Capitolo 33 - Nuovi compagni e vecchi rivali

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«Dev'essere qui» affermò Cil, dopo che avevamo pedalato per un paio d'ore, osservando che la freccia diveniva sempre più corta. Passavamo in quel momento tra due isolotti minori, per giungere alla meta indicata.

«Una bizzarra bussola,» commentò il Capitano Barbin, che impartiva la rotta al Sacro Depalò per mezzo di una sbarra, «mai veduta una simile. Che punto punta?»

In un primo momento fummo tutti restii a rivelare la verità, e ci tenemmo sul vago, accennando ad un qualche tesoro. Ma Barbin c'incalzò con molte altre domande, piuttosto precise, sicché, un po' perché ci ispirava fiducia, un po' per ammazzare la noia del viaggio, gli rivelammo degli Artefatti e gli narrammo alcune delle nostre disavventure.

«Una storia molto entusiasmante,» fece lui, «ma non credo che stiate correndo questi rischi per la sola smania di gloria: c'è una ricompensa per chi trovi questo Artefatto Supremo, giusto?»

Inizialmente nessuno di noi parlò, poi Bastonazz, che non riusciva più di tanto a reggere quel silenzio, annuì debolmente.

«Be', ecco...» riprese il Capitano, «in effetti non è che io navighi proprio nell'oro... ho perso pure la mia nave... un po' di danaro non farebbe danno neppure a me...»

«State proponendo di unirvi alla gloriosa Compagnia di Cil l'Alchimista?» gli domandò Cil stesso, «E cosa avete da offrire?»

«Be'...» rispose quello, «vi ho già dato un passaggio fin qui, no? E poi non sono un pessimo guerriero, ed ho inteso dal vostro racconto che dovrete ancora affrontare molti pericoli...»

«Il Capitano qui è un po' svitato, ma non mi pare malaccio» sostenne Bastonazz, che era favorevole al suo ingresso nella nostra Compagnia.

«Beno, tu cosa ne pensi?» mi interpellò Cil.

Domandai allora a Barbin che ricompensa chiedesse e, dopo alcune trattative, raggiungemmo un accordo per la cifra di cinquemila Grossi, a condizione che avessimo ricevuto la ricompensa per l'Artefatto Supremo. Nonostante sfiderei chiunque a ritenere questa cifra poco considerevole, Bastonazz mi rimproverò poi d'aver ingannato il Capitano, poiché, a suo parere, il danaro da me offerto equivaleva a meno di un trentesimo della ricompensa promessa dall'Arte degli Alchimisti; ma egli si diverte a presentarmi come uno spilorcio e, pur avendo l'animo gentile, non è molto ferrato nei conti e tralascia sempre di considerare numerose questioni.

Ad ogni modo, con la mia approvazione il Capitano Barbin entrò a far parte della nostra Compagnia, proprio nel momento in cui il Sacro Depalò toccò le coste dell'isola ove si sarebbe potuto nascondere l'Artefatto Supremo.

Per fortuna, non dovemmo vagare molto. Il Puntafatti ci indicò una spiaggia sassosa, ove scorgemmo il relitto d'una gran nave tonda, d'epoche antiche, per metà reclinato nelle acque e con le assi dello scafo tutte marce. Se già il congegno non fosse bastato a suggerirci che l'Artefatto si trovava là dentro, i brandelli d'una spessa bandiera ce ne diedero conferma. Essi sventolavano ancora dall'albero maestro, e, a guardar meglio, recavano sbiadito un emblema:

 Essi sventolavano ancora dall'albero maestro, e, a guardar meglio, recavano sbiadito un emblema:

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