Capitolo 12

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.12.

HELIA

«Dove stiamo andando, Helia? Io ho paura

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«Dove stiamo andando, Helia? Io ho paura...» squittì Gemma, spaesata, mentre Laila ci seguiva a debita distanza, fissandoci trucemente. La mi compaesana era talmente vicina, che i ricci rossi e soffici, mi solleticavano il braccio destro. Essendo il suo Alfa, si aspettava protezione da me...

Mi dispiace tantissimo, Gi...

La carnivora ed io, indossavamo dei semplici vestiti neri, aderenti al fisico per agevolarci nei movimenti e adatti all'imbracatura dei pugnali foderati dietro la schiena.

La neve, accumulatasi sul terreno umido, ormai era quasi del tutto sciolta...

«L'unico punto altamente sorvegliato, è la cella senza nome del carcere di massima sicurezza.» specificai. «Il leone dagli occhi blu si trova al suo interno. Il senatore fa visita al posto quasi ogni giorno...» la misi al corrente dei fatti. «Come ho enunciato ieri, tu sei l'unica in grado di passare all'interno dei condotti di ariazione e disattivare le telecamere di sicurezza assieme all'allarme, indisturbata.».

La nebbia mattutina era talmente fitta, da prendere quasi corpo e tagliare a fil di lama...

Gemma, alquanto cianotica in viso, deglutì la poca saliva accumulatasi in bocca, pronta a fare retromarcia. Cosa  impedita da Laila, alle sue spalle e sempre pronta a spintonarla nella direzione opposta.

«Vedi di muoverti, adesso conosci tutti i dettagli del perché ci servi, roditore...» scandì l'ultima parola con nota acida, insultando la mia amica.

Le rivolsi un'occhiataccia, invitandola ad essere più gentile con la nostra "prigioniera". Tenuta all'oscuro della missione suicida, finora, e costretta a collaborare con noi, Gemma meritava un minimo di riguardo.

La bella predatrice si limitò a schioccare la lingua, come se il gesto fosse stata una risposta più che eloquente. Distaccata e fredda quanto il ghiaccio, la pantera nera era ritornata il nemico da temere...

O forse lo era sempre stata...

Arrivammo a destinazione dopo una marcia impervia ai confini del bosco; la linea che separava la città Di Mezzo dalla periferia erbivora era poco sorvegliata la mattina. Puntai lo sguardo al di là del nostro rifugio di rami e foglie secche, ispezionando la zona. La sorveglianza era in gran fermento per il cambio turno dei soldati. Il numero era aumentato a causa dell'inizio della guerra. Gli accordi fra le fazioni erano caduti, spezzati da giorni e adesso, era solo questione di tempo prima che la battaglia prendesse piede.

Dovevamo agire in fretta e sperare che andasse tutto liscio...

Indussi Gemma a trasformarsi e la lasciai libera di agire mentre segnalavo a Laila di spostarci sul retro. Allo scorgere un'ultima codata del piccolo animale, agimmo.

Accovacciati in un angolo cieco della struttura, osservai le lancette dell'orologio. Quattro minuti e trentatre secondi dopo, i lampioni si spensero - il segnale attesa - e malgrado l'alba fosse sorta da poco, dentro sarebbe stato buio pesto.

Inspirai e abbassai le palpebre, alla ricerca della concentrazione.

Dieci minuti. La portata di azione per agire era di dieci minuti, altrimenti la luce del giorno avrebbe reso vani i nostri sforzi.

Aprii gli occhi, diedi il segnale alla notturna e facemmo irruzione, insieme.

***

Non trovammo ostacoli lungo il nostro percorso e le tenebre della prigione ci protessero dagli sguardi allarmati delle poche sentinelle all'interno, riuscendo ad aggirarle durante la loro confusione momentanea.

Gli allarmi non suonarono e noi due non emettemmo alcun suono. 

Orientarsi al buio fu facile, persino per me; aprire quella maledetta porta d'acciaio rinforzato, per niente. Gelida al tatto, si dimostrò irremovibile senza coerente elettrica.

Maledizione.

Impiegammo sei minuti per riuscire a smuoverla e due per spalancarla del tutto. Quando la luce si accese, meno di un secondo per guardarci dentro e trovare la cella blindata, vuota.

Seth Hunter... non c'era.

E adesso?!

E adesso?!

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Savage // Vol. 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora