Capitolo 5 - Il gigante

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Ci radunammo intorno al fuoco, nella notte nerissima, in mezzo a lande brulle e silenziose, ove si potevano udire con chiarezza suoni anche molto distanti, e lo zampillio d'ogni lapillo.

«Domani» disse Cil, mentre una lepre cacciata da Bastonazz arrostiva sullo spiedo, «dovremo preparare le nostre armi. Voi, che sapete tirare di spada, farete un po' d'addestramento, io selezionerò dalla mia sacca veleni e sonniferi: stiamo per addentrarci nelle terre del gigante Fucuccèla. Pensate che da più di cento anni nessuno osa mettervi piede, tanto efferato è il mostro che le abita. Alto più di dieci cubiti, egli scruta con un unico occhio, piazzato in mezzo alla fronte, le distese che circondano la sua dimora. La sua vista eccezionale fende ogni nascondiglio e scova gli invasori solo dal tremolio delle loro ombre sul terreno; la sua crudeltà è tale che egli ha divorato anche i propri figli per nutrirsi di carne morbida, e brama da sempre fare strage di fanciulli e sgranocchiarne le ossa.»

«Ma non possiamo prendere un'altra strada?» chiese Bastonazz annoiato.

«Forse non hai capito: noi non dovremo solo attraversare le sue terre, che sarebbe già impresa degna di un eroe. Noi dobbiamo recarci alla sua dimora, che sarà, temo, un imponente castello o una torre inespugnabile, e rubare il suo Artefatto.»

«Lo immaginavo,» ammisi, tirando un'ampia boccata dalla pipa, «sai che questa avventura si sta rivelando molto più pericolosa di come me l'avevi presentata, no? Questo potrebbe comportare un costo maggiore.»

«Ah, Beno mio, come sei pesante! I soldi non ti mancheranno: sono convinto che, se nessuno consegnerà l'Artefatto Supremo a breve, il premio aumenterà.»

«Che oggetto possiede il gigante Fucuccèla?» chiese Bastonazz.

«Gli Stivali d'Argento, sacri al Dio delle Strade e dei Venti.» spiegò Cil, «Questi meravigliosi Stivali, prodotti dalla maestria dei Signori del mondo, si adattano ad ogni piede, e il gigante li custodisce avidamente, considerandoli un proprio trofeo. Fucuccèla se ne impadronì infatti in una tremenda battaglia, facendo a pezzi il Paladino di Farloc, che si narra fosse invincibile nella sua armatura scintillante, mentre stava tentando di porre fine al dominio di terrore del gigante.»

«E come potremmo sconfiggerlo noi, se neanche un simile guerriero ce l'ha fatta?» domandai, immaginando il mio corpo maciullato e ridotto a brandelli.

«Useremo la strategia, e l'astuzia. Si sa che i guerrieri hanno nobile l'animo, e smisurato il coraggio, pertanto si gettano spesso in contese e duelli puntando solo sulla propria forza. Noi cercheremo di ingannare il gigante, magari di addormentarlo con un filtro, e poi ci daremo alla fuga. Del resto, la nobiltà d'animo e i grandi valori cavallereschi non si addicono più ai nostri tempi.»

Dormimmo dunque con la testa piena di angosciosi pensieri, cercando di figurarci, da quella descrizione, i punti deboli del gigante, se pure ne avesse alcuno. L'indomani Bastonazz venne a svegliarmi di buon mattino, e mi costrinse a dar seguito all'allenamento che Cil aveva consigliato, più per la sua voglia di menar le mani che per dar retta all'Alchimista.

Dopo aver sgranchito le ginocchia e i polsi, misi mano alla mia spada e affrontai Bastonazz, che, pur essendo alto e robusto, non mi intimidiva. Ho affrontato molti nemici nella mia gioventù, e pochi mi hanno tenuto testa; nessuno mi ha vinto. Non sto dunque a raccontarvi come andò, ma molti possono immaginarlo. Il ragazzo colpiva gagliardamente, con la sfrontatezza che è propria d'un giovane, ma io avevo dalla mia l'esperienza dei vecchi, che insegna la pazienza, la lungimiranza e l'equilibrio. Se vi capitasse di incontrare Bastonazz, egli vi direbbe di avermi mandato a terra più volte e di avermi sconfitto, ma diffidate di lui: egli vi racconterebbe queste cose per farsi grosso e far colpo su qualche donzella. Voi fingete di crederci, per fargli piacere, pur conoscendo il vero: del resto fu un bravo compagno nelle nostre avventure.

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