capitolo 14

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Rosé ebbe appena il tempo di realizzare ciò che la maggiore le aveva detto, che già le sue labbra furono premute con forza contro quelle dell'altra. Non esitò a ricambiare quel bacio disperato, la scintilla che accese il sentiero di fuoco che le circondò. Lo stesso fuoco rosso che presto non avrebbero più potuto controllare.
Forse la madre di Jennie aveva ragione, dato che quando le fiamme divamparono, nessuno fu in grado di salvarle.
Ma nessuna delle due voleva essere salvata.

-Jisoo non è ancora tornata. Se ti va puoi aspettarla in camera sua- disse sorridendo la signora Kim.
-Grazie, conosco la strada.
Lisa salì le ampie scale che conducevano ai piani superiori della villa, dove si accedeva alle camere da letto.
Quella mattina era uscita prima da scuola perché un dei suoi cugini cadendo dallo skateboard aveva finito per fratturarsi un polso, e lei avrebbe dovuto badare agli altri piccoletti in visita dalla Thailandia mentre sua madre era in ospedale. Da allora non era riuscita a contattare Chaeyoung. Quando il suo eroe Kunpimook le aveva dato il cambio alla guardia delle piccole pesti, era scappata alla villa per aspettare la sua migliore amica, che sicuramente si sarebbe recata lì con la sua ragazza. Ne aveva approfittato anche perché non aveva visto Jisoo a scuola, e non avendo ricevuto risposta a nessuno dei messaggi che le aveva inviato era un po' preoccupata per lei. Le parole della zia della ragazza l'allarmarono ulteriormente.
La bionda raggiunse la camera da letto dell'amica, e sconvolta constatò di non averla mai vista in quelle condizioni. Il letto da una piazza e mezzo era sfatto e le lenzuola lilla giacevano sul pavimento insieme ad abiti e scarpe sparsi un po' dappertutto. Le tende viola erano state strappate e il bastone che le sosteneva penzolava, essendo attaccato alla parete solo per un'estremità. Le varie cornici che riempivano mensole e pareti erano state buttate in malo modo ai piedi della scrivania, sulla quale non vi erano più i libri e i quaderni della corvina impilati ordinatamente, essendo anch'essi essi sparsi insieme ai vestiti, ma un'unica candida busta da lettere.
Senza parole, Lalisa rimase ad osservare qual disastro per una manciata di minuti, fino a quando un suono particolare attirò la sua attenzione. Si avvicinò all'armadio, dal quale proveniva un sommesso singhiozzare. Con cautela aprì un'anta e lo spettacolo che le si ritrovò davanti agli occhi le spezzò il cuore.
Jisoo era rannicchiata in un angolo stringendo forte al petto un cuscino. I lunghi capelli scuri le coprivano in parte il volto ricadendo disordinatamente sulle spalle, e il suo bellissimo viso, ora ancora più pallido del solito, era stato rovinato dai residui di trucco che le sue lacrime si erano lasciate alle spalle lungo il loro percorso. Aveva gli occhi gonfi e arrossati e delle orribili occhiaie. Probabilmente, presa dalla disperazione si era strappata le unghie a sangue, dato che la federa ricamata del cuscino, che la tailandese trovava tanto adorabile, era macchiata di rosso nel punto in cui le dita della maggiore la stringevano.
Lisa cadde sulle ginocchia.
-Jisoo...— chiamò.
-Perché...?
La ragazza non aveva la forza necessaria per completare la frase. Ancora tremante l'amica alzò lo sguardo su di lei, e con voce rotta sussurrò: -Le parole fanno male.
La minore la abbracciò forte, cercando in questo modo di alleviare almeno in parte il dolore dell'altra.
-Fanno davvero male.

Jennie si sentiva davvero bene.
Aveva trascorso gli ultimi giorni meravigliosamente. A scuola pranzava sempre con Rosé in mensa, e nonostante gli sguardi degli studenti poteva camminare con lei per i corridoi, tenendola a braccetto, discutendo, scherzando, ridendo...
Chaeyoung era intenzionata a presentarla ufficialmente alla zia, e quando era alla villa poteva agire più liberamente, anche e soprattutto se si trattava di rubare un bacino ogni tanto. Ogni volta che erano sole era difficile per entrambe riuscire a togliersi le mani di dosso, e Jennie che non aveva mai provato emozioni tanto forti sembrava assuefatta da esse. Non parlava tanto spesso con Jisoo, anche perché quest'ultima aveva iniziato a passare molto tempo fuori casa, ma non diede tanta importanza a questi dettagli.
Jennie iniziava a comportarsi come una bambina: ignorava il male nel mondo immersa nella sua spensieratezza. Pensava che magari quella era la volta buona, che finalmente avrebbe potuto essere felice.
Eppure erano troppe le cose che ignorava. Non si era accorta dell'odio spietato negli occhi delle sue vecchie compagnie, degli sguardi sospettosi di sua madre, di quanto peso aveva perso la cugina in così poco tempo, o di come aveva allontanato Chaeyoung dal resto del mondo.
La rossa la faceva stare bene. Con lei si sentiva completa, al sicuro, come non si sentiva da tempo. Rosé era la sua felicità, e proprio per questo non riusciva a vedere quanto in realtà la danneggiasse.
La minore, dal suo canto, non si rese subito conto che quando la maggiore non era con lei, era completamente sola.
Forse non riusciva ad ammetterlo a se stessa, dato che tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento era sapere di essere amata da Jennie. Ma in realtà non era così.
Chaeyoung aveva bisogno di qualcuno che la riportasse alla realtà quando il sogno l'avrebbe allontanata troppo. Ma la sua piccola Lalisa ultimamente era sempre di corsa tra un impegno e l'altro, e la sua adorata zia dallo sguardo spento era spesso fuori casa.
La ragazza finì quindi per farsi trasportare dalle sue emozioni, immersa fin sopra alla testa in quella sua piccola felicità chiamata Jennie Kim, per poi annegare nel mare di disperazione che portava lo stesso nome.

Era mezzanotte passata quando Jennie e Chaeyoung, dopo una serata in discoteca, tornarono a casa Kim. La maggiore aveva aveva chiamato l'autista della villa per riportarle a casa in macchina, per evitare i pericoli della notte. Quella giornata, di cui avevano trascorso insieme ogni istante, era stata meravigliosa, e anche quel quarto d'ora d'intimità in auto, immerse in un pacifico silenzio, con solo la luce esterna dei lampioni ad illuminare le loro dita intrecciate, per entrambe valeva più di tutto l'oro del mondo. Il battito cardiaco della bruna accelerò quando la minore le poggiò la testa su una spalla, e Rosé sentì che era arrivato il momento di dire a Jennie cosa provava per lei. Nonostante le avesse comunicato più volte con il suo comportamento che i suoi sentimenti erano ricambiati, la rossa spesso pensava che dirlo a voce avrebbe rassicurato la maggiore e stabilizzato la loro relazione. Le serviva solo il momento giusto e pareva che fosse arrivato.
-Jennie- la chiamò.
La bruna la guardò dall'alto sorridendole dolcemente.
-Sì?
Il cuore di Chaeyoung le si stava lentamente sciogliendo in petto.
-Ti...
-Signorina Kim- la interruppe l'autista con tono allarmato bussando al pannello scorrevole che fungeva da divisorio tra i sedili anteriori e quelli posteriori.
-Sì?- rispose la bruna sistemandosi sul sedile, spingendo Rosé a fare altrettanto.
-Siamo arrivati...
Entrambe lanciarono uno sguardo al finestrino dal vetro oscurato, dal quale riconobbero il profilo della villa. Da lontano Jennie riuscì a distinguere anche qualcos'altro. Qualcosa che aveva sperato di non rivedere per molto tempo.
-Grazie, Seungri- disse all'autista una volta che questi si fermò prima di raggiungere la scalinata dell'entrata principale.
-Rose, noi ci vediamo domani.
Così dicendo, Jennie uscì dalla vettura chiudendosi lo sportello alle spalle. Si rivolse all'autista ordinandogli di accompagnare a casa la rossa, ma prima che il ragazzo potesse ripartire Chaeyoung scese dall'auto.
-Jen, aspetta!
La bruna sospirò esasperata. Doveva aspettarsi che l'altra avrebbe preteso spiegazioni, ma quello era il momento meno adatto per parlare.
-Rose, sali in macchina- le disse voltando appena il capo. -Poi ti spiego, promesso.
-Ma devo dirti una cosa... è importante!
-Può aspettare!
-No che non può!
Jennie stava per superare il limite della pazienza. La paura che provava si stava trasformando rabbia troppo velocemente. Chaeyoung invece, inseguendo la maggiore che tentava di distanziarla ad ampie falcate, si stava facendo prendere dal panico. Non voleva essere respinta, non in quel momento.
-Jennie!- chiamò più volte senza ricevere la minima attenzione.
-Io...
Avanzò velocemente afferrando la ragazza per un braccio.
-Io ti...
-Stammi lontano!
La maggiore aveva finito per urlarle contro, spingendola via bruscamente, come se il tocco delle sue mani equivalesse alla puntura di un insetto nocivo.
Jennie agiva con l'aggressività di un animale ferito, troppo preso dal dolore che prova, dalla necessità di nascondersi al riparo dai pericoli esterni e curare le proprie ferite, per capire che la bambina che aveva allungato una mano per accarezzarlo voleva solo alleviare le sue sofferenze. E quella bambina che aveva ritratto la mano indietreggiando, con gli occhi pieni di lacrime fissi su quell'animale selvatico e inavvicinabile, altri non era che Park Chaeyoung.
Essendosi resa conto del tono che aveva usato con la minore, Jennie cercò di ricomporsi e abbassando lo sguardo le chiese cortesemente di andarsene. Poi si voltò, e allontanandosi silenziosamente la abbandonò in mezzo alla strada.
La più piccola non aveva la forza necessaria per muoversi. Anche le lacrime che le offuscavano la vista non riuscivano a scivolare giù. Rimase quindi ad osservare l'immagine sfuocata di Jennie che la distanziava, mentre l'illusione del suo piccolo mondo felice andava in frantumi insieme a parte del suo cuore.
Ringraziò mentalmente Seungri, che uscito dall'auto l'aveva presa per le spalle, permettendole di crollare tra le sue braccia.

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