimanemmo entrambi in silenzio per qualche minuto, perciò per non annoiarmi e soprattutto non dover girare la testa verso di lui, mi misi a guardare le reazioni delle persone che ci camminavano davanti. Tutti facevano la stessa cosa, senza eccezioni: si illuminavano nel notare il mio gemello, ma non appena si accorgevano di me tornavano a testa bassa con una smorfia. Li potevo capire, esternamente eravamo identici, ma per il resto non potevamo essere più diversi.
South aveva i capelli alla moda e sembrava un angelo. Il suo sorriso, allegro e gentile, non faceva che confermare quell'impressione. Indossava abiti perfetti, bianchi e blu, stupendi e puliti, mentre le cuffie rosse che portava al collo lo facevano sembrare sempre pronto a tirare su il morale di qualcuno con una festa.
Dall'altro lato, invece, c'ero io... capelli cortissimi e disordinati, un occhio coperto da una benda tutto il tempo, ero sempre imbronciato, sempre con qualche botta in faccia, sempre pronto a picchiare chi non mi andava a genio (e la lista era lunga). I miei vestiti erano scuri e sformati, l'unica parte a cui prestavo un minimo di cura erano gli anfibi, perché sapevo che non ne avrei mai ricevuto un altro paio.
Non si capiva chi dei due era il preferito della famiglia, vero?
- Che vuoi? - chiesi improvvisamente, non appena mi sentii abbastanza sicuro di avere la voce ferma. Ma lui, come al solito, non si fece impressionare, in fondo mi aveva sempre voluto un bene dell'anima nonostante tutto. Ero stato io ad allontanarmi, perché non riuscivo a stargli accanto senza sentirmi una merda inutile e incapace.
- Cos'è successo? - mormorò in risposta prendendomi il viso con una mano e osservando il labbro spaccato, il naso che sanguinava e le botte - Sei triste e ferito. E sei solo. Non sei mai solo -
Scrollai le spalle offrendogli una sigaretta, ma lui la rifiutò e quindi me la accesi io, rispondendo a bassa voce - Dovevi aspettartelo. Da adesso sarò di nuovo solo, come sempre. Non dirmi che credevi che questa volta sarebbe andata diversamente -
- North... non mentirmi, riesco a capirlo. Siamo gemelli, ricordi? Non dovevi rimanere solo, non con lui al tuo fianco. Cos'è successo? -
Deglutii alzando gli occhi sulle fronde dell'albero per ricacciare indietro le lacrime e cominciai a raccontare, ero proprio disperato.

***

Tutto era cominciato qualche mese dopo l'inizio del mio primo anno.
I professori avevano capito subito che tipo ero e non ci avevano messo molto ad accorgersi anche che avevo problemi con i numeri. Perciò un pomeriggio mi ero ritrovato seduto in una classe vuota con un foglio pieno di operazioni davanti e l'unica cosa che riuscivo a fare era osservare le cifre che danzavano sulla carta. Avevo abbassato la testa, pronto a due ore di noia e umiliazioni, ma improvvisamente nella classe era entrato un ragazzo più grande. Mi aveva rivolto un caldo sorriso e si era messo accanto a me per poi porgermi una mano - Mi chiamo Cina. Ti darò ripetizioni, ho saputo che potresti essere discalculo -
Io avevo fatto una piccola smorfia a quella parola, mi era stato insegnato ad odiarla, e gli avevo stretto la mano, rispondendo - Sono North - per poi tornare a fissare il foglio, cercando di non pensare a quanto fosse dannatamente carino quel ragazzo.
Mi fece lezione e sorprendentemente per la fine del pomeriggio ero riuscito a fare delle espressioni senza confondere i sei e i nove, i due e i cinque. Ci eravamo salutati e me ne ero tornato a casa sentendomi meglio con me stesso. Avrei voluto tanto passare di nuovo del tempo con quel ragazzo così calmo, così paziente, ma non lo rividi per altre tre settimane.
Il nostro secondo incontro era stato molto caotico e decisamente più nel mio stile: alcuni ragazzi più grandi avevano cercato di strapparmi la benda e senza neanche riflettere troppo mi ero messo a picchiarli, creando una rissa che, vista l'inferiorità numerica, mi stava portando alla sconfitta. Per fortuna, proprio quando un calcio stava per arrivarmi in faccia, era arrivato lui a salvarmi, cacciando i bulli con autorità e offrendomi una mano.
- Sei bravo a pestare le persone - si era complimentato con quel sorriso che mi faceva salire una grande calma nel cuore, anche se in seguito avevo imparato che nascondeva pensieri molto più subdoli di quello che credevo.
- Grazie... - avevo risposto io, tenendo il colletto della felpa sopra al naso per nascondere i segni delle botte sul mio viso (anche se il motivo principale era non far notare le mie guance rosse).
- Sai... potresti essermi utile - aveva aggiunto pensieroso osservandomi attentamente.
Io non avevo detto niente, limitandomi ad alzare le spalle, e per lui era stata una specie di silenzioso "sì", infatti da quel momento mi aveva preso sotto la sua ala protettrice, facendomi conoscere lati oscuri della scuola in cui mi trovavo a mio agio. Quale sorpresa.
Il nostro tacito accordo era semplicissimo. Lui era diventato mio amico, stava con me, mi aiutava, mi teneva compagnia, e in cambio io eseguivo tutti i suoi ordini, facendo i lavori sporchi che non poteva eseguire in prima persona per non rischiare di rovinare la sua perfetta reputazione agli occhi degli altri studenti e dei professori.
All'inizio lo avevo visto come un lavoro e aggiungendo anche l'imbarazzo che mi prendeva quando gli stavo accanto non gli parlavo più di tanto, limitandomi a stargli accanto e aspettare il prossimo compito. Ma con il tempo, nel giro di neanche due mesi, lui aveva iniziato a coinvolgermi nella sua vita, facendomi sentire per la prima volta nella mia vita utile e apprezzato.
Insomma, mentre la mia cotta continuava a crescere diventando pura adorazione, eravamo diventati migliori amici e durante una serata in cui eravamo rimasti insieme nel campus a guardare le stelle, preso da chissà quale spinta di fiducia, gli avevo raccontato i due segreti più oscuri della mia vita.

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