CAPITOLO IX

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Una tavola rotonda e un mazzo quadrato

Io e Artù ci riunimmo agli altri cavalieri nella sala della tavola rotonda, dato che dovevamo incontrare il Vescovo.

I miei compagni stavano facendo l'unica cosa che gli riusciva bene, a parte combattere e fare battute sconce: bere come spugne.

Eravamo ovviamente messi in cerchio: io, Artù, Lancillotto, Galahad, Tristano, Bors e infine Dagonet.

Avevamo appena finito di ridere a una risposta niente male di Lancillotto.

-Ricordami, quanti anni hai, Lancillotto?- domandò Galvano, bevendo un altro sorso di vino.

-Venticinque-.

-Come sei maleducato, Galvano, sai che non si chiede l'età a una signora-.

Bors, Galvano e Galahad scoppiarono a ridere fragorosamente alla mia battuta, mentre Tristano e Artù ridacchiarono in modo più contenuto. Lancillotto era diventato rosso in viso, non sapevo se per la rabbia o per l'imbarazzo. Probabilmente per entrambi.

-Comunque- riprese Galvano, smettendo gradualmente di ridere –come hai fatto ad arrivare a questa età ancora vivo e vegeto? Come hai fatto a non farti ammazzare prima?-.

-Ho trovato solo avversari stupidi come te- rispose. Galvano sbuffò e bevve ancora dal suo boccale (della serie "beviamoci su").

-Ragazzi, mi mancheranno queste chiacchierate- affermai ad un tratto, un po' triste. Gli altri sospirarono leggermente.

-Per quanto odi questo posto e questi combattimenti, mancheranno anche a me- concordò Galahad, sorridendo dolcemente. (N.A. protect Galahad he's small and innocent).

-Basta con questo mortorio- si intromise Bors, alzandosi in piedi e puntando il suo calice in alto –facciamo un brindisi-.

Ci alzammo in piedi, imitandolo. –Alla libertà- disse determinato Galvano, e gli altri ripeterono dopo di lui. Poi bevemmo ancora.

L'atmosfera intima che si era creata fu spezzata dall'entrata dell'aiutante del Vescovo, che scoprimmo si chiamasse Horton.

-Sua Eminenza, il Vescovo Naius Germanius- lo annunciò, rimanendo un po' scioccato. Poi entrò Germanius, indossando la stessa espressione dell'aiutante.

Ci alzammo in piedi in segno di rispetto. Non potei fare a meno di sogghignare per il suo stupore.

-Una tavola rotonda? Che stregoneria è questa?- domandò Horton a Jols, il nostro scudiero. Lui fece spallucce. –Artù dice che gli uomini, in quanto tali, sono tutti uguali-.

Il Vescovo forzò un sorriso. –Credevo di trovarvi più numerosi- affermò, per mascherare la sua sorpresa.

-Lo eravamo, ma è da quindici anni che stiamo combattendo- rispose Artù, tentando di rimanere neutro nonostante fosse infastidito dal suo commento.

-Certo- farfugliò, andandosi a mettere accanto ad Artù. Io ero in piedi a qualche sedia di distanza, e lo scrutavo attentamente. Ancora non mi fidavo di lui, e spoiler? Facevo bene. (N.A. Lo so che nell'antica Roma non c'era ancora lo "spoiler", ma...boh, ci stava lo stesso. Licenza poetica).

-Artù e i suoi cavalieri hanno servito con coraggio per tenere alto l'onore dell'impero di Roma, in questo ultimo avamposto della nostra gloria- disse, prendendo un boccale due boccali d'oro e offrendone uno ad Artù.

A quelle parole, mi morsi l'interno delle guance per non dire niente. L'onore dell'impero?, pensai, se avessero avuto un onore sarebbero venuti loro a combattere al posto nostro.

Altri servi ci portarono dei boccali d'oro come quelli di Artù e Germanius, e io ne presi uno.

Il Vescovo alzò il calice, e noi lo imitammo. –Ai vostri ultimi giorni al servizio dell'impero- affermò, e bevve.

Aggrottai la fronte notando una cosa. –Giorno, non giorni- precisai, guardandolo torva.

Lui mi fece un gesto di noncuranza e si sedette.

Lancillotto, sedendosi, mi guardò. Dai suoi occhi neri capii che anche lui l'aveva notato, e anche lui sperava si fosse solo sbagliato con i termini.

-Il Papa si è interessato personalmente a voi- disse Germanius, come se dovessimo andarne fieri –ha chiesto notizie di ognuno di voi, ed è curioso di sapere se vi siate convertiti al verbo del nostro Signore-.

-Loro professano la religione dei loro padri- rispose Artù per noi –e questo lo rispetto-.

-Ah, sono pagani- constatò, e detto questo si beccò una serie di sguardi torvi da parte di tutti. Poi si rivolse a me –anche tu lo sei, Yael? Dopotutto, sei cresciuta in una famiglia cristiana-.

-Io non credo in alcuna religione, signor Vescovo- ribattei, cercando di non essere troppo sfacciata –ma se mi convertissi al Cristianesimo, voi sareste il primo a saperlo-.

Dallo sguardo adirato di Germanius e dagli occhi spalancati di Artù, capii che avevo fallito nella mia missione.

-Quanto a te, Artù?- domandò il Vescovo, cambiando abilmente argomento –Ho visto da un'immagine nella tua stanza che la tua guida spirituale è Pelagius-.

-È stato come un secondo padre per me e Yael, e ci ha insegnato i principi dell'uguaglianza- rispose, con un sorriso quasi impercettibile sulle labbra (che ovviamente solo io riuscivo a vedere) –saremo felici di rivederlo a Roma-.

-Certo, certo- commentò Germanius, chiaramente nascondendo qualcosa. Poi cambiò nuovamente argomento. –Roma attende il tuo rientro con gran trepidazione. Sei un eroe! A Roma, vivrai tra gloria e ricchezze!-.

A questo, Lancillotto abbassò lo sguardo. A lui non piaceva per niente l'idea che io e Artù saremmo andati a Roma, e sapevo che avrebbe tentato di farci cambiare idea. Non può vivere senza di noi.

-Ahimè- iniziò Germanius –noi siamo solo pedine in un mondo in continuo movimento. Forze del male si avvicinano sempre di più alle porte di Roma, e noi siamo costretti ad abbandonare avamposti indifendibili, come la Britannia-.

Lo guardammo interrogativi. –La Britannia?- domandò Galvano, confuso.

-Sì- rispose il Vescovo –a nord un'incursione Sassone è cominciata-.

-Quindi lascerete il territorio ai Sassoni?- domandò Galahad.

-I Sassoni si impadroniscono solo di ciò che distruggono- affermò Lancillotto.

-E distruggono tutto- precisai io.

Se i Sassoni avessero conquistato la Britannia, non ne sarebbe rimasto altro che polvere e fumo, e i quindici anni passati qui a difenderla sarebbero stati inutili.

-Questo vuol dire che abbiamo combattuto per niente- sputò Galahad, effettivamente affermando il mio pensiero.

Il Vescovo, ignorando le lamentele, piegò le labbra in un sorriso e si alzò in piedi, prendendo una scatola che gli era stata portata da Horton. Anche noi ci alzammo, pensando che ci avrebbe dato i tanto desiderati permessi.

-Signori- iniziò, aprendo la scatola e rivelando sette pergamene. –E signora- precisò, guardandomi divertito. –Ecco i vostri documenti di congedo e lasciapassare validi per l'impero romano. Ma prima, devo scambiare due parole con il vostro Comandante-.

Nessuno di noi si mosse, e io e Galahad ci appoggiammo con le mani sul tavolo, segno che non ce ne saremmo andati.

-In privato- precisò il romano sedendosi, ma ancora nessuna risposta.

-Non ci sono segreti tra noi- disse Artù, sedendosi anche lui.

Germanius chiuse la scatola con un tonfo, segno che non avrebbe parlato finché non fosse rimasto solo con Artù.

-Andiamo, ragazzi- affermò velenoso Lancillotto, prendendo il suo bicchiere di vino –lasciamo le cose di Roma ai romani-.

Tutti se ne andarono di malavoglia, e io passai dietro ad Artù, toccandogli velocemente la spalla con la mano e sussurrandogli –sta attento-. Poi uscii dalla stanza, sentendo lo sguardo infastidito di Germanius bruciarmi addosso.

Reges et equites: Kings and KnightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora