Capitolo 15. Amaro

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La nottata proseguì per un'altra ora fin quando i visitatori, esausti di continuare a camminare avanti e indietro o semplicemente annoiati dalla visione degli stand vicino ai quali erano appena passati, iniziarono a diminuire gradualmente fino a svuotare completamente le strade che ospitavano una grande quantità di rifiuti buttati dove capitava. I secchi erano tutti pieni e probabilmente, non trovando un recipiente nel quale buttare i proprio avanzi, la gente pensò bene di lasciarli cadere inaccidentalmente a terra o di abbandonarli solitari ai lati della strada. Sarebbe stato un lavoraccio per i netturbini la mattina seguente, e chi meglio di me poteva capire i poveri malcapitati? Le mie motivazioni erano semplicissime:

Mi risvegliai in un letto matrimoniale, in una stanza normalissima. Grattai la mia nuca sbadigliando ed una fitta alla testa prese il sopravvento. Strozzai un verso di dolore per poi massaggiarmi le tempie con frequenza. Non avrei dovuto bere così tanto, non reggevo l'alcool ma purtroppo l'episodio della sera prima mi portò a farlo. Non mi sarei mai aspettata di incontrarlo lì ma soprattutto, se l'avessi saputo non sarei mai venuta fin qui. Il solo pensiero di essere stata toccata da lui era disgustoso, ma allo stesso tempo non lo era affatto. Mi contraddicevo da sola. Lo odiavo con tutta me stessa, ma allo stesso tempo rivederlo mi fece balzare il cuore. Era paura, fastidio...amore? O forse un miscuglio delle tre?

La tenda che copriva il piccolo balconcino collegato alla stanza, venne spostata con noncuranza da una mano. Elia, con una sigaretta tra le dita, era appena rientrato, richiudendo accuratamente le tende per non far entrare la luce solare. Le parole che aveva detto ieri mi rimbombavano in testa. Aveva fatto di tutto per difendermi e... si era ricordato cosa mi piacesse. Si voltò verso la mia direzione. Mi rivolse un «buongiorno» che ricambiai a mia volta. Avevo molte domande che mi frullavano nel cervello, come ad esempio, perché eravamo nella stessa stanza? Volevo risposte, ma non seppi perché, non riuscii a porgergliene nemmeno una. Mi sentii particolarmente a disagio ma non per il fatto che indossasse soltanto i boxer, ma per il fatto che da quando era rientrato, non mi aveva guardata in faccia neanche per scherzo. Era rimasto zitto, a guardarsi intorno cercando il muro che faceva al caso suo per riposarci la schiena sopra.

«Dormito bene?» Presi coraggio e tentai di iniziare una conversazione, magari a lungo andare mi sarei sciolta e sarei riuscita a parlargli. «Mh,» emise un verso impercettibile che non seppi decifrare. Cosa gli prendeva quella mattina? «Come mai sveglio?» Fece un tiro andando ad appoggiarsi al muro davanti al letto. Ingoiai a stento la saliva, ritrovandomi ad ammirare le sue braccia strette al petto e le sue gambe allenate incrociate. I suoi capelli neri erano ancora scompigliati ed i suoi occhi ancora un po' assonnati. Si era appena svegliato.

Fece spallucce alzando finalmente lo sguardo sul mio. «Non ho dormito in realtà,» fece un altro tiro andando poi a spegnere la sigaretta in un posacenere vicino. «E come mai?»
«Perché tutto questo interesse? Se devi chiedermi qualcosa vai dritta al punto,» disse acido mantenendo la sigaretta premuta sul contenitore pieno di cenere. Quanto aveva fumato? «Mi chiedevo solo...come mai siamo nella stessa stanza?» Mantenni gli occhi bassi mentre lo chiedevo. Il suo cambio d'umore riuscì ad intimidirmi molto. «Non c'erano più stanze disponibili e tu stavi per vomitare addosso alla receptionist. Non ho avuto altra scelta,» strizzai gli occhi per l'imbarazzo. «Capisco,» mi toccai le dita delle mani nervosamente e, abbassando lo sguardo sul mio corpo, notai che indossavo solo una maglietta. Impulsivamente mi tirai su le lenzuola fino alla pancia suscitando nel ragazzo davanti a me un ghigno compiaciuto. Ecco spiegato il freddo sentito al risveglio.

«Tranquilla, ti ho cambiata al buio. Non ho visto nulla,» quella notizia non mi rassicurò pienamente. «Non eri obbligato a farlo»
«Oh sì che lo ero, hai sporcato i tuoi vestiti vomitandoci sopra,» rimasi in silenzio vergognandomi dalla testa ai piedi, «e poi...ciò che è avvenuto dopo è stato più che inaspettato.» Spalancai gli occhi. Cosa intendeva dire dicendo questo? «Spiegati meglio,» la mia voce era esitante, non potevo essere arrivata a fare qualcosa di troppo avventato con lui. Non potevo. «Mi sono spiegato abbastanza chiaramente, sta a te ora ricordare,» la sua voce roca, causata dal risveglio, assunse un tono rigido. Si girò su se stesso ed entrò in bagno sbattendo la porta. Mi appoggiai alla spalliera del letto ancora destabilizzata da ciò che era appena successo. Era forse arrabbiato? Lui? Di cosa poi? Per essersi fatto una scopata? Sarei dovuta essere io quella arrabbiata qui e invece eccolo lì a rifugiarsi in un bagno pur di fare l'offeso con me. Roba da matti!

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