4: Torri bianche ♖

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Ci sono esattamente sessanta punti d'interesse perfetti per osservare quella che penso sia la base della task force anti-kira. In linea con le informazioni su questo luogo, che sono riservate e date apposta per essere vaghe, è difficile notare i suoi dettagli dal vivo, proprio perché all'apparenza non sembra esserci alcuna anomalia o guardia a protezione del posto.
I sessanta punti, sparsi per la zona in altre strutture o nascosti in luoghi precisi della piazza pubblica, sono stati tutti dotati di telecamere da Minako, che puntigliosamente chiama ogni giorno in pausa pranzo per chiedere informazioni.

«Ancora nulla?» domanda lui, mentre osservo dai computer la situazione. I video sono in diretta reale e le prime sessanta ore di questi sono salvati nella memoria Cloud del mio computer, ovviamente protetta dal sistema di sicurezza all'avanguardia che ho avuto l'occasione di progettare come compito scolastico per l'ultimo test di informatica che ho tenuto l'anno scorso. Sono necessarie quattro password principali per disattivare il sistema e una per aprire la memoria. Tre password sono parole che solo io, An e Minako conosciamo: le abbiamo decise da soli e non le abbiamo condivise tra noi. Minako aggiunge la sua password in remoto, An e io invece facciamo tutto nel bar. L'ultima parola è stata decisa automaticamente dal PC del bar, che la immette automaticamente senza che noi siamo a conoscenza di questa. L'idea di una parola generata dall'intelligenza artificiale e contenuta da essa esclusivamente è stata di An, che a suo dire è: «L'idea più sicura se fatta sul computer di questo posto. Dentro ci sono i sistemi che usano i mafiosi, sono a prova di hacker.»
Stringo il telefono, la pazienza inizia a vacillare: «Sono ormai dieci giorni e dieci notti che sto guardando questi schermi. Non torno a casa e nemmeno dormo nell'appartamento di An qui sopra al bar. Giocare a scacchi non aiuta, non si vede mai nulla di sospetto. Sono sicuro che dentro alla torre ci siano degli alloggi, è l'unica spiegazione logica.»
Dopo che Minako riflette in silenzio sulla mia teoria, mi saluta a causa di un impegno lavorativo.
Getto sul tavolo il telefono, An da dietro il bancone sobbalza. Le lanterne sono le uniche fonti di luce, perché ho richiesto che tutte le finestre venissero oscurate. An trangugia un po' di vino da un calice d'oro, che dalla lucentezza sembra piuttosto autentico. Deve essere ricco: sua madre lavorava per la mafia, d'altronde il ponte tra criminalità cinese e giapponese non poteva che essere, oltre che fastidioso, molto pagato. Senza volerlo sua madre deve avere centrato il lavoro che sosterrebbe una famiglia per decenni. Eppure, io stesso non so se definirla una benedizione o una maledizione: per soldi metti a rischio lo stesso figlio che vuoi mantenere. Senza contare che rischi la tua stessa vita. Però dev'essere un brivido sensazionale, qualcosa di fantastico proteggere qualcuno con il rischio di farlo morire. Quanto saremmo disposti a dare per il nostro ideale di giustizia, per sopravvivere e salvare chi amiamo?

«Continuo a pensare una cosa, Kyou.»
«Dimmi, An.» apro la bottiglia d'acqua che mi ha passato An questa mattina, appena ci siamo incontrati.
«Se qualcuno volesse entrare o uscire da questa torre, dovrebbe per forza farlo quando nessuno può notarlo.»
Bevo dell'acqua, lo guardo con la coda dell'occhio. Viene verso di me, i suoi capelli ondeggiano a causa del ventilatore che fa scorrere l'aria ora che le finestre non lo permettono.
«Quindi sarebbe più ovvio se questo avvenisse di notte. Oppure, quando la piazza sotto l'edificio è vuota.»
Scuoto la testa.
«Possiamo aspettare che cali la notte, ma svuotare una intera piazza?»
Alza la mano vertiginosamente, una velocità spaventosa. Stringe tra le dita un ago di metallo, che riflette la luce delle lanterne.
«Ho bagnato la punta di questo ago con del veleno: un colpo sulla carotide e in pochi minuti il veleno paralizzerà l'uomo. Scoppierà il caos, certo, la piazza non si svuoterà, ma buona parte andrà verso il luogo dell'incidente. A quel punto, chi assiste all'uscita della squadra speciale contro Kira dovrebbe essere insignificante e per tanto non un rischio per la loro copertura.»
Cade l'ultima goccia d'acqua sulla mia lingua, ho il volto rivolto verso il soffitto. E io che pensavo fossi il più malato e instabile tra i due.
«Vuoi avvelenare un uomo?»
«Esatto. È un veleno che non richiede un antidoto, perde la sua efficacia con il tempo. Un lungo lasso di tempo. Questo ago ora è inutilizzabile, ma se colpiamo entro le prime dieci ore da quando l'ago è stato immerso nel veleno, possiamo farlo funzionare senza problemi.»
«An, come intendi fare? Non puoi certamente avvicinarti alla carotide di una persona a caso. Inoltre, basta che quella persona si ricordi di noi per costringerci a chiudere il caso.»
An sorride, nei suoi occhi brilla il rosso.
«Bisogna rischiare e abbandonare le catene della nostra lucidità per vivere al meglio e ottenere ciò che si vuole, non è così Akakami?»
Il suo sorriso malsano mi spaventa, sussulto. Afferro l'ago.
«Sono io l'uomo dai mille volti. Devo essere io ad agire.»
An inizia a ridere. Ormai Minako è l'ultima scialuppa sana in questo molo di pazzi.

⛧𝕭𝖑𝖔𝖔𝖉𝖞 𝕻𝖊𝖓↬𝐿𝑖𝑔𝒉𝑡 𝑌𝑎𝑔𝑎𝑚𝑖♚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora