Settembre profuma di nuovi inizi. Ho sulle spalle uno zaino di pelle nera fatto a mano e sono vestita di bianco e nero, come da tradizione il primo giorno di scuola.
Vera, la sorella più piccola di mia madre, cammina accanto a me mentre andiamo a scuola. Ultimamente passava le notti dal suo nuovo ragazzo evitando così le liti dei genitori. Ha i capelli del colore del grano che le ricadono morbidi sulla schiena, i suoi occhi azzurri sono uguali a quelli di mia nonna e il viso rotondo ricorda quello di un piccolo cocomero. Mi tiene la mano mentre attraversiamo la strada davanti agli imponenti cancelli della scuola. Lei frequenta la terza media mentre io vado in quinta elementare.
La scuola si mostra su tre piani con una piazzetta davanti all'entrata colma di bambini e ragazzi di tutte le età. Seguiamo il solito discorso della preside che ci invita ad essere bravi studenti e augura a tutti noi un piacevole anno scolastico.
Il gruppo di ballo ha creato una coreografia a ritmo di musica folkloristica e lo sta mettendo in mostra nel mezzo della piazzetta in cemento. Le bandiere della Moldavia sventolano ai lati delle scale e la troupe musicale dietro alla preside suona impazzita l'inno nazionale. Le ballerine fluttuano in aria tra le braccia dei ballerini esperti.
Io mi guardo intorno cercando inconsapevole l'unica persona che dovrei evitare di conoscere: Marina. Non vedendone traccia tiro un sospiro di sollievo mentre vengo trascinata da Vera all'entrata. Tutti gli studenti si precipitano dietro a noi a cercare ognuno la propria classe, nel frattempo io e Vera andiamo direttamente nell'ufficio della preside.
La donna che apre la porta è la stessa del discorso. Ha i capelli elaborati in una chioma meticolosa, gli occhi circondati da matita nera e un fard sulle guance troppo scuro. È alta e veste elegante anche lei di bianco e nero.
La seguiamo dentro il piccolo ufficio costituito di una scrivania nel mezzo e due sedie davanti. Lei prende posto dietro la scrivania, sulla sua comoda poltrona mentre io e Vera ci sediamo attente sulle due sedie pieghevoli sicuramente prese dall'asilo. Vera informa Elisabetta della mia situazione famigliare, dei corsi seguiti l'ultimo anno e non esita ad accennare alla generosità di mia madre nelle donazioni.
«Tua madre è Emilia Aparatu?» Chiede stupita. Faccio di sì con la testa, ma lei corruga la fronte. «Esigo una risposta cara. Quando qualcuno ti porge una domanda devi rispondere a voce, non sarai mica muta spero.» La sua arroganza mi sconvolge nonostante l'abbia già disprezzata nell'altra realtà.
«Sì, mia madre si chiama Emilia Aparatu e so bene che ha studiato in questa scuola. Come so bene che lei le ha fatto da insegnante di francese, una lingua che a mio parere le è stato inutile imparare. Certo se fosse stato l'inglese sarebbe stato ben diverso.» Dico secca guardandola negli occhi. Lei guarda me, poi guarda Vera con aria di sfida. Vera mi da un calcio sotto la scrivania, ma io la ignoro e vado avanti.
«Senta, la campanella ha suonato e non vorrei perdermi le presentazioni dei miei nuovi compagni. So che in questa scuola bisogna scegliere tra l'inglese e il francese, ma credo che non ci sia bisogno di aggiungere altro.»
Conosco bene questa preside, una volta solo insegnante. È una di quelle persone che chiede regali agli alunni, alle classi addirittura. Se vuoi un bel voto devi sapere che ho visto un tappeto bellissimo al mercato, quello floreale. Costa un po', ma è per una buona causa. Ragionava così e mi prudevano le mani ogni volta che ci pensavo.
Nell'altra vita non ero per niente brava a scuola. Odiavo persino entrarci, ma era obbligatorio e quindi regali del genere erano all'ordine del giorno per questa donna. Mia madre aveva insistito che studiassi il francese, visto che l'Italia è vicino alla Francia, perché avrebbe potuto tornarmi utile. A me il francese non è mai piaciuto, ma ero troppo influenzata da mia madre per contraddirla.
Inutile dire che la preside si è rifatta l'appartamento da cima a fondo con le donazioni di mia madre e io non avevo imparato il francese, ma questa volta non avrebbe ricevuto un centesimo. «Ragazza, modera i toni con me. Non hai idea con chi stai parlando!» Elisabetta si era alzata in piedi ed era china sulla scrivania di fronte a me. Mi sfidava con gli occhi e il suo volgare décolleté. Non sapeva che io la conoscevo troppo bene.
«Vuole intimidirmi? No, perché da quel che so ci sono almeno quattro scuole a Singerei tra le quali potrei scegliere. Mamma aveva pensato che questa fosse la più adatta visto che l'aveva frequentata pure lei, ma ora non ne sono tanto sicura.» Dico questo senza battere ciglio.
Lei si risiede, da una pila di fogli in bianco e nero sul tavolo ne estrae quattro partendo dal basso porgendoli a Vera. «Questi sono i corsi che offriamo agli studenti desiderosi di imparare. Abbiamo aggiunto anche arte quest'anno, se vi interessa.» Non guardava più me. Non esistevo ed era meglio così.
Ricordo come aveva ottenuto la cattedra da direttrice nell'altra vita e non credo sia diverso ora. Marina, quella che non avrei dovuto conoscere, l'aveva vista con il vecchio preside mentre prendevano le misure della scrivania.
Lei era entrata senza bussare e aveva visto il
preside con la camicia fuori dai pantaloni e la nuova preside con la gonna alzata sui fianchi. Ovviamente aveva richiuso subito l'ufficio e ghignando era scappata in classe a raccontare tutto ai suoi compagni che a loro volta raccontarono a tutta la scuola l'accaduto. Io non ero presente, ma sapevo che c'era del vero in tutto questo.«Le farò sapere entro la fine delle lezioni i corsi che ho scelto IO, per ME.» Accentuo le parole finali strappando i fogli dalle mani di Vera. Lei non aggiunge altro se non buona giornata e si alza. Mi alzo a mia volta. «Quinta B, giusto?» Chiedo divertita. Lei spalanca gli occhi e fa cenno di sì, confusa. «Ironia della sorte anche mia madre era nel gruppo B.» Detto questo mi giro ed esco dall'ufficio buio senza augurarle buona giornata.
Entro in classe decisa, a differenza dell'altra volta che avevo l'aria di un gattino disperato. Stavolta ho messo delle scarpe adatte, non gli stivali bianchi smessi di mia madre per i quali sono stata derisa le prime settimane di scuola a causa di quei due centimetri di tacco. Volgare dicevano, da prostituta sentivo bisbigliare.
L'insegnante non era ancora in classe perciò, non sapendo dove sedermi, mi ero indirizzata all'unico banco con solo due posti vuoti. Tirando un sospiro di sollievo avevo aperto lo zaino e posizionato un quaderno, un diario ed una penna sul banco ancora dell'unione sovietica. La professoressa di lettere è la stessa e ne sono felice visto che ho imparato molto da lei nell'altra vita. Entrando ci alziamo tutti in piedi per rispetto. Lei ci saluta e dice di sederci chiudendo la porta.
Rimaniamo in silenzio mentre lei scrive qualcosa alla lavagna dopo aver buttato la sua borsa sulla sedia. Mentre cerco di decifrare la sua calligrafia man mano che scrive, bussano alla porta. «L'ultima pecorella smarrita ha ritrovato la via?» Chiede l'insegnante, ma non si rivolge a noi. I miei trentatré compagni ridono e rido pure io.
La porta si apre ed entra una ragazza dai capelli lunghi e lisci come seta, si scusa del ritardo e si avvia all'ultimo posto libero accanto a me. Il sangue mi si gela nelle vene e so per certo che questo è l'inizio della mia rovina.
Una rovina molto gentile e premurosa dal nome Marina.
∞ NOTA AUTORE ∞
Marina è un personaggio che incontreremo forse in tutti e 3...4 libri.
In 99 Things - Ritorno alle origini vedremo una Marina bambina, come Khatrine.
Immaginate una bambina di nove anni, che entra nella sua terza scuola negli ultimi pochi anni della sua vita. Ora immaginate una ragazza di ventinove anni dentro quella bambina! Vi presento Khatrine. Marina sarà la sua spalla. Le inevitabilmente separabili. Quelle amicizie che lasciano il segno.
Khatrine non vorrebbe conoscerla nella nuova realtà, dato che insieme a lei, ha dei ricordi sgradevoli.
Il resto non lo posso svelare per ora, se no che gusto c'è a leggere.
Come andrà a finire tra le due?
Fatevi sentire...
A presto,
B.K
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99 TᕼIᑎGᔕ I - ᖇITOᖇᑎO ᗩᒪᒪE OᖇIGIᑎI
Mistério / Suspense99 Things I è una storia di nuovi inizi, di un ricominciare e di un ripetersi di vite nella speranza di poter cambiare il passato e di conseguenza il futuro. Khatrine, la protagonista, ha quasi ventinove anni e un passato grigio alle spalle, scegl...