QUARANTAQUATTRO.

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- Non dovremmo aggiungere più luci, per la sera? Sennò qui è troppo in penombra. -

I rappresentanti erano raccolti nella palestra centrale del campus, coordinando i lavori per la mostra che si sarebbe svolta quel sabato, prima di Natale. Nei giorni precedenti avevano allestito i lunghi corridoi degli edifici dei laboratori e ora stavano ultimando le sistemazioni nella sala centrale.

Vi sarebbe giunti molti genitori e famiglie e forse anche liceali prossimi al diploma. Era un evento grande, e dovevano curare tutto con la più minuziosa attenzione.

Jeonghan era nascosto in un angolo della palestra, abbandonato contro il muro freddo. Accanto a lui erano stati da poco appese alcune fotografie degli studenti del primo anno del corso d'arte, incorniciate elegantemente, e stava osservando con scrupolo l'ordine del mobilio, cercandone i difetti.

- Cosa ne pensi? Ti piace? - Jisoo raggiunse la sua postazione e si affiancó a lui, le mani dietro la schiena, in silenzio mentre guardava gli altri darsi all'opera.
- Non c'è male. Pensavo molto peggio. Gli altri anni com'è stato? -
- Peggio. Stavolta voi del primo anno siete molto più perfezionisti e fissati di noi, quindi ci state facendo un favore. -

Un ragazza entrò dalla porta d'emergenza vicino a loro, facendo entrare uno spiffero di vento che rabbrividí i loro interi corpi.

- È praticamente il tuo ultimo evento universitario, qui. Non sei triste, hyung? - Gli chiese Jeonghan, constatando quella dura realtà. Jisoo stava rifinendo la sua tesi e entro poche settimane si sarebbe laureato, nel pieno della sessione d'esame per molti altri. Dopodiché, sarebbe andato di nuovo via da Seoul, e chissà quando si sarebbero rivisti. E per quanto.

Era un pensiero costante, fisso e impertinente. Ma Jeonghan non poteva fare a meno di pensare alla loro situazione precaria.

E, dopo ciò che era accaduto a casa sua, quella settimana, si era ormai reso conto che stava vivendo su un filo tremolante e insicuro. Aveva bisogno di raggiungere l'altra vetta e mettersi in salvo, al sicuro.

- Un po'. Ma, pur avendo conosciuto persone importanti ed essersi divertito, qualche volta, sono così felice di laurearmi e andarmene. Sono un po' stanco. -
- Posso capirti bene. - Nei secondi successivi a quella breve conversazione, i due giovani si ritrovarono più vicini. Senza nemmeno ragionarci molto, le loro mani si cercarono. Jeonghan lasciò semplicemente andare la propria, abbandonandola al proprio fianco. Jisoo fece lo stesso, appoggiando le dita contro il muro e fu solo questione di attimi, prima che le loro dita cominciassero a sfiorarsi. Un tocco delicato e non previsto, ma che rese più piacevole e confortante la loro permanenza in quell'edificio gelido.

- Preghiamo che i termosifoni comincino a funzionare, o dopodomani moriremo di freddo, qui. - A quel punto, Jisoo lo guardò negli occhi.
- È successo qualcosa, in questi ultimi giorni? Ti vedo più stanco del solito, ed è tutto un dire. -
- Si nota così tanto? - Jeonghan esaló un sospiro esasperato. - È che... ho cominciato a risolvere la mia situazione con i miei. E per risolverla... ho dovuto parlare faccia a faccia con loro e ora devo prendere le distanze. È complicato. -
- Non sei costretto a spiegarmi nulla, ora. Ma già che tu stia facendo tutto questo, significa che stai davvero migliorando. Sono felice. - I due ripresero le distanze quando passarono affianco ai tavoli imbanditi due loro colleghi, del corso di ingegneria.

- Tu invece non sai ancora bene che fare, immagino. -
- È complicato. -
- Chissà se arriveremo, un giorno, a non dire più questa frase. -
- Ne dubito. - Jisoo forzò un sorriso. - Ma ci proveremo. -

- Jisoo Hyung, puoi venire un attimo? Ci serve un tuo consiglio. - Il ragazzo alzò subito la testa, distogliendo l'attenzione dalla sua mano stretta a quella di Jeonghan, e accennó ai suoi colleghi.
- Vado un attimo. Dopo passiamo in caffetteria? Ci vediamo all'entrata? - Jeonghan annuí soltanto, lasciandolo andare e ritornando a stare lì, da solo.

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