Perché Louis non era libero, Louis era in galera.
E chissà quanto sarebbe dovuto rimanerci.
Lo guardavo con gli occhi fissi e l'aria distrutta. Non potevo fare nulla per lui e tutto questo mi faceva male, terribilmente male.
"A cosa pensi?"
Con un'espressione sbalordita azzardò questa domanda. Immediatamente pensai che fosse la domanda più stupida del pianeta, eppure non mi fu semplice trovare una risposta perché pensavo a così tante cose.
"Nulla"
E che era una bugia se ne accorse anche lui dato che evitò immediatamente controbattere. Poggiai una mano sul vetro, con lo sguardo rivolto sulle mie ginocchia che tremavano come in preda ad un terremoto.
"Sinceramente non so che dirti Louis, è tutto così strano e difficile"
"Lo so, scusami per l'ennesima volta. Non centri niente con tutta questa storia e non mi va a genio che tu ne sia coinvolta"
Voltava la testa verso destra e sinistra continuamente; pensai che lo avrebbe fatto all'infinito.
"No no...non devi scusarti. Può...capitare"
E anche questa era bugia.
Non può capitare di rubare, non può capitare di essere buttati in prigione a soli 23 anni. Louis aveva sbagliato, lo sapeva, ma fino a che punto? Mi tormentava il pensiero che nel momento in cui si era messo in testa di rubare fosse cosciente di correre quel pericolo perché forse andare in prigione non era poi una cosa così terribile, gli andava di provare anche quest'esperienza. Eppure, lo si vedeva nei suoi occhi, Louis stava male. Chiunque lo avrebbe capito, ma nessuno meglio di me, ne ero sicura. Male per che cosa? Male per essere rinchiuso tra quattro mura fradice o altro?
Alzò improvvisamente il viso nella mia direzione lasciandomi di sasso.
"Gabrielle, davvero, scusa"
Alexandra si voltò verso di me e poi verso di lui. Il suo sguardo mi penetrò ed ero sicura stesse pensando a qualcosa di inadeguato.
"Ti aspetto fuori, ho bisogno di fumare...Ciao Louis"
Sfiorò il mio braccio e si alzò. Allontanandosi senza dare nell'occhio. Silenziosa e lenta come una specie di spirito.
Eravamo rimasti io, Louis e un numero indefinito di persone tra ladri, assassini, stupratori e quant'altro. Eppure ci sentivamo i soli in quell'enorme stanza. Forse perché in fondo i nostri pensieri, i nostri sentimenti, le nostre emozioni in quel momento creavano una sorta di enorme bolla che ci proteggeva e ci nascondeva da tutto e tutti.
I nostri sguardi si erano talmente fusi che concepivo fosse impossibile riuscire più a separarli. Ma Louis ci riuscì. Sferrò un pugno sul tavolo per poi passare quella stessa mano sul viso. Io continuavo a guardarlo, stordita forse, incantata, spaventata.
"Louis, io..."
Forse volevo realmente dire qualcosa di serio o invece volevo solo temporeggiare, cercare delle parole per distruggere quella situazione incredibilmente difficile. In fondo, dopo tutto, io sentivo che Louis era sul punto di dire qualcosa. Un discorso, una spiegazione, perché era fatto così. Non gli piaceva molto parlare, ma quando era costretto a farlo lo doveva fare per bene. Si stava preparando, nient'altro. Lo vedevo dal modo di guardarsi intorno, dalla posizione del corpo e dalle vene sulle braccia che pulsavano. E gli mancava il coraggio di parlare per questo non lo faceva mai e non lo fece neanche allora. Restammo, così, per circa dieci minuti; a guardarci, a scrutarci, a far finta di essere sul punto di dire una parola, a far finta di non avere paura. Da sempre io ero la coraggiosa, lui era il debole. Io risolvevo i problemi, lui li evitava. Mi resi conto che il passato si stava gettando sulle nostre spalle e chiedeva di essere ripreso, di rispettare quelle regole che per così tanto tempo avevano regalato un equilibrio al nostro legame. Ma il legame non c'era più da un bel po' e forse non c'era mai stato. Io e Louis, così diversi, non eravamo destinati a rimanere dei conoscenti, a diventare degli amici, a trasformarci in fidanzati. Eravamo destinati a diventare altro, altro che non riuscivamo neanche lontanamente a concepire. Tuttavia lo sentivamo: nei nostri polmoni, nei nostri cuori e nei nostri cervelli che seppur distanti viaggiavano sempre sulla stessa via. Lontani, ma mai così tanto da non vedere almeno le ombre l'uno dell'altro.
E mi feci coraggio, cosciente che fosse un mio dovere.
"Louis, parla, ti prego"
Non si disturbò neanche ad alzare il volto questa volta. Non mosse un muscolo, vedevo solo la mascella contratta a reprimere un'espressione.
Mi avvicinai quanto più possibile verso quel vetro che ci divideva. Desideravo vederlo in volto. Stava piangendo.
Il viso bagnato e le lacrime che gli scendevano lente lungo le guance.
"Louis, non fare così. Non sei solo, ci sono io. Te lo giuro"
"Te lo giuro" e Louis lo sapeva che io non giuravo mai e che quando lo facevo era perché necessario, perché non si poteva fare altrimenti.
Si asciugò in fretta con le maniche stropicciate della sua uniforme e sparò un sorriso.
"Su questo non ho mai avuto dubbi"
Lo disse con tutta la serenità del mondo, come se ci trovassimo a fare una tranquilla e spensierata passeggiata.
"Ti giuro anche che..."
"Basta fare giuramenti, Gabrielle, che qua la colpa è tutta mia e della mia testa di cazzo"
Quegli occhi rossi di lacrime e rabbia mi spaventarono perché volevano dire solo una cosa: era incazzato nero.
"Gabrielle, io...non so che dirti di preciso. E' colpa mia, soltanto mia. A me stare qui dentro non frega più di tanto, mi tormento per te, so come sei fatta. Fai finta di fregartene eppure per me ci sei stata sempre, nel bene e nel male. Sono stato un gran coglione a rendermi conto di questa cosa solo adesso, a darla per scontato per tutto questo tempo. Sei sempre stata una specie di punto fermo alla fine di una frase un po' troppo complessa. So che dentro di te tieni più a me che a te e, credimi, vorrei strangolarti per questo motivo perché io non valgo un cazzo. Io ti uccido ogni giorno e cerco di resuscitarti il giorno dopo e so che non funziona così, così è troppo facile. Perdonami, davvero, per tutto il male che ti ho fatto con il mio carattere strafottente, con Vanessa, con la storia dei soldi e chissà quante altre cose che io ora non sto neanche a ricordare. Forse quando uscirò di qui, queste cazzate che sto dicendo non le ricorderò nemmeno, ti prego di farlo tu per me. Ti prego di dirmi con quanta più furia possibile: "Louis sei un coglione, lo hai detto tu stesso!", così io lo ricorderò...te lo giuro"
Iniziai a piangere anch'io. Per quelle parole che aspettavo da una vita che non erano mai state pronunciate, per quel suo sguardo sincero e gli occhi color oceano che tanto mi erano mancati. Volevo urlare in quel momento di gioia, di dolore, di rabbia, di entusiasmo per liberarmi di un peso un tempo cementato dentro di me, ma finalmente sciolto.
"Louis io...devo dirti una cosa"
Lo avrei fatto, non avrei aspettato altro tempo. Ne era passato già troppo.
"Ti amo"
Il suono della campanella rese la mia voce inaudibile. Louis girò il viso verso le guardie che con gesti delle mani invitavano i detenuti a ritirarsi. Si rigirò verso di me, con aria trepidante.
"Gabrielle, che hai detto?"
"Niente, niente"
"Ok. Spero di vederti al più presto, tanto di qua, fin quando non mi fanno il processo, non scappo. Salutami Alexandra, Ciao!"
Mi gettò un bacio con la mano e scappò via, confondendosi con la mischia.
Proprio alla fine il coraggio era sparito alla velocità con cui si era presentato. Chissà fra quanto altro tempo sarebbe ritornato.
- SPAZIO AUTRICE
Salve gente! Scrivere questo capitolo è stato davvero complicato. Lo ammetto, non avevo le idee proprio tanto chiare. Ho iniziato a scrivere e il resto è venuto tutto da sé. Ok, Gabrielle ha ammesso di amare Louis, quale gioia! Ma ma...la campanella ho rovinato tutto? Già, che sfiga (vi prego di non odiarmi). E Louis? Quelle parole, ma da dove le ha tirate fuori? Per chi ha letto anche le altre mie storie sa che Louis poeta è il mio carattere preferito e trovo inevitabile inserirlo, poi trovo impossibile non farlo così dolce (emanuela e le sue pippe mentale, perdonate anche questo). Comunque lui e la galera sono ancora un capitolo aperto, eh! Staremo a vedere cosa succederà. Spero vi piaccia!
Un bacio.
-Manu ♥
p.s. il titolo riprende una frase della canzone di Miley Cyrus "Drive" che personalmente amo.
STAI LEGGENDO
Ropes (Louis Tomlinson)
Fanfiction"Io credo negli inizi che non trovano una fine. Credo negli sguardi destinati ad incrociarsi e mai più a lasciarsi. Credo nella pelle che si confonde e sente di non averne mai più abbastanza. Credo nelle affinità di cuore e di mente, nelle affinità...