Capitolo 2. Orsi

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«Signorina Rivera!» sentii una voce dal tono acuto chiamarmi. Una donna alta e slanciata dall'ombretto azzurro chiaro e un vestito lungo fino ai polpacci, stava agitando un braccio all'aria per richiamare la mia attenzione. Con una camminata veloce, mi venne incontro.

«Volevo congratularmi con lei per la sua vincita, è stata davvero eccezionale.» Si complimentò lei, suscitando in me un senso di adempimento. Fu davvero una sensazione gratificante, non solo per la riuscita del mio discorso, ma anche per i complimenti ricevuti al riguardo. Macchina nuova, sto arrivando.

«Oh, la ringrazio signora..» Solo in quel momento, realizzai di aver dimenticato il suo nome, o meglio, di non averlo neanche ascoltato. Hey, infondo non era nemmeno colpa mia. Sembrava davvero di essere ad una conferenza su chi doveva morire prima e a chi spettava la stanza di lusso all'inferno, ma il senso di colpa verso quella donna così clemente iniziò a sorgere.

«Rowan, mi chiamo Grace Rowan, ma tu puoi chiamarmi Grace,» esaltò la parola tu, come se fosse un privilegio che pochi possedevano- e avevo un certo presentimento che non mi sbagliavo- e mi sorrise affettuosamente.

«Ah! E dammi del tu, così mi fai sentire vecchia.» Accolse le mie mani tra le sue e me le strinse calorosamente.

«C-certo..Grace», sobbalzai a causa del contatto improvviso. Donne del suo rango, non si sarebbe mai permesse una vicinanza tale, e proprio per questo mi stupì. Era diversa dalle altre signore presenti in quella sala. Il suo modo di porsi alle persone che la circondavano era estremamente diretto, o meglio, approcciava solo coloro che, secondo lei, potevano essere alla sua altezza. L'avevo notata molteplici volte nell'arco della serata, ed affidandomi alla mia poca memoria, ricordavo che con gli altri capi d'azienda, non si era permessa di spiccicare nemmeno mezza parola. Avrà forse visto lealtà nelle mie parole e deciso che quella sera sarei stata la sua prescelta?

«Così va meglio,» esordì soddisfatta per poi lasciare la presa, «al contrario, mi dispiace per il fatto che tu debba collaborare con un soggetto del genere...» La sua faccia assunse un'espressione disgustata che mi fece scappare una piccola risatina. Sembrava davvero una donna alla mano ed i suoi occhi davano un non so che di materno che in qualche modo mi fece sentire a casa.

«Parlando del diavolo,» disse mantenendo la sua espressione neutrale, affacciandosi un po' oltre la mia spalla, sulla quale si posò una mano dalla presa salda. Era calda, lo percepii per via del pizzo che, essendo un tessuto leggero e quasi trasparente, lasciava che i miei sensi tattili reagissero a quel misero gesto, girandomi di scatto.

«Buonasera signorine.» Mi pentii quasi subito delle mie azioni, in quanto Greens junior si era posizionato dietro di me, rivolgendosi a Grace con fare derisorio. Sapeva perfettamente che la donna non era da tempo una signorina, come l'aveva appellata lui. Carino, davvero molto carino.

«E lei sarebbe?» Incrociai le braccia al petto con fare scocciato, portandomi subito sulla difensiva. Notando la sua mano ancora adagiata sulla mia spalla, mi scansai per far in modo che si scollasse di dosso.

«Oh, ha ragione, colpa mia. Mi presento: mi chiamo Elia Greens.» Elia. Nome da riccone, aspetto da riccone a giudicare dalle Kenzo Houston che calzava ai piedi e il Dress Watch che portava al polso, ma soprattutto, sguardo felino.

«Cosa la porta qui signor Greens?» intervenne Grace con fare protettivo, accostandosi al mio fianco. Udii il ritmo della musica cambiare, diventando più lento e calmante.

«Mi dispiace interrompere la vostra piacevole conversazione, ma vorrei davvero tanto parlare con la mia futura collega di lavoro, se posso,» no, che non potevi. Assolutamente no. Perché mai avrei dovuto accettare di tenere una conversazione con lui?

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