Capitolo 2 - Il Re Pescatore

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«Ci siamo quasi,» disse Cil, «oltre quella collinetta inizia la Landa Guasta.»

«Non dà l'idea di un bel posto» commentò Bastonazz, grattandosi con insistenza la nuca.

«Visto che siamo quasi arrivati, riposiamoci un attimo» proposi, e la mia idea fu accolta con piacere, soprattutto da Bastonazz. Le mie gambe erano stanche, e la schiena pure.

Sedemmo dunque a rifocillarci con pane e cipolla, e dopo il pasto potei godermi la mia amata pipa su quell'erba baciata da un sole bianchissimo. Cil, che aveva come al solito gran fretta di ripartire, dovette attendere Bastonazz ch'era andato ad espletare i suoi bisogni tra i cespugli. Quand'egli fu di ritorno, riprendemmo le nostre vettovaglie e discendemmo il colle sull'altro versante.

Con mio grande stupore, i territori di là da quello erano estremamente brulli e spogli, l'aria completamente diversa, fetida e fumosa, gli arbusti rinsecchiti.

«Una maledizione antica grava su questi luoghi» spiegò l'Alchimista, «perciò qui non cresce vegetazione, e tutto diviene malsano e deforme.»

Notai infatti che pure la terra sotto i nostri piedi era rigata e disposta in strane curve, come non avevo mai visto prima; i rami erano torti, le nubi del cielo avevano un aspetto minaccioso e richiamavano le fattezze di grandi mostri.

«Dove troveremo l'Artefatto in questo deserto? Mi sembra che non ci siano esseri viventi, né rifugi, per molte miglia» commentai.

«Secondo i miei studi» affermò Cil, «l'Artefatto è in possesso di colui che governa questa landa, il Re Pescatore. La fortezza in cui egli vive dovrebbe trovarsi nei pressi del fiume Magento, dove questi, appunto, pesca.»

«E sai già di che oggetto si tratti?» domandai.

«Molti sapienti dicono che il Re possegga una coppa divina, ma io sono di un altro avviso. Credo che si tratti del suo Anello regale, e che questo sia in verità il leggendario Anello degli gnefri. Gli gnefri forgiarono il potente Artefatto in combutta con gli Dei nelle ere remote. Si dice che esso non possa esser fuso nemmeno dalla fiamma di cento fornaci e consenta di dominare la magia nera e di leggere e controllare il pensiero.»

«Un potere stupefacente!» esclamai.

«Non mi sorprenderei infatti che l'Anello sia l'Artefatto Supremo. La maledizione che rende sterile questa terra è collegata all'uso prolungato dei suoi poteri nefandi, ci scommetto.»

«Questo spiega tutto» dissi.

«Vedi, Beno?» concluse l'Alchimista, «Fidatevi di me, non ho compiuto anni di studio invano. L'Artefatto Supremo sarà nostro, prima di quanto crediate!»

Procedemmo dunque per alcune ore per quella spoglia distesa, finché non trovammo il letto d'un fiume, ormai completamente inaridito.

«Questo doveva essere il Magento,» affermò Cil, «scendiamo dunque più a valle, dove costruirebbe la sua dimora, per logica, uno che intenda pescare proprio davanti ad esso.»

Camminammo dunque verso la foce dell'antico corso d'acqua, ma, quando già calava la sera, nessuna fortezza era apparsa ai nostri occhi. Trovammo solo una baracca con un vecchio fuori che dormiva.

«È questo il posto?» chiese Bastonazz spazientito, «Io ho una gran fame e sono stufo di camminare.»

«Non credo proprio,» gli rispose Cil, «sentiamo questo brav'uomo se ne sa qualcosa.»

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