Capitolo 9. False speranze

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Un'automobile color tectite parcheggiò davanti al mio appartamento ed il rombo rimbombante annunciò l'arrivo di Elia Greens. Il cellulare vibrò e mostrò il messaggio appena inviato che comunicava: scendi, sono davanti casa tua

Gli avevo comunicato il mio indirizzo, ma non il numero di telefono. Questo mi fece pensare ai possibili sospettati e tra questi era presente Eleonor, che solo a sentire il suo nome e il mio vicini non esitava a scoppiare in una fragorosa risata e iniziare a deridermi. Indossai sveltamente le Sneakers, presi la mia borsa e mi recai verso l'uscita prendendo le scale, visto che l'ascensore era occupato. Arrivata al piano terra, le porte dell'ascensore presentarono Eleonor che, vestita di tutto punto, mi fissava sorpresa quanto me, forse per il fatto che era sera ed eravamo entrambe vestite in maniera più signorile del solito. «Ma guarda un po' chi abbiamo qui,» canticchiò lei con tono ammiccante, «dove vai vestita così?»

«Potrei dire la stessa cosa, vicina.»
«Ho una cena.»
«Anche io», il silenzio che    durò qualche secondo venne ben presto sostituito dalla curiosità e l'istinto del gossip di entrambe, «con chi?» Chiedemmo all'unisono.
«Prima tu,» dissi io.
«Un ragazzo mi ha chiesto di uscire, è da un po' che lo incontro tra i corridoi dell'università ed ha detto che vorrebbe conoscermi meglio perché l'ho incuriosito. In realtà l'unica cosa che ho fatto è umiliarlo davanti ai suoi amici, quindi non capisco come possa voler uscire con me.» La mia aura romantica la travolse e colpì in pieno con tanto di cuoricini volanti che svolazzavano attorno a noi. Lei si trattenne dal rimettere davanti a me per tutto quel sentimentalismo. Classica storia del bad boy attratto dalla protagonista cazzuta. Ne avevo lette tante.

«Ora è il tuo turno,» ammiccò lei aspettando un mio esordio a braccia incrociate.
«Non ridere però. Te lo chiedo per favore.»
«E perché dovrei? Dai su non ho molto tempo.»
«Elia,» vidi il suo labbro tremare, incapace di trattenere a malapena un sorriso.
«Prova a ridere e giuro che è il tuo ultimo giorno di vita.»
« Non rido, non rido-» non ce la fece. Scoppiò letteralmente come una bomba ad orologeria, facendo fuoriuscire dalla sua bocca un suono pari ad un'allarme antifurto. 
«Stai attenta, non intendo diventare zia così presto,» mi diede una pacca sulla schiena rivestita da una camicetta azzurrina. Realizzai poco dopo ciò che avesse detto, mandando le mie guance letteralmente a fuoco. «Stai tranquilla che non succederà!» Le girai le spalle fingendo una scena d'addio drammatica. Lei non poté che ricambiare il mio saluto promettendo, per farsi perdonare, di raccontarmi ogni dettaglio dell'uscita. Anche se sapevo che non avrebbe dato una possibilità a quel povero ragazzo, decise di offrirmi gossip gratuito, e lei sapeva quanto lo adorassi. 

Intravidi una figura slanciata appoggiata allo sportello di un'automobile e dedussi che si trattava di lui. Mi avvicinai al veicolo e rimasi paralizzata nel vedere il suo abbigliamento completamente nero fatta eccezione per la camicia di un color rosso cardinale che fasciava le sue spalle alla perfezione. Stava fumando una sigaretta che ormai era consumata a causa dell'attesa impiegata, ed appena mi notò espulse il fumo dalle sue labbra rosate, sulle quali poi comparve un sorrisetto compiaciuto. «Non pensavo venissi davvero,» si avvicinò a me prendendomi la mano sulla quale posò un bacio in stile principesco. La ritrassi subito.

«Tanto per curiosità, dove si è procurato il mio numero?»
«Eskild,» sentendo il suo nome decisi che quella sarebbe stata l'ultima sera in cui avrebbe potuto camminare visti i calci che avrebbe ricevuto. Il biondino mi avrebbe sentita.
«Comunque è meglio se andiamo, ho prenotato per le sette e mezza e mancano solo quindici minuti a quell'orario,» annuii sentendomi lievemente in colpa per non essermi resa conto del tempo trascorso, e lo seguii in macchina. Il tragitto durò più del previsto e per questo motivo, arrivati nel lussuoso ristorante prenotato dal mio collega, ci riferirono per nostra piacevole sfortuna che quel posto non era più disponibile perché una coppietta ci aveva battuti sul tempo. Li ringraziai mentalmente per aver rovinato la mia "serata da sogno" che malauguratamente sarebbe dovuta essere annullata. «Beh, ci abbiamo provato.» Assunse un'espressione pensierosa che cambiò radicalmente quando lampo di genio affiorò nella sua mente. «Passiamo al piano B.» Afferrò il mio polso conducendomi all'interno della sua automobile e lasciando ogni mia domanda in sospeso, fin quando non arrivammo davanti ad un appartamento costituito da tre piani. Fissai a lungo l'entrata senza muovermi dal mio posto. «Dove-?» Dissi incerta sul come continuare la frase. 

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