10. Per un pugno di rettiliani

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Era passata una settimana da quando mi ero riunito ai miei amici e in quel periodo di tempo avevo riabbracciato il caro Re Manuel e avevamo passato un po' di tempo assieme nel suo castello, ricordando tutte le peripezie che avevamo vissuto e quelle che ancora non conoscevo avvenute dopo la mia scomparsa. Ma i nostri pensieri erano tutti rivolti alla ragazza di Lu, Lea, catturata dai rettiliani e della quale ancora non eravamo riusciti a sapere dove si trovasse e se stesse bene. Proprio per questo mi trovavo faccia a faccia con il rettiliano catturato la scorsa volta nel paese che avevano tentato di conquistare, il quale continuava a fare scena muta. Lu si tratteneva dal rompergli l'osso del collo, e i suoi occhi avevano delle fiamme d'ira inestinguibili. Avevamo provato a farlo parlare in mille modi diversi, promettendogli addirittura di non ucciderlo, ma non ne voleva sapere. Una cosa è certa dei rettiliani: non tradiscono il loro popolo.

Ripensavo alla povera Lea, chissà se era riuscita a sopravvivere alla prigionia... Fu in quel momento che entrò nella stanza Rose e mi sussurrò all'orecchio di uscire fuori. Lasciai l'interrogatorio al cavaliere Lorenzo, mentre il rettiliano di nome Moagh non faceva una piega e sembrava una statua di sale.

Rose era radiosa: i suoi occhi azzurri mi catturavano l'anima  ogni volta che il mio sguardo si posava su di essi e il mio cuore non era mai sazio dei suoi baci morbidi che sapevano di fragole. Uscimmo in giardino e fummo inebriati dai gelsomini e dalle siepi di rose rosse. Iniziò a piovere: il suo viso si avvicinò al mio e ci sfiorammo le labbra, finché non le schiudemmo in un bacio senza tempo. Cos'è l'amore se non una continua estasi di piacere?

- Che ne pensi? - mi chiese alla fine della sua proposta. Eravamo saliti nella sua navicella e stava inserendo i nuovi dati di navigazione. Rimasi in silenzio, poi mi avvicinai a lei abbracciandola da dietro. - Beh, è un piano molto rischioso ma credo sia l'unico modo per poterla liberare. Certo che la tua baracca non smette mai di sorprendermi: ha un macchinario in grado di trasformare il mio corpo in un rettiliano, anche se devo dire che la cosa non mi garba molto, ma per Lea questo ed altro!

Praticamente il piano era il seguente: camuffato da rettiliano dovevo tentare di infiltrarmi nella loro astronave madre e capire dove si trovasse la nostra gladiatrice rapita, dopodiché tentare di liberarla e fuggire via dai nemici incavolati. Beh, ammetto che la percentuale che io sopravvivessi a tutto ciò fosse molto bassa, ma il mio amico Lu aveva un'idea niente male: visto che il nostro prigioniero aveva la bocca più cucita di una suocera apprensiva non rimaneva che un solo rimedio per cavare qualcosa da lui: praticargli l'ipnosi! E, guarda caso, il nostro amato stregone Arcibald ne era un esperto. Detto fatto: dopo essere riuscito ad addormentarlo iniziò a tempestarlo di domande e, pian piano, il nostro taciturno Moagh ci rivelò tutto quello che ci serviva, via di fuga inclusa! E alfine il giorno giunse: mi sdraiai sul lettino e, incrociando le dita, Rose diede inizio alla mia trasformazione. Quando riaprii gli occhi e mi misero uno specchio davanti cacciai un urlo: quel che vedevo era un rettiliano in squame e ossa: oh Zeus, ma in quale casino stavo per cacciarmi?

- Ma che materiale è questo che ho addosso? - chiesi sconvolto e ancora incredulo sfiorandomi le guance fredde e lisce (il che mi provocò un brivido dietro la schiena). La mia Rose non tardò a rispondermi mentre mi aiutava ad indossare la tuta spaziale: - Una pelle sintetica e camaleontica, quindi stai sereno: nessun rettiliano scoprirà che non è reale! Potenza della tecnologia! Ma cosa credi di... - esclamò dandomi un pugno in testa, visto che avevo avvicinato le labbra per baciarla ma avevo dimenticato che adesso ero un vero e proprio rettiliano!

Quando uscii dal laboratorio i miei amici restarono a bocca aperta, incluso il nostro ostaggio: ero un rettiliano sorridente (se così si può dire) pronto all'azione. Fu in quel momento, mentre facevo una sorta di passerella per farmi ammirare da tutte le angolazioni, che mi ricordai di un particolare: ero più basso di qualunque rettiliano avessimo visto, dato che loro sono almeno due metri e io arrivavo a stento a un metro e settantaquattro centimetri, ma fortunatamente la mia Rose, sempre previdente, mi aveva letto nel pensiero e mi fece indossare delle scarpe con dei tacchi levitanti (che aveva prontamente già preparato) che non solo mi facevano apparire della giusta altezza ma riuscivano a camuffare il fatto che stessi, appunto, levitando (ed era anche una fortuna che i soldati rettiliani indossassero degli stivali alti). Moagh si era da poco ripreso dall'ipnosi e, con fare sprezzante (fortunatamente era ben legato al lettino) mi derideva e mi disse, fissandomi negli occhi: - Bravo, potrei scambiarti per un mio soldato agghindato in quel modo, ma c'è una cosa importante, anzi due, a cui non hai pensato: noi abbiamo un radar che ci segnala qualunque presenza umana e poi non sottovaluterei il nostro odorato perché  sentiamo puzza di umano anche a metri di distanza! Adesso che fai, non ridi più?

Calò un luttuoso silenzio nella stanza. Fu Rose a spezzarlo. - Beh, per il radar ci posso lavorare, ma resta il problema del loro odorato... E qua non saprei come intervenire, disdetta!

- Sono l'unico che fin dall'inizio aveva pensato che tale piano fosse completamente folle? - dichiarò il mio fido Lu, strozzando il collo di Moagh. Fu Arcibald a dover intervenire per evitare che lo uccidesse. Il rettiliano riprese fiato e smise di prendermi in giro, almeno per il momento.

- Verme verde, ti prometto che la prossima volta che sputi un'altra battuta non vedrai sorgere il sole domani, ti è chiaro? - affermò Lu e lasciò la stanza, sbattendo la porta. Andai subito fuori a fargli compagnia. Accese la sua pipa e restammo ad ammirare il cielo stellato. - Jack, scusami, non volevo mancarti di rispetto, tu lo sai quanto apprezzi che ti stai sacrificando per salvare Lea, il mio amore, ma adesso stiamo per superare ogni limite. Non posso accettare che tu possa morire, è troppo rischioso. Non puoi immaginare quante notti insonni abbiamo passato nella speranza di ritrovarti! - mi sussurrò il mio prode guerriero, mentre gli scendeva una lacrima. Gli diedi un forte abbraccio e tutti i suoi muscoli mi avvolsero in un piacevole torpore. - Troveremo un altro modo per liberarla, non ci arrenderemo così facilmente. La cosa che mi preoccupa di più, oltre all'incolumità della nostra guerriera, è il fatto che siamo tutti in pericolo anche in questo pianeta: questi dannati rettiliani sono troppo forti, sembrano non avere punti deboli. E temo che possano conquistare tutto l'universo se noi, un gruppo di amici coraggiosi, non li fermiamo o almeno non ci proviamo. Quindi, per rispondere alle tue affermazioni di poco fa, no: io non mollo, io farò di tutto per liberare Lea e questo pianeta da quei criminali senza morale! Ma dobbiamo restare uniti, amico mio: io credo che possiamo farcela, nonostante le sconfitte siano sempre in agguato, arriveremo pian piano alla vittoria. Se molliamo, saremo perduti per sempre!

Fu una delle serate più belle che io ricordi, fu la serata in cui ci sentivamo quasi sconfitti ma la forza e il coraggio per rialzarci ci portò a sperare in meglio.

La mattina successiva giunse finalmente una buona notizia: una truppa di gladiatori era riuscita ad impadronirsi di un'astronave rettiliana al cui interno Rose poté studiare uno dei loro radar cerca umani e in meno di dieci ore aveva già creato un radar in grado di annullare la mia presenza umana. Lasciai i miei amici a continuare ad esaminare l'astronave e mi appartai su una torre del castello a meditare. Quando vivi in tempi di guerra trovare delle oasi di pace è quasi un miracolo, ma sono fondamentali per poter ascoltare se stessi e, in un certo senso, ricaricare la propria anima. Il silenzio era raro più dell'oro! Non so quanto tempo rimasi lassù con gli occhi chiusi, ma ricordo bene il momento in cui venni interrotto dal robot: sì, fu un robot quello che ci avrebbe rivelato il punto debole dei rettiliani. E si chiamava Giosué. Beh, per oggi stacco la registrazione, riprenderò domani. 

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