Per Louis avevo fatto una cosa.
Una cosa che molti definiscono una sciocchezza, altri una pazzia, altri ancora un'assurdità. Avevo rinunciato al mio futuro ideale: l'Italia.
Molti stabiliscono questa nazione come "la crisi fatta a paese". Forse si o forse no, stava di fatto comunque che io la amavo con tutto il mio cuore. Sognavo in continuazione di Roma, del suo meraviglioso e magico Colosseo, guardavo con stupore le foto del Duomo di Milano e adoravo la miriade di turisti che vi si trovavano al suo ingresso.
Il mio era un sogno sul punto di realizzarsi.
Un'inaspettata vincita di un concorso mi aveva regalato un anno gratuito a Roma. Non ricordo con esattezza le emozioni che provai, erano talmente forti e vive: mi sembravano ultraterrene. Probabilmente un mix di gioia e meraviglia. Io e Louis a quei tempi trascorrevamo ore e ore in compagnia l'uno dell'altro, ci volevamo così bene, un bene che mi sembrava di assaporare. I suoi occhi li ricordo talmente bene, lucidi e brillanti, immersi in un vortice di speranza maniacale. Gli abbracci non mancavano mai, quei suoi arti in continuazione attorno al mio collo. Pertanto i segreti, le paure, i desideri erano condivisi, sempre e comunque. Lui fu la prima persona a venirne a conoscenza.
"Un anno in Italia, riesci a crederci?"
Sorrise.
"No, certo e non vedo come tu possa riuscirci"
"Lontani per un anno però"
"Sarà più breve di quello che tu credi"
"Lo spero"
"E' sempre così"
Distolse lo sguardo. Ci avrei scommesso: era sul punto di scoppiare a piangere, ma per una qualche forza a me sconosciuta riuscì a reprimere quell'istinto.
La felicità umana può toccare picchi inimmaginabili in alcuni momenti della nostra vita, momenti che possono essere brevi o meno. Peccato che per la maggior parte delle volte la sottovalutiamo e non le diamo la giusta importanza. Sono sempre stata convinta che sorridere sia una delle più belle abilità umane: sentire i muscoli contorcersi istintivamente, arrivare a piangere e fregarsene del dolore facciale che dopo un po' potrebbe comportare. Eppure la felicità non è forte quanto si pensi, anzi. Una qualsiasi sciocchezza potrebbe distruggerla e trasformarla nel suo opposto: la tristezza. Un' emozione che cerchiamo sempre tutti di evitare, ma soprattutto di nascondere. Non sembrava essere un mio problema in quell'occasione, certamente. Io sorridevo, Louis anche, però non tutto il resto.
I suoi occhi erano cambiati da un po', lo vedevo con incredibile trasparenza. Lucidi di lacrime trattenute e non di sorrisi soddisfacenti.
"Louis"
Il coraggio di confessargli alcune mie preoccupazioni per fortuna non mancò, un coraggio che in me abbondava ma che in lui scarseggiava. Stentava, infatti, a guardarmi; non solo in viso ma in qualsiasi altra parte del mio corpo. Più volte fui costretta a richiamare la sua attenzione, fin quando mi avvicinai e tirai il suo viso verso di me. Pronunciando con un filo di voce: "Cos'hai?"
Mi guardò, oltrepassò la mia anima, le mie emozioni, il mio corpo. Un brivido mi scosse ed iniziai a sentire la forza mancare. Furono secondi di intensità spaventosa che mi capita spesso, ancor oggi, di sentire. Il suo silenzio era la cosa più terribile, non capire cosa provasse o pensasse era una frustrazione per la mia sanità mentale. Decisi di allontanarmi di qualche metro ed il suo sguardo mi seguì. Provò stranamente a sorridere, mentre si asciugava il naso con il polso.
"Non sto molto bene"
"Lo avevo notato da un po'"
Risposi. Ferma e decisa nel mio timore.
"Sono successe alcune cose che...non dovevano proprio succedere"
"Quali?"
Sostenne l'espressione per qualche secondo.
"Papà ha fatto un incidente"
Il mio respiro si bloccò e con esso tutta me stessa. Mille domande iniziarono ad affollarsi nella mia mente, quella che le accomunava fu: "Perché non me lo hai detto prima?"
"Non lo so"
"Che significa "non lo so"?"
Mi guardò per l'ennesima volta, ma non si preoccupò di darmi altre spiegazioni. Pensai che fossi io quella nel torto e pertanto mi permisi una domanda di preoccupazione: "Come sta?"
"Non cammina e forse non lo farà mai più"
Questa volta lo fece: pianse. Iniziò a piangere in una frazione di secondo: i suoi occhi si riempirono di gocce, le quali iniziarono a scivolare veloci lungo il viso. Io, invece, strinsi le mani intorno al petto e mi guardai intorno: non sapevo cosa fare, pensare o dire, il buio mi circondava nell'interno e all'esterno. Dopo un pò ebbi una certezza: qualcosa nelle nostre vite sarebbe cambiata.
Furono mesi di sacrifici i miei. Tutte le cose belle iniziarono a sfumarsi e al loro posto apparvero quelle brutte. Passavo giornate intere insieme a Louis, ma non per divertirci bensì per aiutare il padre in qualsiasi suo passo. L'Italia era diventata ormai un traguardo lontano e inimmaginabile, si era scontrata con essa la dura realtà. Non ero obbligata a fare ciò che facevo, ma il bene che provavo per Louis era talmente grande che scartava a priori qualsiasi altra scelta. Gli sorridevo quando dentro di me il dolore si mescolava alla gioia. I nostri corpi sempre così vicini ma le nostre menti sempre più lontane. Speravo che tutto potesse finire al più presto, non riuscivo a sopportare nulla ancora: da una parte i miei genitori adirati per la mia decisione di rifiutare il premio, dall'altra Louis e suo padre che urlavano il mio aiuto, le voci di quest'ultimi erano ovviamente più forti. Ognuno sapeva che non lo facevo esclusivamente per pietà, c'era di più. Gridavano all'amore i miei parenti, i miei amici e persino gli sconosciuti. Diverse volte negai quelle stupide affermazioni e l'attimo dopo, puntualmente, ero sul punto di guardare incantata Louis. Ero forse un controsenso umano che combatteva a vuoto contro se stessa.
Giorni, mesi e anni erano ormai passati e il controsenso rimaneva più deciso e intenso ma, allo stesso tempo, corroso e malsano dalle esperienze che avevo vissuto e che stavo vivendo. Mi capitava spesso di pensare a tutto questo, ma mai come in quell'occasione queste riflessioni si fecero più vive che mai. Sentivo di dover dare a tutte loro una spiegazione, una risoluzione. Il coraggio doveva nascere, che io lo volessi o meno, e l'occasione per farlo si sarebbe presentata, ne ero certa.
- SPAZIO AUTRICE
Salve gente! Eccomi con il quinto capitolo! Allora, è forse un pò tutto troppo complicato e confuso e pertanto chiedo il vostro perdono se è realmente così. Ho puntato sulle emozioni di Gabrielle e su tutto ciò che è dietro di esse. Come avrete notato è una sorta di capitolo flash-back poichè volevo proprio raccontarvi di questo grande sacrificio che lei ha fatto per il suo a***o Louis (non usiamo ancora quell'aggettivo, su). Troviamo la felicità e la tristezza come protagoniste indiscusse della vita della nostra protagonista, eppure sono sicura che le sue riflessioni valgono un pò per tutti. Detto questo vi lascio a commenti, a riflessioni e a qualsiasi altra cosa che questo capitolo ha potuto suscitare. Spero, come sempre, che vi sia piaciuto!
Un bacio.
-Manu ♥
p.s. aggiungetemi su facebook per aggiornamenti, chiarimenti, domande o semplici chiacchiere Manu Efp.
Il titolo riprende l'omonima musica di Ludovico Einaudi.
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Ropes (Louis Tomlinson)
Fanfiction"Io credo negli inizi che non trovano una fine. Credo negli sguardi destinati ad incrociarsi e mai più a lasciarsi. Credo nella pelle che si confonde e sente di non averne mai più abbastanza. Credo nelle affinità di cuore e di mente, nelle affinità...