...la macchina si fermò di colpo. Se avessi previsto le conseguenze non l'avrei mai fatto: ora il parabrezza era ridotto in frammenti che schizzavano in tutte le direzioni, provocandomi dei tagli sulle parti del mio corpo scoperte. Quanto a Niall, ad un certo punto lo vidi accasciato su di un lato, come ste stesse riposando, avvicinandomi notai che il suo finestrino si era rotto e una metà del volto macchiata di sangue. Ero nei guai. Uno sconosciuto rischiava di morire a causa del mio gesto spontaneo dettato dalla rabbia. Dovevo portarlo in ospedale, ma poi mi avrebbero fatto domande a non finire, alle quali io non potevo rispondere perché non sapevo niente di quel ragazzo, anche se lui ammetteva il contrario. Sarei passato per un omicida e sarei finito in prigione.
Lo guardai ancora una volta e rimossi dalla mia mente l'immagine di me dentro una cella. Dovevo salvarlo, almeno per quello che era possibile.
Non potevo usare la macchina per arrivare fino all'ospedale quindi chiamai l'ambulanza che arrivò nel giro di dieci minuti. Mentre l'aspettavo presi una pezza e l'appoggiai sulla fronte di Niall, nel punto dove usciva sangue, premendo, cercando di fermare almeno in parte l'emorragia. Appena arrivò l'ambulanza lo caricarono subito sulla barella e poi dentro. Ero seduto accanto a lui, lo guardavo e mi maledicevo mentalmente, dicendomi di tutto e di più. Ad un certo punto sentii qualcosa di forte allo stomaco, non come un pugno e nemmeno come quando si ha la sensazione di rimettere, era un insieme di paura, preoccupazione, ansia, per quello sconosciuto che tutto ad un tratto mi comunicava qualcosa, sentivo il forte istinto di proteggerlo, di fare di tutto pur di tenerlo in vita, sarei andato anche in carcere, ma l'avrei fatto essendo consapevole che lui sarebbe andato in ospedale e si sarebbero presi cura di lui. Non importava che fine avrei fatto, quello che aveva davvero importanza era la sua salute. Arrivammo e venne portato di corsa nel reparto "pronto soccorso", capii dall'agitazione di medici e infermieri che non era solo un pó di sangue, ma qualcosa di molto serio. Ovviamente non mi fecero entrare nella stanza mentre facevano gli accertamenti, quindi rimasi ad aspettare che qualcuno aprisse quella dannata porta con buone notizie. Mi illusi totalmente. Dopo ore e ore di attesa un'infermiera si fece viva e iniziò ad avanzare verso di me. Mi alzai in piedi di scatto e la raggiunsi per primo. La assalii di domande ma rimase impassibile. Mi fermò con una mano e cominciò a chiarirmi la situazione.
"Ragazzo, in primo luogo dovrai far visita alla polizia, questo lo sai vero? Dovrai spiegare tutta la situazione" disse con un tono intimidatorio.
"Sì, vada avanti, la prego. Non mi interessa di quello che accadrà a me, mi dica cosa succede al mio..beh...amico" dissi farfugliando un pó le ultime parole, restando a quando mi aveva detto lui l'ultima volta, ci conoscevamo talmente tanto da essere fidanzati, quindi mentii dicendo la verità, una contraddizione strana, ma per me lui era niente e invece per lui io ero tutto.
"Bene, allora...ha avuto una forte commozione celebrale, ha perso molto sangue e ora è sotto shock. Non è entrato in coma, tranquillizzati, di questo ne siamo certi, la sua testa è solo sotto shock ed è per questo che non si sveglia. Ma secondo quanto dicono i medici dovrebbe risvegliarsi tra qualche ora, non sapendo che cosa provocherà. I danni legati a ciò che gli è successo sono tanti e non possiamo sapere quale di essi sia" concluse la sua spiegazione e mi congedó. Io stavo sul punto di svenire. La testa mi girava come i panni in una lavatrice durante la centrifuga. In quel breve istante la mia memoria tornò lucida come prima. Oddio. Niall. Feci per raggiungere l'infermiera con la quale avevo parlato pochi minuti fa, ma ormai era troppo lontana. Ora dovevo vedermela con quattro uomini che mi portarono in una stanza buia, dalle pareti grigie, poco convortevole, sicuramente per farmi l'interrogatorio. Ed ecco infatti che arrivò l'esaminatore.
Venni travolto da una marea di domande, non ce la facevo più. Volevo uscire da quel posto e andare da Niall, ma mi tenavano inchiodato alla sedia, non potendo neanche alzare un dito. Finalmente si decisero a lasciarmi andare, mantenendomi sulle spine dicendo solo che dovevamo verificare alcune cose prima di stabilire se veramente ero colpevole prima di rinchiudermi in cella. Ora che ero "libero" andai da Niall.
Percorsi tutti i corridoi all'interno della gigantesca struttura, non riuscivo a ricordare dove fosse. Mi fermai alla guardiola e chiesi aiuto a chi era lì. Per fortuna capirono subito e mi dissero dove dovevo andare. Raggiunsi la porta, con il fiatone e un'ansia terribile. Avevo paura. Non c'erano dottori né fuori né dentro quindi entrai. Lo vidi disteso su quel letto, tenuto in vita solo da un'infinità di fili che partivano dal suo braccio. Mi inginocchiai a terra, mi misi le mani davanti agli occhi e iniziai a piangere disperatamente come non avevo mai fatto prima.
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