11. Il virus

14 1 0
                                    

Avevo gli occhi chiusi e sentivo uno strano ronzio nell'aria, come di una libellula ubriaca. La cosa che mi fece sussultare fu una voce metallica: - Scusa, cosa stai facendo?

Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti al viso una palla irta di spuntoni rossi e per un pelo non caddi di sotto: era una specie di macchina automatica parlante, insomma, un automa! L'oggetto parlante sembrava non provare emozione alcuna e continuò ad interloquire placidamente con me mentre scendevo dal muretto della torre: - Secondo i miei dati sei un essere umano proveniente dal pianeta Terra, ti trovi molto distante dal tuo luogo di origine, come mai?

Mi assestai la tunica e risposi titubante: - Beh, è una lunga storia. Ma tu chi saresti? Un commissario spaziale robotico? E come fai a conoscere la mia lingua?

- La tua capacità di formulare domande è notevole, terrestre. A proposito, io mi chiamo Giosuè e sono stato inviato a parlare con un rappresentante di questo pianeta e ho incontrato te. Puoi comprendere il mio linguaggio perché conosco tutte le lingue del cosmo. Dalle analisi che ho compiuto sembri un rappresentante affidabile, o almeno fino ad ora non hai tentato azioni ostili. - continuò a dire volteggiandomi vicino.

- Interessante, un robot che fa lo spiritoso, questa mi mancava! - affermai sempre più colpito dal lieto incontro e lo invitai nella mia cella. L'oggetto mi seguì pacificamente e mi spiegò meglio le sue intenzioni: in poche parole faceva parte di una spedizione esplorativa/ricognitiva gestita da robot la quale era stata inviata in avanscoperta da un popolo alieno, gli amritiani che, come noi, stavano combattendo contro i terribili rettiliani. Ma la vera bomba fu la rivelazione che il mio amico meccanico fece subito dopo, mentre lo portai da Rose: gli alieni erano in grado di mettere in ginocchio i nostri nemici e senza alcun spargimento di sangue!

- Avocado. Sono ghiotti di avocado! - continuava a dire il nostro amico robotico, lasciando tutti a bocca aperta. Ci eravamo riuniti nella sala del re, increduli ed attoniti alla rivelazione. Stavamo discutendo sul come procedere all'azione: secondo il suggerimento di Giosuè bastava iniettare un virus negli avocado il quale si sarebbe velocemente diffuso tra i rettiliani buongustai e li avrebbe messi fuori gioco. Questo virus, stando alle meccaniche parole del fido automa, era stato creato in laboratorio dai suoi padroni ed erano lieti di poter condividere con noi questa sorprendente e direi provvidenziale scoperta per debellare la minaccia degli invasori. Il problema era duplice: la produzione del virus non era molto veloce ma ci stavano già lavorando gli amritiani, nel frattempo dovevamo senza sosta fronteggiare gli invasori che continuavano ad attaccarci da tutti i lati, e poi in questo pianeta non c'erano molte coltivazioni di avocado però a questo un rimedio si sarebbe facilmente trovato grazie al caro Lu: egli infatti poteva moltiplicarli quasi all'infinito se ritornava nel suo paradiso. Senza perdermi troppo nei dettagli, gentile lettore, dobbiamo fare un salto nel tempo di quindici giorni quando, finalmente, tutto era pronto per sferrare l'attacco definitivo ai nostri cattivi nemici: quel giorno verrà ricordato come "L'attacco degli avocado!"; infatti piazzammo strategicamente i frutti dalla forma a pera nei diversi mercati del paese e non tardammo molto nel ricevere una visita dai rettiliani e una navicella di essi, poco dopo, aveva già teletrasportato il carico in quasi tutte le postazioni. Giosuè ci spiegò che quel virus venne scoperto da un grande scienziato che, dopo anni di studi, era riuscito ad estrarlo da una pianta del pianeta dei rettiliani, a loro tossica: quando avrebbero mangiato quel frutto avrebbero avuto un singolare effetto collaterale, ovvero sarebbero cadute loro le squame e avrebbero avuto crampi allo stomaco per lunghi giorni! Dovettero passare un paio di giorni quando scoprimmo che essi non ci attaccarono più e che quasi tutte le loro astronavi erano fuggite via! Festeggiammo la liberazione in un fastosissimo banchetto al castello ove partecipò tutto il popolo e dove il re disse: - Agli amritiani che ci hanno salvato dall'invasore!

A questo punto sembrava essere finito tutto, non è vero? Ebbene, non ci eravamo mica dimenticati di liberare la povera Lea, infatti io e Lu salimmo sull'astronave rettiliana che avevano rubato i gladiatori e la cercammo nella loro astronave madre, mentre gli alieni si contorcevano dai dolori del pasto proibito ed essendo, quindi, incapaci di farci fuori. Scoprimmo così dove si trovavano le celle e la ritrovammo: per Giove stava bene e ci abbracciò piangendo!

Fu durante il banchetto del re che Rose me lo disse: - Posso riportarti a casa, sai? - e mi baciò appassionatamente mentre tutti ci applaudivano. I nostri alleati, gli amritiani, avevano consegnato alla mia aliena coraggiosa e bella un congegno in grado di riportarmi sulla Terra, dopo che si era guastato quando eravamo entrati nel buco nero.

Il momento degli addii alla fine giunse: inutile dire che fu straziante dovermi separare per sempre dai miei amici e ancora oggi li porto tutti quanti nel cuore. L'ultimo ad abbracciarmi e a bagnarmi il viso fu Lu, il mio protettore immortale che non voleva lasciarmi andare: - Non dimenticarci, noi resteremo amici per l'eternità!

Non ricordo molto altro, i miei occhi e il mio cuore erano a pezzi e l'ultima cosa che vidi, prima di entrare nell'astronave di Rose, fu il sorriso che mi fece re Manuel.

BraveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora