Capitolo 2 | L'inizio dei guai

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Thomas sentì un prurito al naso.

Quando si destò dopo aver perso i sensi si ritrovò di fronte Anita, la sua assistente che aveva assunto da almeno un anno. Carina, dolce e simpatica, Anita era una ragazza sui trent'anni con una cotta per Thomas grossa come tutta Brooklyn, anche se cercava in tutti i modi di non darlo a vedere. Vederlo in quello stato l'aveva fatta preoccupare, di conseguenza aveva deciso di solleticargli il viso con una carezza. Le dita lunghe e sottili avevano provocato quel prurito. Thomas avvertiva dolore alla nuca – probabilmente per il colpo ricevuto nell'impatto dopo la caduta – e in generale mal di testa unito all'ennesimo bruciore di stomaco per il troppo alcol.

«Ho creduto di doverti rianimare» gli disse Anita.

«Che...che ore sono?».

Anita sollevò il polso fissando il quadrante rotondo dell'orologio dal cinturino verde smeraldo che indossava. I piccoli occhialetti da dottoressa le scivolarono un po' sul naso. «Mezzogiorno. Ti chiamavo al cellulare, ma non rispondevi. Ho provato anche a mandarti una mail, ma eri steso qui dopo l'ennesima cazzata della tua vita».

«Devo lasciare la città» disse Thomas sollevandosi a fatica.

«Cosa? Tu hai un libro da scrivere! Non puoi andare in vacanza!».

«Non è una vacanza, mi ha chiamato Gerard, mio fratello. Dice che ha un problema in California e che è un'emergenza. Senti, Anita, lo sai tenere un segreto?».

La donna inclinò il volto a destra. «Che cosa hai combinato?».

«Io...ecco...» Thomas sapeva di potersi fidare di Anita e conosceva bene il tipo di persona che era. Ragazza seria, disciplinata, non avrebbe mai tradito la sua fiducia. Doveva confessare a qualcuno quel suo problema. «Non ho...non ho scritto una parola...del libro, dico».

Anita spalancò la bocca e rimase immobile per qualche secondo. In quella frazione limitata di tempo avrebbe voluto riempire Thomas di insulti, ma non riusciva a formularne uno che sarebbe potuto essere preso sul serio. Se avesse parlato probabilmente avrebbe avuto un effetto esilarante e di conseguenza decise di tacere.

Almeno per qualche secondo in più.

Ciò che ne seguì furono una serie di imprecazioni contro Thomas, su quanto fosse immaturo e su quanto il suo senso di responsabilità non avesse misura. Thomas ascoltò tutto ciò che lei aveva da dirgli e quando ebbe finito la fissò accigliato.

«Ora che hai scaricato le pile sei felice? So anch'io di essere un coglione, ma cosa devo fare? Gettarmi dal terzo piano? Non riesco a scrivere niente».

«Ma hai mentito a tutti! Da mesi dici di essere quasi pronto per l'uscita del nuovo romanzo e ora mi dici, con una sbornia addosso, che non l'hai neppure iniziato?».

«Per questo non ho mai voluto che correggessi le mie bozze».

Lo sguardo di Anita divenne pieno di incertezza. «Perché non c'era nemmeno una fottuta cartella su cui lavorare...non ci posso credere. Tu sei finito, ti rendi conto? E non te la caverai così, mettiti subito a scrivere, oppure avverto la Green Forest».

Thomas fece un risolino e andò in bagno per sciacquarsi il viso. «Non lo faresti mai, non dire sciocchezze».

«Io...tu non...tu non mi conosci!» disse Anita rossa in viso.

«Anita, ho bisogno di un mese in più. Solo un mese in più per scrivere. Mi verrà qualche idea, ma adesso devo andare in California. Mio fratello mi ha scritto con un tono troppo preoccupato, devo capire cosa è successo».

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