Jisoo aveva da poco compiuto quattordici anni quando zio Jiyong morì in un incidente stradale.
Era il compleanno di Jennie quella sera. Quella notizia la sconvolse al punto da farla litigare con il padre e rinchiudersi in camera sua per una settimana.
Jisoo avrebbe tanto voluto starle vicino, dirle parole di conforto, stringerla forte tra le braccia e ricordarle che il suo sorriso era la cosa più preziosa al mondo... Ma la maggiore, che di sofferenza se ne intendeva, era consapevole del fatto che la cugina non le avrebbe concesso di farlo. Almeno non così presto.
Eppure non ne ebbe mai la possibilità dato che qualche giorno dopo Jennie partì per la Nuova Zelanda, e una settimana più tardi Jisoo tornò in collegio.
Negli anni a seguire non fece altro che chiedersi quale maledizione fosse stata lanciata sulla sua famiglia per far sì che capitessaro tutte quelle disgrazie, non essendo in grado di capire che erano i membri della famiglia stessi ad essere la causa di tanta sfortuna.Jisoo aveva diciotto anni quando Jennie tornò in Corea.
Gli zii avevano le avevano fatto lasciare il collegio completate le scuole medie, iscrivendola poi ad un istituto privato dalle ottime credenziali, dove avrebbe studiato anche le loro figlioletta al ritorno dall'estero. Ovviamente la loro decisione era dovuta al benessere di Jennie, per la quale Jisoo sarebbe stata un cagnolino fedele. La ragazza lo aveva capito da prima che le facessero intendere la cosa. Discendendo da un padre che aveva agito tanto disastrosamente, anche Jisoo veniva etichettata dalla società di cui faceva parte come un agnellino dal manto color pece. Date le circostanze gli zii pensarono pur di continuare a far parte di quel mondo, di quella famiglia disastrata all'interno ma scintillante all'esterno. Pensarono che avrebbe fatto di tutto per stare con Jennie, pendere dalle sue labbra e mettere a rischio se stessa.
E in effetti avevano ragione. Ma Jisoo non voleva la cugina per farsi vedere in pubblico, per dimostrare di essere bene accetta, per sottolineare la sua appartenenza alla famiglia Kim o per stare sotto i riflettori come tutti credevano.
Lei voleva Jennie perché era l'unica persona che le aveva dimostrato affetto tempo addietro, l'unica che era stata in grado di farla sorridere, e l'unica nella quale rivedeva se stessa.
Già, perché proprio come Jisoo, Jennie era cambiata. Era stata costretta a crescere, e adesso della sue spensieratezza, della sua gioia e la sua allegria non restava più nulla. C'era solo ghiaccio nei suoi occhi, mentre sul viso un'ostentata superbia, tipica di chi vuole far sentire gli altri inferiori e far loro capire di chi comanda. Ma la maggiore sapeva che la cuginetta non era realmente così. E probabilmente anche Jennie lo sapeva, nonostante cercasse con tutte le sue forza di convincersi del contrario.
In quell'anno Jisoo ebbe occasione di conoscere la sua nuova cuginetta. Era diventata in grado di distinguere la sua personalità impostata e il suo vero e sofferente io.
La vera Jennie era quella impulsiva, non la mente calcolatrice. Jennie era la ragazza che agiva in modo rischioso non per provare il brivido di disobbedire o per fare la bad girl di turno, ma per capire fino a che e punto l'adrenalina riuscisse a soffocare il dolore. Era la bambina che ogni volta che arrivava un temporale scoppiava a piangere e si nascondeva sotto le coperte, e al contempo la donna ferita che bisognosa di sfogare la sua rabbia e la sua frustrazione attaccava chiunque gli capitasse a tiro, pentendosene subito dopo.
Ed era per poter vedere quella ragazza sorridere di nuovo che Jisoo rimase alla villa nonostante tutto.