Capitolo 22 - Gli amanti

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Rimessici in cammino, apprendemmo durante i primi giorni il funzionamento del meraviglioso Puntafatti: esso era dotato di una freccia, ancorata ad un perno, la quale non solo girava indicando la direzione dell'Artefatto Superiore, ma, essendo dapprincipio lunga circa una spanna, andava accorciandosi man mano che ci si avvicinava alla meta, consentendo di comprendere quando si fosse effettivamente arrivati in prossimità del divino oggetto. Creazione mirabile, non riuscivo a smettere di pensare, figlia di genio e sapienza.

Una soleggiata frescura rendeva leggeri i nostri passi, quando la freccia si fece così corta che avemmo ragione di credere d'essere giunti molto vicini al primo Artefatto Superiore.

«Non siamo già passati da queste parti? Il profilo delle montagne, laggiù, non mi è del tutto nuovo» disse Bastonazz, soffiandosi il naso con le dita.

«Non t'inganni, ragazzo.» gli rispose Cil, «Quella è Gryggdrandrangrygga, la foresta dai mille incantamenti. Ma mi pare che il Puntafatti indichi quelle radure a meridione, che segnano il confine ultimo del Principato di Gundicara.»

Procedemmo dunque ancora per un paio d'ore, finché si parò davanti a noi un declivio non troppo pronunciato. Al fondo di esso, udimmo delle voci, e ce ne restammo a guardare dall'alto, in mezzo agli arbusti. Scorgemmo una giovane dai capelli rossi, senza calzature e vestita di stracci strappati, tutta sporca di fango e piena di graffi sulle caviglie, circondata da tre soldati, i quali insolitamente indossavano sopra alla corazza una cappa bianca, foderata di pelliccia.

«Guai a te, empia! Già da molto siamo a conoscenza del tuo adulterio, e delle turpi celebrazioni alle quali prendi parte nella notte, adorando i demoni!» gridava uno degli uomini, che per il maggior pregio della veste doveva essere il Capitano.

«Non ho fatto nulla di male!» rispose in lacrime la fanciulla, guardandosi intorno a cercare una via di fuga, che non c'era.

«Oh per tutti gli Dei!» disse Cil, «Quelli sono membri del Sacro Collegio del Solletico!»

«E che sarebbe?» domandò Bastonazz.

«Un particolare Ordine di Predicanti,» spiegò Cil, «che combatte con la violenza e la tortura ciò ch'è contrario alla propria morale.»

«Sono loro a custodire l'Artefatto Superiore, dunque?» chiesi all'Alchimista.

«È difficile dirlo... da qui non si capisce bene chi o cosa indichi il Puntafatti... spostiamoci un po', dove il pendio va discendendo» rispose Cil.

«Consegnati, strega!» gridò il Capitano, avanzando ancora verso la giovine, la quale aveva ormai data per persa ogni opportunità, mentre noi ci avvicinavamo senza che essi, presi dalle loro faccende, ci notassero.

«Volete forse uccidermi?» domandò la fanciulla col viso sconvolto, «E cosa direte dopo a mio marito? Pensate che non vi chiederà conto di questo? O forse è stato proprio lui a darvi quest'ordine, tanto poco tiene alla mia vita, amando solo le terre che gli portai in dote!»

Donde eravamo in quel momento, i tre soldati risultavano ora tutti in fila, sulla sinistra; la giovane invece, sospinta verso i piedi della salita, strisciava in mezzo all'erba, senza riuscire a rialzarsi, sulla destra.

«Guardate,» sussurrò Cil meravigliato, mostrandoci la freccia del Puntafatti, «ora indica chiaramente la destra: quindi non sono i soldati a possedere l'Artefatto Superiore: è la donzella.»

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