21. Il Cubo

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Ed eccomi al tempo presente. Sto registrando queste mie memorie in un tablet perché non sono sicuro di sopravvivere a questa prigione. Quando mi catturarono mi rinchiusero nel Cubo, una prigione senza porte e senza finestre, completamente a specchio. Mi vedo moltiplicato all'infinito e non so più da quanto tempo o meglio dire da quanti anni sono ormai qua dentro. Sapete qual è la cosa più brutta nello stare da soli per molto tempo? Il fatto che non hai nessuno con cui parlare. Per questo decisi di scrivere la mia storia, per lasciare un ricordo della mia esistenza a chi verrà dopo di me in questo buco. Credo di aver detto tutto ormai, e non riesco a capire perché non abbiano ancora deciso nel togliermi di mezzo.

Il concetto di giornata non esiste più, o meglio ad un certo punto si spengono le luci e significa che devo riposare. La mattina (ovvero quando riaccendono le luci) mi lavo la faccia, vado in bagno (nel Cubo le cose che mi servono escono fuori dai muri, quando termino di utilizzarle rientrano dentro). Faccio colazione: come? Quando ho terminato la mia sveglia mattutina, si apre una porta scorrevole e appare un vassoio col cibo. Stessa cosa avviene con pranzo e cena. Durante tutta la giornata posso riposare o leggere: per fortuna ho l'accesso a tutto lo scibile umano grazie all'unico mezzo tecnologico di cui mi hanno rifornito: il famoso tablet dove anche scrivo. Così passo le mie giornate. Non so da quanto tempo, come ho già scritto, mi trovo in questa prigione. Mi sento come una gallina in un pollaio, con la differenza che almeno posso leggere. Fino a questo momento non ho incontrato nessuno e nessuno mi ha contattato. Certe volte mi sveglio e, al buio, immagino di risvegliarmi accanto a Rose. Quante volte l'ho abbracciata e baciata, quante volte siamo stati assieme a programmare il nostro futuro. Oppure invento nuove avventure con re Manuel e col mio fido immortale Lu. Immaginare, inventare, sognare... cosa altro mi resta da fare? E dire che in passato gli esseri umani che volevano, ardevano agognare la saggezza, si ritiravano in eremi solitari, di solito in grotte, altri sopra delle colonne, e ci vivevano per anni. Li invidio? Non saprei, perché loro hanno fatto una libera scelta, mentre io sono stato imprigionato, quindi non è proprio la stessa cosa. Quando rimani tutto questo tempo da solo non puoi non pensare al senso della vita: esiste un senso? E se sì qual è? Esiste un' eventuale divinità che ci ha creati? Oppure siamo stati noi esseri umani ad averla creata? E la sofferenza ha senso?

Ripenso anche ai miei recenti amici, gli umani superstiti, il simpatico professore Andersen, uomo pieno di cultura, chissà cosa sta facendo in questo momento. In questi giorni sto leggendo Il deserto dei Tartari, capolavoro di Dino Buzzati, e sto meditando questo stralcio: "Gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangono sempre lontani; se uno soffre, il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l'amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita."

Silenzio. Durante la notte trascorsa non ho udito alcun suono.

Silenzio. Sento solo il mio respiro.

Oggi mi hanno dato del pollo arrosto con patatine fritte: devo ammettere che chiunque mi prepara il cibo è davvero un buon cuoco. Ma siamo sicuri che sia pollo quello che ho mangiato?

Insonnia. Da un po' di giorni mi ritrovo sveglio. Allora accendo il tablet e leggo. Ma immagino quale sia la domanda che tutti voi ardete farmi: hai provato ad evadere? Certamente, più di una volta. E no, non ho preso alcuna scossa elettrica. Ho dato pugni, testate e calci alle pareti del Cubo, ma non sono riuscito neanche a creare un minimo graffio. Una volta, acceso dalla rabbia, ho lanciato il tablet sulla parete e si è rotto, ma nessuna crepa c'è stata. Dopo pochi secondi, però, dalla stessa parete mi è stato dato un nuovo tablet, con la memoria di quello precedente: non si era perso neanche un dato e neanche una virgola del mio memoriale. Un'altra volta, spinto dalla follia, iniziai a digiunare. E, come se qualcuno mi vedesse e capisse le mie intenzioni, per tre giorni non ricevetti alcun tipo di cibo, solo acqua. Stremato e affamato, mi bastò indicare la pancia che, dopo poco, mi arrivò un vassoio con del brodino vegetale. Chiunque mi abbia imprigionato, ci tiene che resti in vita. Forse sono un esperimento per loro? Una cavia da laboratorio?

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