Capitolo 10. Sei tu

199 4 0
                                    

La maestosa mansione verso la quale ero diretta, apparì come un castello in stile vittoriano e mi risucchiò al suo interno come in una fiaba. Una serie di uomini forzuti stava trasportando una dozzina di tavoli congeniti ed un gruppo di camerieri e cameriere stava aspettando che venissero posizionati per poter procedere ad apparecchiarli. Fu in quel momento che comparì Isabel, elegante come non mai, con un taccuino tra le mani, ricoperte dal tessuto dei guanti neri. Il suo sguardo si spostò sul mio, ed appena si accorse della mia presenza mi corse incontro, facendo picchiettare i tacchi sul pavimento brillante in resina. 

«Ciao, ho quasi finito qui. Aspettami lì, arrivo tra poco.» Parlò piano lei, sorridendomi poi prima di ritornare a parlare con i camerieri che intanto avevano iniziato ad abbellire i tavoli con fiori e perline di tutti i tipi. Mi sedetti su una panca ed aspettai l'arrivo della ragazza, ritrovandomi ad osservare un operaio intento a cambiare le lampadine di un lampadario sbrilluccicante che pullulava di pietre preziose. La mia ansia, nel frattempo, saliva sempre di più, lasciando spazio ai pensieri pessimisti che Eleonor mi aveva intimato di farmi passare. Il piano iniziale era quello di prendermi un altro po' di tempo e, giungendo ad una stabilità mentale capace di affrontare urla e tirate per i capelli, avrei chiamato Isabel e le avrei rivelato tutto. Saltò tutto quando accettai di venire nel luogo in cui la corvina era intenta ad organizzare un evento. Erano tutti indaffarati con il proprio mestiere e mi sentii leggermente di troppo in mezzo a tutta quei dipendenti che andavano di corsa da una parte all'altra, guidati dallo spirito da comandante di Isabel. 

Fece il suo ingresso un ragazzo incappucciato che si stava dirigendo verso le cucine per cambiarsi. Cambiato il suo vestiario, rimasi sconvolta vedendo che si trattava di felpa grigia, che appena mi notò tra la tanta gente che camminava avanti e indietro senza pausa, sbuffò seccato. Come sei io fossi felice di rivederlo. Alzai gli occhi al cielo, ma decisi di infastidirlo continuando a fissarlo. Si era unito al resto dello staff e stava parlando con Isabel che gli mostrò, supposi, la bozza dell'aspetto che la stanza avrebbe dovuto acquisire. Lui fece capire di aver appreso cosa dovesse fare ed andò a prendere una scala e dei festoni rosa confetto, dirigendosi verso di me.

«Cosa ci fai qui? Questo posto è riservato,» posizionò la scala salendoci successivamente sopra, «potresti passarmeli?» Indicò i festoni, «non ti interessa, ma sappi che ho il permesso per essere qui.»
«Bah, se lo dici tu. Io sto lavorando, quindi ti chiedo gentilmente di toglierti dai piedi, gambe corte,» gli passai i festoni e si allungò per afferrarli.
«Prima di tutto si chiede per favore, e secondo mi chiamo Diana, non gambe corte.»
«Scusami principessa Diana, ma qui sono molto impegnato, quindi potresti portare le tue gambe incredibilmente corte lontane da qui, per piacere?» Il suo tono di voce rimase neutrale, proprio come il suo sguardo, impegnato ad appendere quei festoni.
«Mi accontento.» Alzai le spalle facendomene una ragione. La mora mi raggiunse dopo qualche minuto dicendomi che era libera per mezz'ora. Timothy mi guardò sbalordito nel vedere che il permesso mi fosse stato dato dal suo capo e mi fulminò con lo sguardo. Io gli feci una linguaccia girandogli le spalle. Magari vedendo la mia amicizia col suo superiore mi avrebbe portato un minimo di rispetto. 
Uscimmo da quel castello delle meraviglie e a bordo della sua macchina bianca partimmo verso la caffetteria più vicina. «Scusa se ti chiamo solo ora, ma ho avuto molto lavoro in queste due settimane, e quindi non c'è stato molto tempo per uscire.» Disse mantenendo lo sguardo sulla strada. Avrei preferito non ci fosse stato tempo, non perché non mi stesse simpatica, ma perché probabilmente quella che non le starà simpatica tra un po' sarei stata io. Avrei dovuto evitare l'argomento ad ogni costo. Aveva la giornata piena, e io non potevo rovinare tutto in questo modo. Glielo avrei detto più avanti. Sapevo che stavo sbagliando a dilungare la cosa, ma avrei dovuto preparare prima un discorso, perché si trattava di un tema delicato che non tutti vorrebbero sentirsi dire. 

Obelus Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora