Il papà di Jisoo era stato colto di sorpresa dalla notizia, e forse a casa aveva versato qualche lacrima nel ricordare quel fratello maggiore che gli aveva insegnato ad andare in bicicletta da bambino, lo stesso che lo teneva per mano quando il buio lo faceva tremare, ma in quel momento pareva privo di qualsiasi emozione.
L'altro zio, il più grande dei tre fratelli, invece aveva una strana aura di superiorità attorno, come se la cosa non lo avesse minimamente intaccato, o peggio, come se non lo avesse affatto sorpreso.
Eppure Jisoo ricordava vagamente modestia e un caldo sorriso sul volto dello zio. Si chiese da quanto tempo non lo vedesse.
La risposta le si parò davanti sotto forma di un'iperattiva bambina di sei anni.
L'ultima volta che aveva visto sua cugina Jennie, la più piccola a stento riusciva a formulare una frase, mentre ora parlava e parlava e parlava...
-Unnie, perché piangi?- le chiese a un certo punto.
Jisoo allora era ancora molto emotiva, e quando vide i nonni scoppiare in lacrime senza riuscire a trattenersi, li seguì a ruota.
—Unnie è... Solo un po' triste— rispose asciugandosi la faccia con la manica del giacchetto nero.
-Non devi essere triste, unnie! C'è Jennie qui con te!
Detto ciò l'abbracciò forte, strappando un sorriso alla più grande. In quel momento Jisoo realizzò che la sua cuginetta era totalmente estranea al male del mondo, e che avrebbe voluto proteggerla con tutte le sue forze.
-Jennie- chiamò il padre della minore. -La nonna non si sente bene, dobbiamo riaccompagnarla a casa.-
Jisoo li osservò allontanarsi, sempre più convinta che quella bimba andasse protetta. Perché anche se avendo solo sette anni non conosceva il significato di tante parole complesse, lei il male lo conosceva e aveva imparato a riconoscerlo. Perché ciò non riguardava affatto i mostri, le streghe, o i dispetti e le bugie dette a scuola.
Il male era tutte quelle maschere che la circondavano. Il male era la superbia che lo zio non si curava di trattenere nonostante ciò che era accaduto. Il male era quelle chiazze violacee che sua madre nascondeva sotto il velo scuro.
E ancora una volta gli unici che ascoltavano queste riflessioni che una bimba come Jisoo non dovrebbe neanche immaginare, erano il suo ormai fidato armadio e i suoi vestiti stropicciati.