L'atterraggio fu piuttosto turbolento: Il vento stava iniziando ad alzarsi e l'odore di pioggia iniziava ad espandersi nell'aria. Il pilota, a causa dell'allerta tempo, dovette atterrare poco prima che iniziasse la tempesta, e per nostra sfortuna avremmo dovuto trovare qualcuno che ci accompagnasse fino alla nostra destinazione. Ci eravamo accordati con un Uber, ma proprio a causa di questo imprevisto avremmo dovuto riferire il nuovo punto di incontro.
Ci riparammo nell'aeroporto per non rimanere zuppi, tentando di contattare al più presto il tassista che avrebbe dovuto scortarci a New York in mezz'ora.
«Cosa vuol dire che sarà qui in venti minuti, mi sta prendendo per il culo forse!?» Quasi urlò Elia che, infuriato, stava battendo insistentemente le dita sul bancone del bar.
«No, forse è lei che non ha capito, se non si sbriga a muovere quel culo non la passerà liscia. Mi basta un solo click per farvi andare in bancarotta,» ormai erano venti minuti che aspettavamo, ed era da quel lasso di tempo che Elia si era messo in testa che fin quando non sarebbero arrivati i rinforzi, li avrebbe minacciati sino allo sfinimento. «Non me ne frega un cazzo se c'è traffico. Metta delle eliche alla macchina, investa qualcuno se necessario. Se ci tiene al suo lavoro le conviene sbrigarsi,» finì così la tragica chiamata. Tra i due non seppi distinguere chi fosse la vittima, ma sapevo per certo che eravamo nettamente in ritardo, e questo non avrebbe giovato alla nostra missione. Sperai con tutta me stessa che a causa del maltempo si fossero temporaneamente bloccati i lavori della festa e che per questo motivo gli organizzatori avrebbero aspettato che il brutto tempo passasse per poter procedere con i preparativi.«Finito di massacrare quel poveretto?» Nervoso come non mai prese un sorso del suo terzo caffè da quando eravamo atterrati e sbatté rumorosamente la tazzina in ceramica sul bancone. «Poveretto lui? Ma non l'hai sentito? Era appena partito ne sono sicuro. E si permetteva pure di ridermi in faccia, ma ci credi!» La sua fronte si corrucciò assistendo alla reazione di Grace che, assieme a Will, stava strozzando una risata con una brioche al pistacchio a coprirle metà viso. Lui si limitò a guardarla male e a tornare a fissare insistentemente l'uscita. Si riscoprì che anche Grace era diretta alla festa, proprio come noi, ma sarebbe dovuta andare a prendere la mamma del bambino per trascorrere la sera in famiglia. La invidiai molto in quel momento. Da come aveva detto, la mamma era un'imprenditrice che viaggiava molto e visto che aveva qualche giorno di riposo, aveva deciso di passarlo assieme al piccolo Will che, anche se non lo dava a vedere, era molto impaziente di riabbracciare la sua amata mamma. Quando arrivò il momento di salutarci Grace, con il suo solito sguardo da "prova a contraddirmi e ti ucciderò nel sonno," si rivolse al moro. «Le nostre strade si dividono qui, signorino Greens,» lui le porse la mano che lei rifiutò ignorandolo completamente, passando direttamente a salutarmi. Lui non fece una piega, probabilmente si aspettava andasse così.
Appena Grace arrivò all'uscita, Elia mi avvicinò a sé scaturendo la sua attenzione e, infastidita dal suo atteggiamento, si passò il pollice sul collo simulando un coltello tagliente. «Stia tranquilla signora Rowan, è tutto sotto controllo qui.» Sorrise genuinamente come rispondendo alla sua provocazione precedente. Lei girò i tacchi trascinando il povero il Will. Uscendo, tirò fuori dalla sua Lady Dior un ombrello stiloso giallo canarino, colore che non sembrò aggradare il più piccolo. Dai suo gusti in fatto di borse, dedussi fosse una delle fan numero uno di Lady Diana, donna rivoluzionaria e fuori dall'ordinario. Le fu dedicato questo marchio, ed il colore rosso fuoco della borsa di Grace, diede una dimostrazione visiva di quanto la sua forza d'animo fosse simile a quella dell'erede al trono.
«Dovresti smetterla di provocarla,» mantenne la presa sulla mia spalla. «Ma è così divertente vederla ribollire dalla rabbia!» Sorrise sornione portando le pupille all'aria soddisfatto. «Io lo dico per te, poi fai come vuoi,» si girò in modo repentino fissando i suoi occhi sui miei. «Ti preoccupi per me...che carina che sei,» continuò a sorridere spavaldo. Prima avrei detto che non me ne sarebbe importato nulla, adesso però oserei anche dire che mi importava di lui in un modo speciale. Sentivo il bisogno di proteggerlo, proprio come si fa con un fratello. Sì, forse mi stavo sbagliando sul suo conto. Forse non pensavo a lui come un potenziale fidanzato, ma come compagno di avventure o fratello maggiore. Sarà stato un momento di svista o di accecamento. Doveva esserlo.
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Obelus
RomanceDiana Rivera, aspirante avvocato e figlia di uno dei capi d'azienda più conosciuti della nazione, per svariati eventi sarà costretta a sostituire il padre per vincere la custodia di un'applicazione che potrebbe portare la fama della ditta al primo...