Sì, dovevamo mantenere il segreto con Alexandra ma allo stesso tempo non mancarono le occasioni per stare insieme. Ogni tanto, potevo vedere Darren mandarmi occhiatine languide dal bancone. Forse per questo mi ha assegnato un collega per il turno del pomeriggio, un ragazzo di venticinque anni molto più alto di me ma mingherlino. "Louis, fai cassa. Devo far vedere una cosa a Lily" proclamò Darren richiamandomi nel retro bottega. Mi chiese espressamente di stare in silenzio, invitandomi a sedermi su un tavolo. Lui si appostò in piedi tra le mie gambe divaricate, abbassò la cerniera dei jeans e mi prese con una certa prontezza. Quando emisi un gemito che non riuscii a controllare, Darren mi impedì di urlare ancora mettendomi una mano sulla bocca. "I muri non sono così spessi. Non vorrai farti sentire da Louis e i clienti". Scossi la testa, soffocando una risata. Levò la mano e riprese a baciarmi, avido dei miei morsi e dei miei sussulti. "Ho fatto bene ad assumerti quel giorno. La scelta migliore presa in ventotto anni di vita". Sì, aveva otto anni in più di me e si potevano benissimo percepire dalle sue maniere impetuose. Non si stancò mai di me, e perdurammo in quella strana relazione clandestina per molto tempo. Avevo decisamente subito un upgrade. Un'evoluzione inevitabile. Nel frattempo continuai le mie lezioni alla Columbia, e solo dopo qualche mese riuscii ad avvicinare un gruppo di ragazze, perché le sentii parlare e mi intromisi. Non ero mai stata una da fare il primo passo, ma a quel punto diventò necessario. Katie – giovane collegiale dai capelli rossi e gli occhi castani – mi squadrò domandandomi da dove provenissi. Qualcosa nel mio aspetto mi tradii. "Boston. Mi sono trasferita nella Grande Mela per studiare. E voi?". Alcune provenivano dal Kansas, altre dal Wisconsin. Capii che per farmele amiche, avrei dovuto recitare una parte. Mostrarmi vanitosa, ricca, senza peli sulla lingua. Praticamente l'esatto opposto di quello che ero io. Katie commentò una cosa che le aveva fatto il ragazzo la sera prima, facendo ridere le sue amiche. Al che precisai: "Il mio uomo me lo fa tutte le sere" e non era una bugia. Darren era perennemente eccitato, come un qualunque e normale quasi trentenne che si rispetti. Katie sogghignò. "Davvero? E ti è piaciuto?".
"Da matti. Darren sa usare bene la lingua. Non so se mi spiego" mi mostrai accaldata, e le altre si avvicinarono a me, pronte ad ascoltare altri miei racconti. Chiacchierando del più e del meno, confessai di voler intraprendere il master in giornalismo. Kara – una delle ragazze originaria di Topeka – confessò che sarebbe stata la prima a comprare il giornale se avessi parlato in quel modo nei miei articoli. "Solo se mi attribuiranno una testata scandalistica".
"Dovresti direttamente scriverci un romanzo. Insomma, hai una relazione clandestina con il tuo datore di lavoro, e lui non si fa scrupoli a prenderti nel magazzino quando ci sono clienti ancora seduti nel bar. Questa storia è da prima pagina" replicò Juditte. Mi sarei dovuta appuntare i nomi, perché le ragazze giunsero accanto a me come api e ne ricordai la metà il giorno seguente. Non accennai nulla a Darren. Gli parlai della mia giornata quando si presentò da me per una cena veloce. Dopo finimmo a letto. "Non mi mostrerai mai casa tua?" gli domandai, dopo un lungo ed intenso amplesso. "Ti dirò la verità. Non ho una casa. Vivo in un cassonetto dietro il bar" non riuscì a rimanere serio. Si portò una mano davanti alla bocca, sospirando. Era quasi un anno che stavamo insieme, e come due perfette spie non ci eravamo fatti scoprire da nessuno. Forse Louis aveva qualche sospetto. Era impossibile non averne, visto che Darren accennava spesso a farmi vedere una cosa in magazzino. L'unica cosa che vedevo, era lui spaparanzato su di me. Avevo una vita sessuale intensa, e di conseguenza Owen diventò un lontano ricordo. Nel 2002, per le vacanze di Natale, Darren accennò di voler venire con me a Boston. Dovevo tornare, specialmente per mio fratello. Chris aveva provato a chiamarmi altre due volte, ed io gli avevo letteralmente chiuso il telefono in faccia. Magari in questo modo, avrebbe intuito il mio disgusto e il mio tedio verso di lui. Le ragazze del giornalino – così ci facemmo chiamare al college – mi chiamarono per augurarmi buon natale. Ero riuscita a farmi il mio gruppo di amiche, sebbene lo avessi fatto con l'unico scopo di farmi apprezzare per una che non ero. Pensai di seguire il consiglio di Juditte, ed iniziai a buttare giù qualche pagina, raccontando per filo e per segno tutta la mia storia. Sin dai tempi del liceo fino ad arrivare alle nottate bollenti trascorse con il mio fidanzato. Se così si poteva definire.
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𝙎𝙢𝙚𝙡𝙡𝙨 𝙡𝙞𝙠𝙚 𝙩𝙚𝙚𝙣 𝙨𝙥𝙞𝙧𝙞𝙩 |
FanfictionSei al liceo, ed hai lo stesso migliore amico dai tempi dell'asilo. Lui si chiama Chris ed è tutto per te. Siete inseparabili e vi raccontate ogni cosa, senza escludere alcun dettaglio. Arriva il ballo di fine anno e non hai un accompagnatore. Lui v...