Blow a kiss, fire a gun

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Sembravano due leoni pronti a lottare per una stessa preda. 

Due cani pronti a difendere con i denti il proprio cucciolo.

I miei occhi balzavano da una parte all'altra tremanti e lucidi, mentre le mie gambe iniziavano a tremare sempre di più. Non sapevo cosa fare o cosa dire. Non sapevo da quale parte schierarmi. 

Il professore continuava a bere non lasciando per un momento la sua attenzione dal viso di Louis. Louis faceva lo stesso. 

Non si sentiva altro che il suono dell'acqua mentre attraversava le pareti del bicchiere, per poi raggiungere l'esofago di Alex. Quando fu svuotato si asciugò le labbra con il polso e schioccò la lingua. 

La tensione sembrava quasi aver preso vita in quella stanza.

"Nessuno vi ha invitato, professore"

"Non mi sembra che la festa fosse sotto invito. Sua madre ha chiaramente invitato chiunque"

Rispose. Fiero e sicuro nonostante l'alcool che piano piano iniziava ad annebbiargli il cervello.

"Cosa vuole?"

Louis chiese con un tono acido e furioso.

"Ma che domande! Contribuire alla vostra felicità!"

Indicò con il bicchiere entrambi. 

I suoi occhi incontrarono anche i miei e un brivido iniziò a scorrere in tutte le mie vene. Un brivido di puro terrore che mi privò in quei pochi istanti di gran parte delle mie forze.

All'improvviso iniziò ad avvicinarsi con un passo insicuro e lento. Contemporaneamente Louis si strinse a me, cercando con il suo corpo di farmi da scudo.

"Non sono cannibale, tranquillo. Non la mangio"

Alzò le mani in segno di difesa, quasi avesse inteso da subito quel velo di terrore che iniziava ad attraversare anche Louis. Quest'ultimo abbassò gli occhi e non capii se per difesa, esitazione o terrore stesso. Io continuai a guardare quegli occhi che ora osservavano come persi il pavimento e che cominciavano ad oscurarsi smarriti.

"Sai Gabrielle, c'è una cosa che mi chiedo da tanto tanto tempo ormai e che proprio non capisco"

Al sentire del mio nome presi a tremare ancora di più e involontariamente strinsi il braccio di Louis inerme. Il professore osservò quel mio movimento e accennò una risata.

"Già"

Alzò gli occhi l'altro e qualcosa in lui riprese vita.

"Siete strani"

Sentenziò Alex. Senza giri di parole. Diretto e tagliente. Ma il suo non era di certo un insulto e non apparve tale neanche a noi. Era un'osservazione che gli era balenata all'improvviso in quel momento o che, forse, gli affollava la mente già da tanto tempo. Perché quel "siete strani" era stato detto con convinzione e disorientamento. Perché sperava di risolvere quell'enigma, che apparentemente lo tormentava, al più presto grazie a noi. Peccato, che molto probabilmente, neanche noi stessi eravamo a conoscenza della soluzione.

"Siete forse fratelli? Cugini? O forse non c'è alcuna parentela fra di voi e siete soltanto vicini?"

Continuò.

"Vicini? O meglio, vecchi amici? Ma, forse, migliori amici?"

Cominciò a ridere, di sorpresa, e a portarsi la mano al mento che sfregava con agitazione. Quella tipica agitazione che affligge gli ubriachi o gli schizofrenici.

Ropes (Louis Tomlinson)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora