Epilogo

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New York, un anno dopo.

La folla applaudiva senza controllo. Dinanzi a loro, su un piccolo palchetto in controluce montato dai proprietari del Visiting The Apple, uno dei più rinomati hotel di New York, era presente Thomas Stoker. Dritto, lucidato a dovere, con una patta di capelli castani tenuti insieme con una montagna di gel. Thomas pensava di avere esagerato con le cure di bellezza: Anita, che dalla sua editor era diventata la sua manager, ci teneva così tanto all'immagine che Thomas desse di sé agli altri che prima di ogni incontro con i fan lo costringeva a sottoporsi a decine di trattamenti di bellezza: dalle maschere utili a rimuovere le impurità della pelle, fino a infinite sessioni di manicure. «La gente deve sapere che sta acquistando un libro non solo da una grande scrittore, ma anche da un bel ragazzo» gli ripeteva. «Aiuta il marketing» aggiungeva.

Si sentiva vivo mentre fra le mani, un anno dopo le vicende vissute, teneva fra le mani il suo ultimo libro, quello che tanto aveva faticato a scrivere per la casa editrice Green Forest. Il romanzo, di genere completamente differente rispetto al romanzo d'esordio, si focalizzava sull'odio amore di una coppia di fratelli. Un giorno, entrambi si sarebbero innamorati della stessa ragazza, per poi scoprire di amarsi troppo reciprocamente per combattere per l'amore di una donna, seppur a loro molto cara. Di conseguenza, avevano lasciato ovviamente scegliere la donzella senza anteporle pressioni di alcun tipo. La ragazza, alla fine, stanca dei continui e ripetuti comportamenti di entrambi, li aveva lasciati trasferendosi in un'altra città. E i due fratelli erano rimasti soli, ma quantomeno uniti nonostante un palese conflitto. Era una storia blanda, del tutto diversa dal libro adrenalinico che ci si sarebbe aspettato da Thomas, ma aveva avuto un successo strepitoso, semplicemente perché – nonostante il dolore, le lacrime e i rimpianti – era la cosa più vera che avesse mai scritto. "Io e mio fratello" era rimasto in cima alla classifica dei best seller del New York Times per quarantadue settimane di fila, un risultato straordinario che aveva portato a più di cinquanta milioni di copie vendute nel primo anno di pubblicazioni. Cifre da capogiro collegate ad introiti da capogiro, che avevano garantito a Thomas un tenore di vita inverosimilmente ricco, ma al tempo stesso vuoto. In prima fila, all'incontro, era presente una vecchia conoscenza: il professor Oxford. Dopo gli eventi si era trasferito a New York e finalmente era rientrato nel mondo della scienza trovando lavoro presso un centro medico privato. Oxford aveva mantenuto con Thomas una sana amicizia e aveva presenziato a tutti gli incontri letterari a cui Thomas aveva preso parte. Lo aveva sentito decine di volte parlare di quale fosse stato il processo di creazione del romanzo, ma lo ascoltava sempre con grande interesse. Alla fine dell'incontro, dopo l'ennesimo scrosciante applauso, Thomas si riunì con Oxford.

«Cominci a diventare ripetitivo, Thomas».

Thomas rise. «Sono tutte cose vere, a partire da quello che sento per Gerard. Non passa un giorno che io non pensi a lui».

Oxford gli appoggiò una mano sulla spalla per consolarlo. «Ho una piccola sorpresa per te, amico mio».

Nel bar adiacente al salone all'interno del quale si era tenuta la riunione si respirava odore di caffè caldo, ciambelle e dolci di prima scelta. La panna montata, il cioccolato e l'odore di cornetti caldi invadeva i tavolini. L'attenzione di Thomas si focalizzò su uno in particolare. Vi erano accomodate Sydney e Jupiter, con due look completamente diversi.

«Cosa ci fanno loro qui?».

«Sydney mi chiama quasi tutti i giorni per chiedere di te. Si prende cura di Jupiter, che a sua volta chiede di te. So che hai evitato Sydney per anni. Basta, Thomas. Lei ci tiene davvero a te».

«Non sono pronto per parlare con lei» disse Thomas facendo dietrofront.

Oxford lo spinse nella direzione opposta. «Non mi interessa, lei lo è da una vita. Vai e parla con le ragazze».

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