L'amore esiste

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Erano biglietti.

Lo si capiva dalla forma rettangolare e da quelle scritte a caratteri cubitali su entrambi i lati. Tuttavia, non riuscivo a capire a cosa servissero. Gettai qualche sguardo in più mentre delicatamente Johannah li estraeva da quella busta. Li guardò attentamente e poi me li passò. Non ebbi il tempo di leggere il loro contenuto che lei mi interruppe con la sua voce soffocata.

"Voleva comprarli da così tanto e solo un paio di giorni fa ci è riuscito"

La osservai per poi rigettare lo sguardo su quei fogli di carta. 

Erano due biglietti aerei. Lessi alcuni righi: "Da Londra (Inghilterra) a Roma (Italia)". I miei occhi si immobilizzarono e il fiato mi si fece corto. Riportai la mia attenzione su di lei che ora, con un sorriso e gli occhi lucidi, mi accennava un "si" con la testa. 

"Voleva solo scusarsi con te, fare finalmente qualcosa solo per te"

"Non riesco a crederci"

Riuscii solo a dire questo in quel momento. Mille emozioni combattevano all'interno del mio cuore rendendomi difficile qualsiasi pensiero.

"Sai, credo che abbia rubato per te..."

"Si, me lo ha detto"

"Dovevo immaginarlo"

"Ma perché lo ha fatto? Perché non ha chiesto aiuto a me?"

"Gabrielle, aveva già quel debito nei tuoi confronti, con quale coraggio avrebbe potuto chiedertene un altro?"

"Ma addirittura rubare per finire in carcere..."

"Lo sai bene come è fatto. Quando si mette in testa una cosa è pronto a tutto, anche al carcere. Io lo sapevo che un giorno di questi si sarebbe messo in una brutta situazione, era inevitabile"

E mentre mi raccontava tutte queste cose che soltanto allora mi sembrarono ovvie, come un puzzle che finalmente viene completato, pensavo a Louis nei miei ricordi che ora sembravano così lontani e provavo paura per tutta quella situazione in cui ci trovavamo, perché mi ero resa conto che da sempre non riguardava solo lui, ma entrambi. 

"Johannah, dobbiamo farlo uscire. Subito."

Mi alzai dalla sedia come spinta da una forza sovrannaturale e strinsi a me quei biglietti che iniziavano a sgualcirsi a contatto con le mie mani sudate. Johannah mi guardava dal basso con un'espressione meravigliata e felice. Appoggiò una mano sulla mia.

"Lo vorrei tanto anch'io, Gabrielle, ma sai bene che non possiamo fare nulla."

"Dobbiamo, Johannah, dobbiamo!"

Iniziai ad agitarmi perché sapevo che non avevo alcun potere per farlo uscire immediatamente, perché sapevo che quelli dalla parte del torto eravamo noi di fronte alla legge e perché avevo bisogno di Louis sempre di più, ad ogni secondo che passava. 

"Gabrielle, ti prego, calmati. Ho mandato un avvocato molto bravo, amico di mio marito da una vita, vedrai che saprà fare al meglio il suo lavoro."

Strinse la sua mano attorno alla mia e mi spinse nuovamente a sedere. Con lo sguardo assente sul pavimento, speravo con tutto il mio cuore che quella situazione si risolvesse esattamente alla velocità con cui era iniziata.

E i giorni passarono lenti come anni, i mesi lenti come secoli e la mia forza si alternava tra alti e bassi, tra voglia di lottare e tra voglia di rinunciare. Louis lo vedevo raramente, quasi mai. Una volta al mese perché purtroppo avevo troppo da studiare. Il master in comunicazione era iniziato e con esso lo studio era ovviamente raddoppiato. Maledicevo ogni giorno il professore Turner per quel cavolo di progetto in cui mi aveva coinvolto. Ma lui, dal suo canto, era felice, entusiasta e contava su di me più che su chiunque altro. Mi guardava sempre più soddisfatto ed era inevitabile non notare nei suoi occhi una scintilla di pura gioia. Peccato che io non ricambiassi affatto. Studiavo, parlavo, colloquiavo come un robot, insensibile a qualsiasi coinvolgimento emotivo. 

Ropes (Louis Tomlinson)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora