ᑕᗩᑭITOᒪO 37 |ᒪᗩ ᖴᗩᗰIGᒪIᗩ|

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I primi due giorni dopo il ritorno di papà, non l'ho quasi visto. Era indaffarato con dei documenti a Telenesti e aveva deciso di dormire lì per una notte. Così ora, la seconda sera dal suo arrivo, non mi sono staccata dal suo braccio nel salotto affollato di Singerei.

«Dai zio Giorgio, raccontaci com'è l'Italia!» Lo incoraggia Nelu, mentre siamo tutti sparsi per la stanza, chi per terra e chi accanto a noi sul piccolo divano. «L'Italia. Ah, l'Italia. Ragazzi, tutti almeno una volta dovrebbero visitare quel paese meraviglioso. Vediamo. Cosa posso dirvi? Le persone sono diverse da noi, prima di tutto. Non meglio o peggio, ma semplicemente con valori diversi dai nostri.» Racconta lui con fare teatrale.

«La vita lì è più semplice rispetto alla nostra qui. Amano la compagnia, ma non puoi presentarti a casa di qualcuno senza essere stato invitato per il caffè. Sapete, le donne non passano tutto il tempo a cucinare e ad accudire figli, ma lavorano affianco a noi uomini. Certo, non ho ancora visto una donna manovrare un escavatore, ma ci sono alcune che guidano pullman grandi due piani e altre che fanno le poliziotte in divisa.» Continua a raccontare con la mano sopra la mia.

Quando lo sento parlare di lavoro mi si spezza il cuore. So bene quanto fatica ogni giorno dall'alba al tramonto a scavare buche nel terreno dove poi verranno costruiti edifici bellissimi.

«Dai papà, sdraiati sulla pancia che ti faccio un massaggio alla schiena.» Lo dico perché ora so quanto in futuro gli faranno bene le mie mani esperte, dopo corsi e corsi di massaggio terapeutico. «Grazie Khatrine, ne ho davvero bisogno. Tua madre ha le mani di un muratore. Mi fa più male che bene quando le chiedo di alleviarmi lo stress sulle spalle.» Mi confida con la testa sprofondata nel cuscino. Aveva preso altri chili dall'ultima volta, ma questo lo rendevaancora più dolce e simpatico di prima.

E così, mentre massaggio agile le gradi spalle per poi passare alla schiena abbronzata dalle giornate sotto il sole, mi perdo nei miei pensieri torturandolo come si farebbe con un impasto prima della lievitazione. Le sue parole mi arrivano sconnesse alle orecchie e mentre perdo il filo del discorso, sentendo solo un "la pizza più buona del mondo" e "la pasta come la fanno loro, non la fa nessuno", i miei pensieri trovano rifugio in un frammento chiamato famiglia.

*

Eravamo al quarantesimo compleanno di mio padre, nel locale "Grillo Blues" vicino al lavoro di mamma. Lì passavo i miei weekend e giorni settimanali sparsi a guadagnarmi il mio pane quotidiano, lavando stoviglie e pulendo con un coltello cozze e molluschi. Ricordo ancora la sensazione dell'acqua fredda che mi screpolava le mani, stando a mollo per ore.

La giornata della paella era quella che odiavo di più.
Passavo tutta la mattinata della domenica a preparare diversi assortimenti di pesci e a tagliuzzare salsicce dal colore dubbioso.

Invece, oggi ero lì come ospite insieme ad una trentina di famigliari e conoscenti. La sala pranzo che ospita anche il bar è tutta per noi. Così io e Giulia, che lavora con me, abbiamo passato la sera dopo il turno ad addobbare il tavolo a U che occupava tutta la stanza, lasciando il pezzo in mezzo vuoto - meticolosamente studiato da noi - per far spazio a danze e giochi da festa.

Ero un'esperta ad organizzare feste a sorpresa e lo sapevano tutti. Per questo nessuno rifiutava mai un invito scritto da me.

Mi preoccupavo di far arrivare a tutti il messaggio che fosse una festa a sorpresa e guai se si presentavano senza un mazzo di fiori - in questo caso - al festeggiato. Anche se io non amo la carne, so bene quanto piaccia a mio padre e così con Giuliano - il nostro capo - abbiamo acquistato dal macellaio un piccolo maialino che poi ha cotto nel forno della pizza.

Ora è mattina e mi affretto con Giulia a salire le poche scale che portano all'entrata del ristorante sulla strada. È un edificio abbastanza grande - dalle finestre luminose - e molto accogliente all'interno. Subito varcata la soglia, sento l'odore di cibo appena sfornato e m'invade la fame, ma resisto.

99 TᕼIᑎGᔕ I - ᖇITOᖇᑎO ᗩᒪᒪE OᖇIGIᑎIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora