2: Case bianche◽

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I profili dei migliori studenti del paese sono segnati on-line, pubblicati in un sito sponsorizzato dalla nazione stessa. Per motivi di privacy, non hanno inserito i numeri di telefono dei presenti nel sito, ma ci sono i recapiti postali degli stessi: è bastato intrufolarmi in casa di Light dicendo a sua madre di essere un suo vecchio amico. Dopodiché, sentendo che non era a casa, mi sono fatto lasciare il suo numero di telefono, andando verso una direzione casuale diversa da quella che porta a casa mia. Mi è bastato scrivergli per ottenere quell'incontro con lui.
Ovviamente mi sono presentato sia a casa sua che in biblioteca con coperture per il viso: dal trucco ai più piccoli accessori. Ho cambiato accenti, ho finto personalità che non mi appartengono. Se Light mi riconoscesse, probabilmente mi impedirebbe di seguirlo.

Citofono alla portinaia del condominio e questa apre senza nemmeno preoccuparsi di chi possa trovarsi fuori.
Apro la porta in vetro, richiudendola dietro di me. Giro velocemente lo sguardo, ma di Light nemmeno l'ombra. Fortunatamente non mi ha seguito, ma per essere prudente prendo l'ascensore e seleziono un piano diverso dal mio.
Prendo all'angolo dell'ascensore un rotolo di scotch nero, che lascio ogni giorno lì nel caso debba fuggire da Light e, con velocità, copro la telecamera dell'ascensore. Mi tolgo la parrucca, le lenti a contatto e la benda, appallottolandola. Si aprono le porte dell'ascensore, getto la benda nella fessura che separa il pavimento del corridoio al pavimento dell'ascensore.
Una volta sceso al quarto piano, faccio le scale fino al secondo, piano dove abito. Sorpasso di nuovo l'ascensore, proseguo per due porte consecutive e alla terza uso le chiavi.
Una volta a casa, mi affaccio brevemente sulla strada, cercando con gli occhi Light. È come se fossi costantemente seguito: l'ho costretto a seguirmi, non è fantastico?
Prendo le tende e le giro con il mio corpo, ormai i miei occhi sono chiusi, essere di fronte alla finestra è inutile.

Struscio la tenda tra le mie gambe, il mio respiro si appesantisce.
«L-Light...» la mano si fa più rapida, i miei respiri traslano in gemiti sconnessi che soffoco appena mi mordo le labbra, facendole scoppiare in sangue.
Mi allontano dal tendaggio e torno a chiudere di nuovo la finestra, tagliando alla luce ogni possibilità di illuminare il mio appartamento.
Copro la mia bocca con la mano sinistra, con la destra mi afferro il capo. Che cosa sto facendo? Lunghe lacrime mi rigano il viso. Come sono finito così? Sono impazzito completamente. Per scappare dai miei traumi ho iniziato a spiare una persona senza che questa se ne accorgesse, cambiando identità più volte. Come se non bastasse, mi stavo toccando sul suo pensiero.
Le prime parole che gli ho rivolto sono state dette per costringerlo a seguirmi, a farmi cercare, senza nemmeno la certezza che fosse lui Kira.
Certo, ha reagito in modo sospetto, ma d'altronde, chi non sarebbe sobbalzato all'accusa di essere Kira? Se fosse rimasto fermo a metabolizzare, pacato, docile come un cane addestrato, sarebbe stato ancora più sospetto. E se avesse finto? Lo ha fatto per tutta la partita, aspettando che rompessi il silenzio pieno di sportività. Lui detesta perdere, ma si è arreso volontariamente. Un attore nato. Non starò davvero sospettando di Light, vero?

Ma lui è Kira. Deve esserlo. Posso mettere il mio cuore in primo piano e sperare che lui non lo sia, ma in effetti, recita o meno, ha reagito alle mie parole, al punto di farci cacciare fuori. Potrebbe averlo fatto nella speranza che la dirigente della biblioteca mi facesse abbassare la benda, forse voleva cogliermi di sorpresa e toglierla.
Mi sposto verso la mia scacchiera. Legno pregiatissimo, levigato e lavorato da esperti artigiani tra le Alpi italiane, giunto a me grazie al preside delle superiori che ho frequentato. Una sigla recita un nome: "Watari". Sistemo sulle case bianche e nere le pedine, posizionandomi dalla parte dei bianchi. Ogni volta che inizio una partita di scacchi, sia da solo che in compagnia, entro come in un mondo nuovo. È una distesa immensa a grandi blocchi chiari e scuri in cui mi muovo liberamente: è un campo di guerra dove giacciono i corpi di coloro che sono morti per mano delle mie pedine. Sulla mia testa grava pesante la corona del Re, con una croce di zaffiri che svetta scintillante fino al cielo.
Sposto in avanti un pedone bianco, presso sul labbro inferiore un fazzoletto tamponando e tirando via il sangue di prima. Ho sempre le labbra screpolate, bevo poco e non le inumidisco. Ogni volta che sfioro anche solo il labbro con il mio dito, rischio di togliere la pelle e farmi male.
Sposto il pedone nero di fronte a quello bianco.
Ci dev'essere un modo per decodificare Light: riesce a mettermi in una posizione di grande confusione. Non mi piace vacillare nel buio -metaforico s'intenda-. Sul tavolo da gioco dove si trova la grande scacchiera si trovano delle piccole lucine incavate nel tavolo stesso, che emettono una luce blu calda e soffusa. «Light non è a casa in questo momento, scusami Tadashi
Così mi ha detto la signora Yagami, mentre le chiedevo di suo figlio. Nemmeno lei sapeva dove fosse andato, così per i giorni successivi, prima di invitarlo alla partita a scacchi, ho monitorato la zona di casa sua. So che è sbagliato, mi scoppia la testa a pensarci, eppure non riesco a smettere, sono sbagliato.
Un pedone bianco spinge via uno nero.
In una settimana di monitoraggio, è tornato a casa solo due giorni, il martedì e il giovedì: entrambe le volte, è tornato con suo padre da due differenti vie ma entrambe verso l'est di Tokyo, dalle otto del mattino alle quattro del pomeriggio. L'orario di arrivo e di ritorno sono variati tra i due giorni. Geograficamente, questo indica che potrebbe essere passato per il centro.
Una pedina nera mangia una bianca, una bianca risponde mangiandone un'altra nera e il cavallo nero mangia quest'ultima assassina.
Se così fosse -mi affido al fatto che il centro di Tokyo è l'attrazione più vicina alla casa di Light- allora deve avere un posto lì dove passare numerose notti oppure un luogo da lì facilmente raggiungibile.
«Ancora non ha risposto? Passa così poco tempo qua ormai. È dall'apertura del nuovo grattacielo in centro città che lui non si fa più vedere.»
Se lui fosse veramente andato in centro, forse la data dell'apertura del nuovo grattacielo non è solo un'informazione temporale indicativa, forse potrebbe rivelarsi un indizio piuttosto utile.
Muovo la torre fino a mangiare il cavallo nero. Ormai ho mosso tutte le pedine eccetto i due re.
Afferro il telecomando del televisore e lo accendo, sbattendo le palpebre colpito dalla luce.

⛧𝕭𝖑𝖔𝖔𝖉𝖞 𝕻𝖊𝖓↬𝐿𝑖𝑔𝒉𝑡 𝑌𝑎𝑔𝑎𝑚𝑖♚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora