ᑕᗩᑭITOᒪO 27 |Iᒪ ᒪᗩᗪᖇO ᗪI ᑌOᐯᗩ|

33 18 1
                                    

Siamo a metà ottobre del 2003. Le foglie cadono svogliate sopra la mia testa, dagli alberi  che mi riparano dal sole.

Ho ricevuto una telefonata finalmente: il giorno dei pacchi. Il mio  cellulare non aveva squillato più di una volta questo mese, ma oggi mi hanno chiamato due  volte e la seconda telefonata esigeva uno spazio tutto per sé nella mia mente, essendo del  tutto nuova. 

«Ciao Alina!» Dico divertita mentre cammino svelta sul marciapiede. «Ciao Khat, sono  Nelu.» Non mi aspettavo una sua chiamata, ma del resto non mi aspettavo nessuna  chiamata. Mi accorgo che sono ferma e ricomincio a camminare anche se più lentamente.  Mi godo il momento di piacere che solo un moldavo prova a vedere le facce dei vicini  curiosi che pensano io sia un alieno, per via del mattone attaccato al mio orecchio. Sono  talmente piccola in questo corpo che sento il mio busto inclinarsi nella sua direzione.

«Che  succede?» Chiedo dopo un lasso di tempo muto. «Volevo chiederti perché non vieni più a  trovarmi?» La sua voce mi scalda l'anima, davvero. «Facciamo così: se mi vieni incontro  vengo a trovarti.» Affermo seria. «Davvero? WOW che bello. Dove sei?» Mi domanda  svelto. «Sono lontana, ma ci vediamo al negozio del pane!» Gli rispondo paziente, ma  affretto il passo. So che anche lui è svelto e tecnicamente è in vantaggio. «Prima io!» Dice  impaziente e mi lascia.

Metto il cellulare nella custodia laterale dei pantaloni e mi affretto a  correre per la salita. Sono a metà e sta diventando più ripida. Corro metro dopo metro quasi  senza prendere aria, curando l'angolo della strada di fronte al prossimo incrocio da dove  dovrebbe sbucare Nelu. Arrivo in cima con i polmoni a pezzi nonostante la mia tenera età e  solo allora alzo lo sguardo e vedo Nelu seduto tranquillamente sulle scale del panificio.  «Sei lenta!!!» Mi urla da lontano con le mani intorno alla bocca per fare l'eco.

«Come hai  fatto? Hai sicuramente barato.» Gli dico appena mi siedo accanto senza fiato. «Ma no, che  dici. Io non baro mai. È che sai... la geografia!» Mi stuzzica dandomi un colpetto sulla  spalla. «Ah già ... aspetta, in che senso?» Ora me lo deve spiegare. «Guarda, siamo  all'angolo giusto?» Mi indica con le braccia tese.«Fin qui ci arrivavo eh!» Esclamo. «Io  sono arrivato da sinistra e ho percorso cinquanta metri per poi svoltare e farne altri  novecento mentre tu...» Mi punta un dito in faccia. Lo allontano spazientita e lui prosegue-  «Tu dove ti trovavi?» Chiede confuso. «Appunto! Come fai a fare il calcolo se non sai  quanto ho percorso io?» Gli domando divertita.

«Ecco. In effetti non hai del tutto torto.» Mi  stuzzica ancora. «Ma deducendo dal tuo fiato corto, posso dire che hai faticato più di me  perciò sicuramente arrivi dal basso. Dal centro!» Beccata. «Constatando che non abiti più  dalla nonna, visto che ti ho cercata prima lì, e aggiungendo il fatto che io stesso arrivo da  quel versante, ti avrei vista. Dubito che tu venga da qualsiasi altra parte se non  dall'appartamento della tua bisnonna dove vivi ora!» Spiega Nelu con fierezza e io lo lascio  fare perché sono felice di vederlo così attivo, ma sono delusa che mi abbia mentito. Avrebbe potuto dirlo subito che veniva dalla direzione opposta.

«E va bene, uffa. Sei proprio un  guastafeste!» Decido di continuare il gioco ancora per un po'. «Comunque avrei potuto  percorrere altre strade per arrivare. Ce ne sono almeno cinque e so che quattro di loro  portano alla città!» Gli confesso fiera, a modo mio. «No, impossibile! Tu ti perderesti dentro un campo di mais, figuriamoci in città! Non prenderesti mai una strada a te sconosciuta!» Le sue parole mi hanno fatta riflettere, ma forse non sulle cose giuste. «Chiunque si perderebbe  dentro a un campo di mais!» Dico incavolata. 

«Non mi hai più detto nulla dopo le lettere.» Accenna lui mentre camminiamo a braccetto  verso casa Condori. «Ah già, quelle. Le ho lette e poi buttate. Tutte cavolate sai.» Mi veniva da piangere, ma dovevo resistere. «Tu sei fortunata Khat. Non fraintendermi.» Mi sussurra. «Ognuno ha il puzzle della propria vita da risolvere e nessun altro sarà all'altezza del compito di ricostruirlo se non tu.» Mi incoraggia abbracciandomi più forte. Le sue parole  suonano così strane alle mie orecchie e per un attimo ho l'impressione che non sia la stessa  persona quella che mi abbraccia e quella che conosco.

L' entrata di casa Condori ha cambiato colore. Ora il cancello di metallo è diventato giallo e  ha persino una catena per sigillare l'entrata ai malintenzionati. «E questa?» Chiedo cupa. Di  solito nessuno entrava mai a casa degli altri, ma il progresso e la fame di soldi incitavano a  furti nelle proprietà che a volte non andavano a buon fine o addirittura finivano in tragedie.  «Questa, è per il ladro delle uova.» Mi dice Nelu con indifferenza, ma io lo conosco troppo bene quel modo di mordersi l'interno delle guance quando nasconde qualcosa o è  pensieroso. «Noooo, Nelu!» Grido ridendo a squarciagola.

«Cosa?» Mi chiede con  noncuranza. Si guarda intorno, fa la giravolta e poi finalmente si unisce alla risata. Pensavo  avesse capito che io avessi capito. «Ma perché stiamo ridendo?!» Domanda ancora divertito, ma con curiosità insistente. Voleva sapere se avessi capito. «Quindi sono entrati a rubare?»  Esclamo stavolta seria. Ci provo. «No, no, non credo.» Devia la palla che va al rimbalzo.  «Allora se non sono entrati i ladri e non hanno rubato nient'altro che uova, c'è una sola  spiegazione!» Gli tiro la palla lentamente, con cautela.

«E sarebbe?» Rieccoci, palla a me.  «Che c'è un ladro di uova che sa volare, e la catena non serve a niente comunque! Pensi che un ladro temi una catena?» Chiedo divertita. «Non il ladro delle uova!» Dice ridendo. «Lo  sapevo! Sapevo che eri tu. Dimmi la verità! Ti sono mancata così tanto che hai dovuto  trovare un altro passatempo nel fine settimana!» Lui finge indifferenza, ma le sue guance lo  tradiscono. «Non capisco di cosa stai parlando!» So che probabilmente è uno sbaglio, ma lo  intendo comunque, coinvolta dal momento. «Ti svegli all'alba ogni sabato per andare al  mercato a vendere uova rubate. Ladro di uova.» Dico, poi scoppio a ridere. La sua faccia mi  fa smettere di colpo perché non balbettava più da quando aveva cinque anni.

«Ma, ma, ma... ma tu come fai a sapere che ogni sabato vado al mercato?» Mi chiede confuso. Ha le mani  sulla testa ora e mi ricorda qualcosa, ma scaccio via il pensiero prima di analizzare. «Ma sì  dai, non fare così! Mica vengo dal futuro. Abito vicino al mercato ricordi? Nadia ti ha vista  quando faceva le compere.» Lo tranquillizzo avvicinandomi a lui. Siamo ancora davanti al  cancello come due innamorati, i vicini avranno la loro telenovela per la buonanotte.

«Tu sei  tutta matta. Io l'ho pensato veramente sai, che venissi dal futuro.» Sussurra abbassando lo  sguardo su di me. Finalmente i suoi occhi incontrano i miei e il loro interno mi sconvolge.  Sembrano dire "Fatemi uscire!" . «Poi sai come sono tutti qua. Pettegoli con disinvoltura!»  Aggiungo quasi a mia difesa. «E va bene, andiamo my lady!»

Nelu apre il cancello con fare servile ed io mi intrufolo all'interno sentendomi per un attimo la regina Elisabetta da bambina. In fondo io e lei abbiamo una cosa in comune: siamo  difficili alla morte. Stavamo ancora fingendo di essere degli aristocratici, camminando sul  viale asfaltato con eleganza. La mia vista viene catturata dalla busta bianca che si muove a  terra. È vicino alle scale e balla a destra e a sinistra. So bene cosa racchiude e mi affretto ad  aprirla.

I tre cuccioli prendono aria nei polmoni e poi tornano a chiamare la loro creatrice  invano. La voglia di vivere è più forte della voglia di morire! La voglia di vivere è più forte  della voglia di morire! Lo ripeto un'altra volta nella mente mentre mi preparo alle scene  successive e a perdere un altro desiderio dalla mia lista.

O forse tre?!

99 TᕼIᑎGᔕ I - ᖇITOᖇᑎO ᗩᒪᒪE OᖇIGIᑎIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora