CAPITOLO XVI

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A volte ritornano

Dopo la conversazione con Ginevra decisi di andare a dormire accanto a Dagonet e Lucan. Appoggiai la mia spada dietro di me e mi coprii fino alle orecchie, riparandomi dai fiocchi di neve che cadevano copiosi. Faceva un freddo becco, ma nonostante questo riuscii ad addormentarmi.

La mattina seguente mi svegliai, mantenendo per un attimo gli occhi chiusi mentre il mio cervello si riaccendeva.

L'operazione fu velocizzata ulteriormente da una voce che gridò –prendeteli!-.

I miei occhi si aprirono di scatto, e vidi due guardie romane che mi stavano prendendo per le braccia.

Cominciai a dimenarmi, cercando di afferrare la mia spada. Senza successo.

Riuscii a vedere che i romani avevano preso anche Dag, e anche lui cercava di dimenarsi, con più risultati rispetto a me. Era riuscito ad alzarsi e stava combattendo a mani nude contro gli uomini. Poi era riuscito ad afferrare uno dei suoi coltelli.

Cercai di dimenarmi ancora, riuscendo a tirare un pugno a una delle due guardie. Poi alzai la testa di colpo, dando una testata sul naso dell'uomo dietro di me, stordendolo.

Mi trovai fianco a fianco con Dag, pronti a colpire chiunque volesse avvicinarsi. Voltandomi indietro, notai che Lucan non era più lì. Mi guardai intorno preoccupata. I miei dubbi vennero spazzati via da Honorius, il quale era sbucato tenendo Lucan per i capelli e stringendo un coltello alla sua gola.

-Ho il ragazzo!- urlò.

Dagonet ringhiò all'uomo, abbassando leggermente il pugnale.

Marius si rivolse alle sue guardie. –Uccideteli!- ordinò. Poi mi guardò divertito, e io mostrai i denti.

-No!- urlò Fulcinia, gettandosi sul marito per sottrarre il bimbo dalla sua stretta.

Honorius la spinse a terra, per poi gridare nuovamente –uccideteli, presto!-.

Prima che potesse succedere qualcos'altro, vidi una freccia sfiorarci, per poi andare a conficcarsi nel petto di Marius.

L'uomo lasciò cadere il coltello, e Lucan corse tra le braccia di Dagonet.

Honorius crollò a terra, con una macchia rossa che gli sporcava la veste bianca.

-Salutami il tuo Dio- mormorai, velenosa.

Voltandomi per vedere chi avesse scoccato la freccia, fui sorpresa di vedere Ginevra. Indossava un vestito, i suoi lunghi capelli castani erano liberi e impugnava un arco con un'altra freccia incoccata.

L'angolo della sua bocca si alzò leggermente, guardandomi.

Come diamine faceva ad essere così aggraziata, eppure così forte? Nemmeno se mi impegnassi riuscirei ad avere la stessa leggiadria.

Mi voltai per sguainare Balar, facendola volteggiare davanti alle guardie in modo minaccioso.

Lancillotto e Artù apparirono ai fianchi di Ginevra, entrambi impugnando le loro spade.

-La tua mano sta meglio, eh?- affermò Lancillotto, con un "impercettibile" sorrisetto malizioso. 

Ginevra scosse leggermente la testa e scoccò un'altra freccia, mirando ai piedi delle guardie ma senza colpirli. Un evidente avvertimento.

-Artorius!- gridò Bors, che con il cavallo si era fermato vicino alle guardie, impugnando la sua scure. –C'è qualche problema?- domandò, rivolgendosi ai romani.

Le guardie guardarono intimorite il nostro Comandante, e allora lui disse –sta a voi scegliere: o ci aiutate, o morite-.

Io preferirei la seconda, ma comunque.

Reges et equites: Kings and KnightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora