Capitolo 13. Andrà tutto bene

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Per nostra fortuna, quella volta arrivammo appena in tempo. Non facemmo controlli o cose simili, ci fecero semplicemente passare sotto una struttura in metallo in grado di verificare se portassimo armi con noi. Elia, stranamente pulito, mi aveva riferito - con un tramezzino arrangiato per il mio pranzo avvolto in un fazzoletto azzurrino, il quale gentilmente gli avevo chiesto di custodire per sistemarmi il tacco,-che aveva già completato precedentemente tutti i controlli e che quindi non avremmo perso ulteriore tempo. «Devi sbrigarti però! Non voglio perdere l'aereo perché tu avevi un sassolino nella scarpa!» Risistemai il mio tacco e ripresi il mio tramezzino all'uovo. «Vorrei vederti a correre su questi trampoli!» Mi tirò per il polso e mi trascinò con sé, «non è colpa mia se hai deciso di distruggerti i piedi!»

Avremmo trascorso il volo in prima classe che, ai miei occhi, apparve come una reggia. Sedili riscaldabili, cesti di frutta e schifezze al cioccolato per le quali andavo matta, ma soprattutto: asciugamani caldi. Mi s'illuminarono gli occhi a quella vista. La prima cosa che feci fu stravaccarmi beata su quel sedile, comodissimo, puntando una barretta alle noccioline.

«Già miri alle barrette?» Elia si tolse la giacca e si sedette compostamente accanto a me. «Non capisco cosa ci trovi in quest'ammasso di zuccheri.» Prese la barretta che stavo mirando prima e l'acquolina che avevo alla bocca iniziò a verificarsi ingestibile. Era così rettangolare e...perfetta. «Io sono decisamente meglio di questa roba,» la agitò tra la mani, fermandosi poi ad ammirare la busta viola ametista penzolante. «Adesso non esageriamo,» dissi allungandomi sul cestino per prendere un'altra barretta, ma notai solo rovistando tra le varie leccornie presenti, che quella che aveva il mio compagno di viaggio in mano era l'ultima rimasta. Lo fissai insistentemente e quando si accorse di me ed apprese cosa volessi, un ghigno corrosivo prese vita sulle sue labbra. «Cosa c'è?» Chiese girando tra le dita l'oggetto dei miei desideri.

«La mangi quella?» Indicai con la testa ciò che teneva in mano. «No»
«Posso averla?» Chiesi con voce supplicante. «E dimmi, perché dovrei concederti questo privilegio? L'ho presa prima io,» me la porse appoggiando il gomito sul bracciolo. «Semplicemente perché quegli "ammassi di zuccheri" non ti piacciono,» provai a riprendere quella creazione divina, ma non feci in tempo a farlo che subito ritirò la barretta e la nascose dietro la schiena. «La tua passione mi ha fatto venire voglia di provare cose nuove.» Alzò le spalle beffardo come non mai, proprio come se avesse vinto un premio insostituibile.
«Sei proprio uno-»
«Splendore? Di solito non mi piace essere chiamato così, utilizzerei altri aggettivi per descrivermi, ma detto da te non è poi così fastidioso,» strinsi le labbra per trattenere la rabbia.

Non sapevo come avrei retto un viaggio di due ore intere con lui, ma l'importante era mantenere la calma. Magari andando avanti con la conversazione, essa si sarebbe evoluta un qualcosa di piacevole e non irritante. Non sarebbe successo nulla se lo avessi fatto, quindi nessun timore!

«In realtà stavo per dire stronzo, ma se pensare a quel tipo di risposta ti fa sentire bene allora fai pure.» Appoggiò il gomito sul bracciolo del sedile, posando in un movimento svogliato la testa sul palmo.
«Parole dure per iniziare un viaggio. Sai che le noccioline aiutano a calmare i bollenti spiriti? Dovresti sperimentare con qualche barretta, ma purtroppo non ce ne sono più...» Tentai con tutta me stessa a non girarmi e tirargli una testata, anche se la voglia di farlo diventava sempre più potente. Mi voltai verso la sua direzione, ritrovandomi a qualche centimetro di distanza da lui e forzai un fintissimo sorriso a labbra strette che lo fece sogghignare.

«Apprezzo la tua preoccupazione, davvero. Senza le tue magnanime parole il mondo non potrebbe andare avanti»

Mi voltai verso il cestello con dentro riposti i dolciumi e rovistai tra le merendine presenti, «queste andranno benissimo, il cioccolato allevia molto lo stress. Fidati delle persone che hanno più esperienza.» Scartai una barretta al cioccolato e la portai alla bocca. Lui rimase a fissarmi per qualche secondo mettendosi a ridere a crepapelle. «Perché stai ridendo ora?!» Gli vennero le lacrime agli occhi per quanto si stava sbellicando. Forse era la sua risata, ma a un certo punto scoppiai a ridere anche io. Non seppi con quale logica fosse successo, ne tantomeno per quale motivo stessi morendo così tanto dal ridere da sentire male alla pancia. «Hai una faccia così seria per una barretta?» Si rimise a ridere. «Certo! Quella barretta non si trova ovunque sai? L'ultima volta che ne ho vista una ero in un autogrill nel Massachusetts!»

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