Capitolo 24

1K 85 10
                                    

.24.

LAILA

Quello che provavo, non l'avrei augurato a nessuno

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Quello che provavo, non l'avrei augurato a nessuno. Nemmeno al mio peggior nemico. Il nodo che stringeva la gola, il cuore spaccato in due e il ventre trafitto da dieci pugnali, erano sofferenze fisiche che sarei riuscita a tollerare, se non fosse stato per il dolore mentale che ne conseguiva. Le lacrime scorrevano lungo il mio viso senza che io riuscissi a fermarle mentre provavo a soffocare i singhiozzi che premevano in gola. Ad ogni passo malfermo, con cui avanzavo, la treccia oscillava e un po', anch'io avevo iniziato a barcollare. Dov'era Tristan quando si aveva bisogno di lui?!

Ripresa la forma bipede e indossato una divisa del nemico - rubata ad un cadavere - per mimetizzarmi alla bel meglio, vagavo per la struttura metallica in cerca degli altri due carnivori. Eppure, con la mente stazionavo ancora al fianco dell'Alfa diurno.

Lo avevo abbandonato. Mi aveva chiesto di farlo, di fidarmi... ed io l'avevo fatto; ma questo non mitigava tutto il resto. Il rimorso e il senso di colpa mi appesantivano l'anima. Persino i soldati scelti, killer al soldo del governo, ne possedevano una... E la mia era sempre più nera. Nera quanto la pelliccia stessa; imbrattata di sangue e morte. Se avessi avuto più criterio, certe colpe me le sarei risparmiate.

Il silenzio divenne assordante, mio vessatore. Dovevo essere capitata in un area deserta o poco vigilata. Non decifravo nemmeno dove fossi finita, disorientata.

Sconfortata e alla deriva, mi accasciai contro la parete liscia e specchiata, provando ad acquietare il magone che percuoteva le membra. Non sarei stata di nessuna utilità frignando, però... Io volevo Helia al mio fianco.

Mi guardai attorno, scorgendo diverse porte blindate, numerate e segnate, mentre i singhiozzi mi squassavano il petto. «Helia...» mi sfuggii, tribolata e affanata, tirando su col naso e scoppiando in un pianto isterico.

Helia... non morire, ti prego.

«Non riesco a credere ai miei occhi. Laila Blake sta davvero singhiozzando?».

Trattenni il respiro all'improvviso. Persino le lacrime stopparono la loro corsa verso il mento.

Non poteva essere lui.

Volsi il capo di scatto, alzando lo sguardo sulla fenditoia della porta blindata più vicina e lo vidi. Lo sguardo che credevo non avrei mai più rivisto.

Nathaniel.

Saltai in piedi, fiondandomi su quella piccola finestrella e sgranai gli occhi. Poco mi importava dell'aspetto mostruoso che avessi: gli occhi arrossati dal pianto e le ciocche sparate al vento; stentando a crederci. Era proprio lui. Dopo alcuni secondi interminabili, scoppiai a piangere di nuovo, mentre Nath provava a consolarmi. «Credevamo che fossi morto...» singhiozzai ancora. Non mi riconoscevo più. Ero sconvolta e volevo solo che piangere e disperarmi. Addestrata ad ogni eventualità, per sopravvivere a situazioni estreme, ma a tutto c'era un limite. Noi compresi.

«Cosa è successo?! Osserva, sono vivo! Non sono morto realmente...!» sottolineò l'evidenza.

«Tu no, ma forse Helia sì!» continuai il mio piagnisteo, inarrestabile.

«Chi diavolo è Helia?!».

Che situazione assurda.

Ad un tratto, un boato metallico interruppe la nostra conversazione e in lontananza udimmo un eco lontano di scalpiccii e marcia veloce. Chiunque fossero, erano in molti e non “amichevoli”.

«Lala, panterona mia, ti prego, calmati. Non è questo il momento adatto per dimostrarmi quanto tu sia in realtà femminile!» ironizzò l'orso polare con una certa premura.

Tirai su col naso e cancellai le lacrime col dorso della mancina: «Allora trasformati. Ho bisogno di te, qui fuori.» lo avvertii, ritornando in posizione d'attacco. La muscolatura delle spalle mi doleva per la tensione dei nervi e la testa mi pulsava; avevo bisogno di aiuto.

Helia...

«Se avessi potuto, l'avrei già fatto!» obbiettò.

Che intendeva? Da quando per uno come lui era un problema evadere?! Nessuno ingabbiava un orso polare. Tantomeno una cella con muri sottili. Gli rivolsi uno sguardo scettico, invogliandolo ad essere più esaustivo.

«Non posso uscire da qua... perché non posso più trasmutarmi. Ho perso il Dono, la capacità di assumere sembianze animali da quando hanno iniziato ad usarmi come cavia da laboratorio.». Emise un sospiro - almeno ne ascoltai uno - e quando riprese la parola, mi ritrovai accerchiata da una ventina di volpi e orsi bruni, corazzati.

Dannazione!

«Ancora non l'hai capito, Laila? Questo è un centro top secret di sperimentazione genetica. Questo è Savage, il cuore della Glomera

*Angolino dell'Autrice*

Boom!

-2

Savage // Vol. 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora