CAPITOLO XIV

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Una dolce vendetta

Eravamo riusciti a partire, miracolosamente. Continuava a nevicare e faceva sempre più freddo. Fortunatamente tutti eravamo abituati a sopportarlo.

Alla fine portammo con noi anche la ragazza e il bambino. Li mettemmo sopra una carrozza, e lì vennero accuditi da Dagonet (che si era affezionato al bimbo) e Fulcinia, la moglie di Marius, che, al contrario del marito, sembrava una brava persona.

Lancillotto era sempre rimasto vicino alla loro carrozza, come un cane da guardia. Una volta è anche entrato dentro, per controllare come stesse la donna. Si chiamava Ginevra, a quanto mi disse, e aveva dovuto romperle le dita per rimettergliele a posto. Molto romantico: come primo incontro, lui la porta fuori dall'inferno, come secondo incontro, le spezza tutte le dita. Ho paura del terzo.

Scossi la testa al pensiero. Lancillotto non era abituato ad essere romantico, di solito era più un donnaiolo incallito, per usare termini gentili.

Ora Ginevra era seduta davanti, e aveva iniziato a parlare con lui che era a cavallo. Riuscivo a sentirli, dato che ero dietro di loro.

-Mio padre mi ha raccontato molte storie su di voi- cominciò Ginevra –delle favole-.

-E di cosa parlavano?- domandò lui, voltando il capo verso di lei.

-Di uomini così coraggiosi e generosi da sembrare quasi irreali- ribatté, e dal tono sentivo che stava sorridendo -cavalieri capeggiati da un Comandante mezzo romano mezzo britanno-.

-Ne sono onorato-.

-Allora esistete- constatò lei.

-Facciamo del nostro meglio- replicò, con un prevedibile sorrisetto sulle labbra. Non ci stava provando, ovviamente.

-Eppure servite i romani- disse, con un po' di delusione nella sua voce.

-Non abbiamo molta scelta-.

-E il vostro Comandante uccide il suo stesso popolo. Lui ha scelta- affermò Ginevra. Era strano come lei cambiasse umore così velocemente, ed era strano come fosse ostile nei nostri confronti. Dopotutto l'avevamo tirata fuori da quella cripta, la stavamo curando, la stavamo portando con noi al Vallo. E poi Lancillotto, per quanto le sue intenzioni potessero essere molto poco caste e pure, non voleva farle alcun male, anzi.

-Uccidiamo solo coloro che ci vogliono uccidere- rispose Lancillotto, che stava iniziando a sentirsi infastidito –è naturale avere un minimo di spirito di sopravvivenza-.

-Gli animali sopravvivono-.

-Prova a dirlo a quelli del tuo popolo che hanno ucciso decine dei nostri compagni, dei nostri fratelli-.

-Loro combattevano per la propria libertà!-.

-Anche noi- concluse Lancillotto. Poi rallentò il cavallo e venne di fianco a me, segno che la conversazione con Ginevra era conclusa. Era confuso anche lui dal suo comportamento, e probabilmente la cosa lo innervosiva più di quanto non volesse dimostrare.

-Fa la difficile, non sei abituato- constatai con un sorrisetto malizioso, decisa a vendicarmi –c'è il rischio che t'innamori, questa volta-.

Mi scoccò un'occhiataccia e se ne andò più avanti, senza dire niente. La cosa mi fece ridacchiare. È già bello che invaghito.

Beh, da quello che avevo potuto vedere Ginevra sembrava la donna ideale per lui. Riusciva a tenergli testa, era forte e alla fine voleva solo la libertà. Proprio come lui.

Però c'era qualcosa in lei che non mi piaceva. Qualcosa che mi faceva sentire uno strano turbinio nel cuore. Non sapevo spiegarmelo, sapevo solo che non mi piaceva.

Mi avvicinai alla carrozza, vedendo Dagonet affacciato al finestrino che prendeva un po' d'aria.

-Hei Dag- lo salutai, alzando la mano.

Lui mi guardò e mi sorrise leggermente. –Yael- mi salutò, chinando leggermente il capo.

-Come sta il bambino?- gli domandai –Ha detto qualcosa?-.

-Ha la febbre, e sì, ha detto qualcosa- rispose, voltandosi leggermente verso l'interno della carrozza –si chiama Lucan, e Ginevra è sua sorella-.

Annuii. –Ci tieni a lui, eh?-. Nonostante li conoscessimo da meno di due giorni, Dagonet era molto protettivo nei confronti di Lucan. Non aveva mai lasciato la carrozza, e se ci si affacciava per guardare dentro, lui gli era sempre accanto.

Sorrise nuovamente. –Sì, è un ragazzo forte. Un guerriero vero- ribatté, con un tono quasi dolce. Era strano da sentire Dag parlare con quel tono, soprattutto perché era un uomo di poche parole ed era...come dire...imponente. E sentire un uomo così alto e così grosso parlare con quella voce tenera...faceva o sorridere o venire i brividi.

-Sono certa che guarirà e starà meglio- affermai, sorridendo gentilmente –dopotutto, ha il miglior guaritore al suo fianco-.

Dagonet ridacchiò brevemente, poi mi fece un cenno di saluto col capo e rientrò nella carrozza.

Ci teneva veramente a quel ragazzino.

Reges et equites: Kings and KnightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora