Inside Eyes

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I pensieri si contorcevano, si ribaltavano gli uni sugli altri, si confondevano.

In quella situazione tutto era diventato puro stordimento, non una certezza, non uno spiraglio di evidenza. Riuscivo a sentire lo sguardo attento di Alexandra su di me e quello alienato dell'uomo alla scrivania. E per quanta soggezione potessero mettermi, non un muscolo si mosse al richiamo della loro attenzione. 

Avevo paura.

Non sapevo cosa fare o dire. Non sapevo quale sarebbe stata la mia prossima mossa o quella delle altre due persone che occupavano quella stanza con me. 

Pensavo alla figura di Louis come un ricordo fisso al centro esatto della mia intera esistenza. Provavo ad immaginare le sue emozioni in quel momento, le sue mani morse furiosamente dai denti che stridevano ininterrottamente a contatto con la pelle ruvida e secca. Provavo ad immaginare i suoi occhi sfioriti e scuri. Quella tipica colorazione grigiastra che assumevano quando fuori pioveva o quando era nervoso. E provavo ad immaginare il suo sorriso purtroppo inesistente.

Tutto ciò non poteva farmi più male e non capivo perché provassi tutto quel dolore. Per una persona che mi sembrava di non conoscere, che mai si era preoccupata di sprecare qualche parola in più con me. Per quel Louis che tutto doveva farmi tranne che pena. 

La gola bruciava, cercai di alleviare quella sofferenza deglutendo in continuazione, ma tutto sembrava inutile e incredibilmente stupido.

Alexandra mi prese improvvisamente una mano e la trascinò verso di sé, costringendomi a girarmi verso di lei.

"Gabrielle andrà tutto bene, te lo assicuro"

Debolmente, affinché quell'uomo potesse non sentirla, pronunciò parole di rassicurazione. Tentai di accennare un segno di approvazione, anche stavolta fu tutto inutile. Continuai a guardarla negli occhi, quasi fossi nel bel mezzo di un'ipnosi. Ponevo la concentrazione esclusivamente su di lui.

Dopo circa dieci minuti di inespugnabile silenzio Alexandra si alzò, incastrando la sua borsa perfettamente tra il bicipite e le costole. Afferrò il pacchetto di sigarette da una tasca e ne strinse una tra le dita, facendola rollare.

"Allora...quando possiamo incontrarlo?"

L'uomo la guardò, ancora più stordito di prima. Quella situazione era fin troppo strana anche per lui. Si asciugò il naso umidiccio con il palmo della mano e si tirò a sua volta in piedi, aiutandosi con il trascinare il pantalone verso l'alto. Osservò al di fuori della finestra alle sue spalle e solo dopo si rivolse ad Alexandra.

"C'è l'incontro con i detenuti fra meno di un'ora. Vi faccio io il permesso ora, così risparmiate tempo"

Azzardò un sorriso sfacciato e si riportò nuovamente alla scrivania. Stringendo velocemente una biro e un pezzo di carta.

L'aria era pesante.

Puzzava di chiuso, di sporco e di rabbia mista allo sconforto.

Da una parte c'erano i poliziotti che controllavano tutto e tutti rigidamente nelle loro divise e dall'altra i detenuti silenziosi con faccia grave nelle loro malconce uniformi.

Io e Alexandra eravamo sedute, di fronte a noi una lastra di vetro.

Mi guardavo intorno alla sua ricerca, ma i miei occhi dopo un paio di innumerevoli minuti ancora non avevano trovato nulla. 

Iniziai a preoccuparmi. Presi un fazzoletto ed iniziai a strapparlo in tanti piccoli pezzi.

Finalmente a tutti i reclusi fu permesso di avvicinarsi e prendere posto laddove erano i loro cari. La mia compagna si alzò con uno scatto, poggiò le mani sul muretto ed iniziò a guardare verso sinistra, dove la calca avanzava. Forse aveva perso la pazienza o forse non vedeva l'ora di capirci qualcosa in più in quella faccenda. 

Ropes (Louis Tomlinson)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora