Capitolo 14

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.14.

LAILA

Guidai per più di mezz'ora verso nord-ovest, addentrando l'auto - dotata di quattro ruote motrici - nel folto della vegetazione dormiente, fino a giungere al Nascondiglio

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Guidai per più di mezz'ora verso nord-ovest, addentrando l'auto - dotata di quattro ruote motrici - nel folto della vegetazione dormiente, fino a giungere al Nascondiglio. Una villa diroccata e abbandonata, fortificata all'occorrenza. Un luogo segreto al Consiglio degli Anziani quanto al Senato, dove avevamo trovato rifugio e proteggevamo Silene.

«Gemma, presto, chiama aiuto...» l'avvertii, prima di dedicare le mie preoccupazioni al ferito.

Helia, non essendo immobilizzato dalla cintura di sicurezza, durante il tragitto si era accasciato col capo sulla mia spalla e d'allora non si era più mosso.

Ti prego, ti prego, ti prego... Fa che non sia troppo tardi.

Il senso di colpa mi logorava la carne. Come avevo potuto lasciare che i miei pregiudizi offuscassero l'oggettività?!

Tastai frettolosamente la fronte, costatandone la temperatura effettiva. La superficie scottava al punto da poterci cucinare sopra un uovo. Gli presi il volto fra le mani e provai a ridestarlo con ogni mezzo possibile: lo scossi, lo schiaffeggiai e arrivai al punto di baciarlo, ma non accadde nulla. Le labbra di nettare, fin troppo cadaveriche e pallide, non ebbero alcun fremito. Persino il suo profumo era differente; l'odore ferroso e dolciastro del sangue cominciava a darmi alla testa.

Era tutta colpa mia...

L'urlo del roditore mi fece sussultare e riuscii a voltarmi appena in tempo nello scorgere la creaturina rossa, scappare dalle grinfie del Cobra.

Snudai i denti in un ringhio silenzioso mentre il mio sguardo si offuscava di nuove lacrime.

Dannazione.

Tornai a concentrarmi sul cervo. Avrei dovuto cavarmela senza l'aiuto di nessuno: «Helia, Helia... Mi dispiace. Parlami... Ti prego...» singhiozzai, scuotendolo ancora una volta. Il battito del suo cuore era lento e irregolare quanto il suo respiro. Affondai il viso sul suo torace e scoppiai in un pianto isterico.

Era andato tutto storto. L'ansia, le preoccupazioni, la pressione vitale e la mancata fiducia, avevano compromesso la missione di salvataggio, risultando fallacea e deludente.

Come me.

Avevo fallito come soldato, compagno di battaglie e alleato; disonorato la mia razza e la catena alimentare, ma soprattutto, avevo tradito Helia. Lui, che si era dimostrato tanto buono...

Alzai il capo, tirando su col naso, per scorgere il volto paonazzo del mio salvatore. Dovevo aiutarlo!

Aprii la portiera del passeggero con un calcio ben assestato - gli anfibi aiutavano molto in questo - e cercai di spingere fuori l'Alfa erbivoro. Il suo corpo, appesantito e rigido - per quanto fosse tonico e longilineo - era troppo possente per me, ma raccogliendo le energie rimaste, riuscii a trascinarlo sul terreno ghiacciato.

Savage // Vol. 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora