Capitolo 33

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Inizio dicendo che non so se ci siano Directioner tra le mie lettrici ma se ci sono, ho letto di Zayn. Non sono fan dei ragazzi ma mi piace molto la loro musica e li trovo ragazzi davvero fantastici. Immagino quello che state passando e sappiate che vi sono vicina, ho passato una cosa molto simile anche io. Fatevi forza, questo capitolo è tutto per voi. Un bacio ♡
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Il suono di una dolce voce mi spinse ad aprire gli occhi.
Davanti a me c'era mia madre, con il viso pallido e gli occhi arrossati. Ero in un ospedale.
-Oh Dio, il bambino- furono le prime cose che dissi con la voce roca e velata dallo spavento una volta capita la situazione.
-Il bambino sta bene piccola, non preoccuparti- disse lei accarezzandomi la guancia.
Mi strofinai gli occhi stordita dalla luce a neon.
-C-che cosa è successo?-
-Ti sei sentita male e...-
-Signorina Brown, lieto di vederla sveglia- disse un uomo biondo con un camice bianco entrando dalla porta. -Sono il dottor Bells- disse venendomi vicino e sorridendomi. Poteva avere l'età di mia madre, forse poco più giovane.
-Che ci faccio qui?- chiesi innervosita.
-Si è sentita male, causa: stress. Signorina Brown, lei è in dolce attesa...-
-Questo l'avevo già notato- risposi. Lui sorrise.
-Dicevo, lei è in dolce attesa, deve stare a riposo e non essere a contatto con brutte notizie, ansia e stress.-
-Mi...mi sono solo innervosita un po'- mi giustificai.
-Si ma questo ha causato un problema come avrà notato. La prego signorina Brown, stia a riposo, non si preoccupi e stia calma. Lo faccia per il suo bambino-.
Annuii sconfitta e lui facendo un segno con la testa a mia madre, uscì elegantemente dalla mia camera.
-Come ho fatto ad arrivare qui? Ricordo di essermi sentita male, aver parlato al telefono con qualcuno e aver perso i sensi. Come ci sono arrivata in ospedale?-
-Ti ci ha portato lui- disse mia madre guardando il divanetto viola alle mie spalle. Li giaceva il greco, perso nel sonno e con in mano il cellulare. -Non so in che modo ti abbia trovata. So solo che una volta giunti in ospedale ha preso il tuo telefono e mi ha telefonata. Io, tuo padre e tua zia siamo venuti qui immediatamente.-
-Come ha fatto ad entrare in casa?-
-Non lo so tesoro, dovremmo chiederlo a lui. Non si è mai voluto spostare da qui-
Sorrisi debolmente e lo vidi lamentarsi nel sonno...si stava svegliando.
-Bene penso sia il caso di togliere il disturbo. Sono fuori, qualsiasi cosa succeda, chiamami- annuii e lei uscì.
La porta si chiuse e lui aprì gli occhi.
Si alzò immediatamente e mi guardò. Sorrise nel vedermi sveglia.
-Ciao-
-Ciao-
-Ti sei svegliata...-
-Anche tu!-
Rise e venne accanto al mio letto.
Mi fissò. -Come hai fatto a trovarmi?-
Sospirò. -Ti avevo chiamata per chiederti di fare un giro. Mi hai risposto con dei lamenti e chiedendo aiuto. Sono corso a casa tua e una volta giunto davanti alla porta mi sono maledetto da solo per non aver pensato al modo di entrare- disse ironico facendomi sorridere.
-Ho notato la chiave dietro alla pianta, dovreste nascondere meglio le cose. Sono entrato e ti ho trovata priva di sensi per terra, con in mano il cellulare, accanto al divano e con le lacrime agli occhi. -
-Il dottore ha detto che è...-
-Stress! Si lo so. L'ha detto anche a me, scambiandomi per il padre del bambino!-
-Hai chiarito?-
-No, gliel'ho lasciato credere-
-Cosa?- strabuzzai gli occhi.
-I tuoi non c'erano ancora e se non stavamo insieme o non eravamo parenti non mi lasciavano entrare in camera. Non volevo lasciarti da sola-
-Oh...ok. È stato...gentile da parte tua.-
Mi sorrise.
Sentimmo un gran frastuono e delle grida fuori dalla camera.
Entrò un'infermiera.
-Scusi signorina Brown, c'è qui suo fratello.-
-Mio...fratello?- chiesi confusa.
-Si, lo lascio entrare?-
-Va bene...-
Io e il mio amico ci guardammo e aspettammo.
Ad entrare fu Noah che frustrato si aggiustò la giacca e ci fissò. Chiuse gli occhi a fessura e chiuse la porta.
-Ho detto di essere il padre del bambino ma non mi volevano far entrare. Dicevano che il padre era già in camera.- disse squadrando il greco. -Mi spieghi perché ho dovuto dire di essere tuo fratello per farmi entrare?- mi chiese incenerendomi con il suo sguardo rabbioso. Ah, ora ero io in torto?
Fu il greco a prendere parola.
-Ehi amico, calmati-
-Io non sono tuo amico- ringhiò. -Io sono il suo...i-il padre del bambino. Sono io, non tu!-
-Lo so. Dio me lo sarei ricordato se l'avessi messa incinta- rise beccandosi una nostra occhiataccia.
-E perché...-
-Perché mentre tu ti divertivi con la tua fidanzatina io ero con lei. L'ho portata qui e mi sono finto il suo ragazzo per restare a controllare che tutto andasse per il meglio. Io non sono il suo ragazzo ne tanto meno il padre del bambino, ma io c'ero a differenza di qualcun altro. - concluse e uscì dalla stanza, sorridendomi rassicurante prima di chiudere definitivamente la porta.
Noah mi guardò.
-Lusy...io...-
-Dov'eri? - chiesi tagliente. -Mi sono sentita male, ti ho chiamato e tu non mi hai risposto. Dov'eri?-
-Ero fuori con Cèleste...-
-Certamente- risi ironicamente. -Non dico che tu e la tua pulzella non dobbiate uscire a divertirvi. Dico solo che tu devi avere la decenza di portarti dietro quel cavolo di telefonino. Sopratutto se nemmeno 24 ore prima dell'accaduto mi hai giurato che ci saresti stato per me e per il bambino. -
-Ma è cosi, Lusy! È così! Ma in quel momento ero in bagno e non ho sentito il telefono-
-Oh, non venirmi a raccontare frottole. Io ti ho chiamato e tu non mi hai risposto, ti ho richiamato e tu hai attaccato!-
-Cosa?-
-Come, cosa? Mi hai bloccato la chiamata. L'hai rifiutata! Cosa non capisci? -
-No Lusy è impossibile...-
-Vuoi vedere le telefonate dato che non mi credi?-
-No, non sto dicendo questo.- disse con uno sguardo confuso. Inprovvisamente si illuminò. -Io...non avevo il cellulare-
-Che stai dicendo Noah?-
-Io non ce l'avevo. Ero andato in bagno e avevo lasciato tutte le mie cose nella sala del ristorante. -
-E chi...-
-Cèleste- concluse. -Stava frugando nel mio giubbotto al mio ritorno. Mi ha detto che cercava un fazzoletto, deve aver preso il telefono...-
-Oh, fantastico. Beh dato che ti fai manovrare come un burattino, ti chiedo di dire alla tua donna che non chiamavo per chiederle cosa mangiavate a cena, ma perché stavo male, rischiavo di perdere il bambino e che se lei avesse fatto meno la stronza, tutto ciò non sarebbe successo. Se quel tipo che a malapena conosco della Grecia non ci fosse stato...ora nostro figlio non ci sarebbe più- dissi l'ultima frase con la voce tremante.
Anche lui tremò e lo vidi stringere forte la mia coperta come a reprimere uno sfogo.
-Io le parlerò e...-
-No Noah. Non è più tempo di giochini vari, sono stanca, o sei con me o contro di me. Voglio che tu sia presente per qualsiasi problema di tuo figlio, per il parto e per la sua vita. La tua ragazza deve fare da spettatrice e basta.-
Annuì. Non parlava, mi dava sempre e continuamente ragione. Quell'uomo stava cambiando, o forse ero io ad essere cambiata. -Ora se non ti dispiace vorrei riposare un po', ti prego di uscire-
Dissi non guardandolo in faccia. Annuì ancora, ormai sapeva fare solo quello. Uscì dalla camera e così mi permisi di sfogarmi in un pianto disperato e liberatorio.

Un amore matematicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora