Capitolo 4 | Una vecchia conoscenza

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Thomas Stoker era un uomo distrutto: prima di partire per Fowler aveva assunto del paracetamolo per far sì che il mal di testa da sbornia gli passasse, si era ritrovato su un volo orribile nel quale al proprio fianco aveva dovuto fare i conti con un anziano signore molto rumoroso, era arrivato in una città che non conosceva e in più, una volta entrato nella misteriosa e lurida casa di suo fratello – con il quale non parlava da troppo tempo per via di scorie del passato – era stato colpito da qualcosa di indecifrabile che lo aveva dapprima sbattuto al muro e poi a terra facendogli perdere i sensi.

Fu di conseguenza non sorpreso da ciò che accadde dopo. I suoi sensi vennero improvvisamente riattivati con una secchiata di acqua gelida dritta in volto. Thomas sobbalzò avvertendo i nervi ballare e un brivido possente e animato gli si diffuse prima sul volto, epicentro del getto d'acqua, e poi sulle scapole, nelle ossa, nei sensi: tutto il suo corpo, in qualche secondo, fu completamente zuppo, rigido e gelido. Si sollevò di scatto dal suolo avvertendo dolori vari alla schiena, una fitta tagliente al centro dello stomaco lo fece tribolare e il mal di testa era tornato in compagnia di un amico: il dolore cervicale. Per essere un giovane scrittore era messo davvero male. Chi mai avrebbe trovato interessante un tizio che non riusciva più a scrivere e che da giorni combatteva con malesseri fisici? Quando riaprì gli occhi se la ritrovò di fronte.

Era bella, a guardarla, con capelli scuri come il petrolio e luccicanti come una perla nera, la pelle bianchissima come fosse fatta di neve e gli occhi di un azzurro intenso. Una frangia trasversale le attraversava il viso piccolo e tondeggiante, ma sullo stesso figurava un'espressione malvagia, arrabbiata, furiosa. Era in piedi, mentre Thomas era ancora a terra, a pancia sotto, mentre cercava di studiare la ragazzina che gli si era parata di fronte. Thomas non l'aveva mai vista nella sua vita, ma pensò che sarebbe stato meglio non contraddirla perché quel batuffolo dall'espressione vorace non sembrava il tipo da farsi intimorire.

«Chi sei?».

Thomas tardò nel rispondere: aveva poca salivazione, il dolore alla schiena si era fatto più forte e avvertiva difficoltà nel muovere le articolazioni. Quel ritardo, di mezzo secondo appena, gli costò caro. La ragazzina, che non doveva avere più di quattordici anni, gli sferrò un violento calcio in faccia che lo rispedì all'indietro, al suolo, frastornandolo.

«Ti ho chiesto chi sei» ribadì la misteriosa ragazzina. Si diresse verso Thomas e lo afferrò per i capelli.

«Chi diamine sei?!».

«Sono...sono Tho...» accennò con sottili strisce di sangue verticali che gli colavano dalle labbra, ma non riuscì a terminare la frase.

«Ehi!» urlò la ragazzina dandogli le spalle, rivolgendosi a chissà quale altro suo socio immerso nell'oscurità della casa «ho trovato un tizio entrato in casa! Vieni a darmi una mano!».

Thomas, ancora a terra per i colpi ricevuti, trattenne un profondo colpo interno del proprio corpo evitando di dare di stomaco. Avvertì l'avvicinarsi di passi diversi, più intensi, più solcati e quando riuscì a sollevare appena la testa non vide che degli anfibi con suola di gomma calpestare il pavimento in legno dell'abitazione. Per via del dolore al collo non riusciva a sollevare interamente la testa per controllare le fattezze del secondo misterioso aggressore, ma ebbe un sussulto quando lo sentì parlare.

«Ma...cosa hai combinato? Lui non è un aggressore! Lui è Thomas!».

Fu in quel momento che, per l'ennesima volta, crollò senza sensi.

Al risveglio era stato sistemato su un polveroso sofà rosso, ma ormai reso grigio dalla polvere. Provò a respirare, ma inalò una tale quantità di marciume che iniziò a tossire. Thomas mise a fuoco l'ambiente intorno a lui: la casa, nella penombra, era bella ma trascurata, come se qualcuno non ci vivesse da tempo. I quadri appesi alle pareti erano sporchi e stracolmi di danni alle tele, il tavolo del soggiorno era sempre a terra disposto in orizzontale, il pavimento addirittura rotto in alcuni punti del parquet di lusso che un tempo doveva essere stato scelto da Gerard. Ruotò la testa a sinistra e la rivide: la ragazzina dalla frangia scura e dagli occhi azzurri lo osservava ad occhi sgranati, con un'espressione che non gli sembrava più terribile, ma nemmeno gentile. Alla sua destra c'era un'altra donna che, con un asciugamano inzuppato di acqua gelata, gli tamponava la ferita sulle labbra. Non riusciva a metterla a fuoco per via dei colpi ricevuti che lo rendevano ancora confuso, ma man mano che la sua voce risuonava nei suoi sensi si rese conto di conoscerla bene. Per un momento avvertì una strana sensazione: è come se si sentisse a casa, ebbe una specie di estrema dilatazione temporale che sembrava lo avesse portato indietro nel tempo. Non riuscì a capire di cosa si trattasse finché i suoi occhi non riuscirono finalmente a mettere a fuoco la scena.

Sydney era al suo fianco.

Credeva di essere ancora senza sensi, ma poi si rese conto di quanto fosse reale il dolore che provava ogni volta che l'asciugamano imbevuto d'acqua gli tamponava il labbro inferiore. Thomas ebbe una reazione emotiva molto complessa: dapprima la nostalgia fu sostituita dall'ansia, poi dal pericolo e infine dalla rabbia in pochi secondi. Si drizzò sul sofà evitando di urlare per il dolore, provocando due reazioni contrastanti da parte delle due ragazze presenti. Sydney aveva iniziato a fissarlo sconcertata, senza avere reazioni tangibili, mentre la ragazzina misteriosa aveva ripreso a fissarla con lo sguardo malvagio di qualche minuto prima.

«Cosa... cosa succede?» urlò Thomas. «Dov'è Gerard? E tu» disse rivolgendosi a Sydney con disprezzo «cosa diamine ci fai qui? Non voglio vederti!».

Sydney sospirò, mentre la ragazzina costantemente di malumore fissò prima Thomas e poi Sydney cercando di chiedersi cosa fosse accaduto.

«Lascia che ti racconti tutto e poi deciderai se andare via o no» disse Sydney.

«Nemmeno per idea» ribatté Thomas. «Ogni volta che sto con te mi faccio del male. Emotivamente o fisicamente. Non ti voglio più vedere, Sydney. Te l'ho detto anni fa».

«Lo so, lo so, ricordo tutto» sussurrò Sydney ad occhi bassi. «Ma stavolta non riguarda noi. Riguarda lei» indicò la ragazzina dai capelli scuri «e Gerard. Puoi mettere da parte per un attimo i risentimenti che hai nei nostri confronti e provare ad ascoltarmi?».

Thomas continuava a fissarla. Non poteva credere di averla lì, a pochi centimetri da lui. Sydney era passata attraverso quello strano processo di elucubrazione mentale maschile grazie al quale un uomo che ha vissuto una delusione d'amore, dopo aver annaspato nei ricordi e nelle istantanee del tempo passato con una donna, prova a cancellare la donna in essere con tutti i metodi possibili. Dapprima rivolgendo le sue attenzioni a qualsiasi essere dotato di un apparato respiratorio per cercare di rimpiazzare i ricordi con qualcosa di migliore, conscio del fatto che non ci riuscirà. In secondo luogo tuffandosi in qualcosa di diverso, come il lavoro o l'alcol. In quel caso, con il tempo che passa e i giorni tutti uguali, si ha l'impressione di aver vissuto solo una vita parallela o di non averla vissuta per niente. E quando, ogni tanto, le memorie interne facevano brutti scherzi sollevandosi dal tappeto polveroso sotto il quale erano rimaste sopite e nascoste per anni, allora si aveva bisogno di una terapia d'urto. Per Thomas era ascoltare la musica ad altissimo volume mentre scriveva, fino a frastornarsi i timpani. Ma lì non c'era la musica, non c'era la sua playlist preferita, non poteva scrivere, niente donne con cui fare chiodo schiaccia chiodo e niente alcol in cui immergersi per dimenticare. C'era solo Sydney. Come tanti anni prima. E, nonostante provasse a fare finta di nulla, nonostante i suoi sensi lottassero con la razionalità per non concedersi in un sorriso di pura gioia che gli sarebbe uscito se non avesse avuto freni inibitori, una parte di sé non poteva ignorare quanto bella lei fosse, quanto stupenda apparisse e quanto la sua voce avesse su di lui un effetto calmante. Era come aver vissuto un trauma, come un sopravvissuto alla guerra che posa la testa in grembo alla donna che ama mentre quest'ultima lo rassicura sussurrandogli parole dolci all'orecchio. Thomas era stralunato e lottava. Lottava da sempre. Per emergere, per essere la versione migliore di sé stesso, per dimenticare.

Tutto.

Gerard, Sydney, gli eventi ai tempi dell'università. Ma non ci era mai riuscito davvero. Nascondere la polvere sotto al tappeto non vuol dire pulire. Vuol dire nascondere lo sporco, che è molto diverso. Basta una folata – o in quel caso un uragano – per far sì che l'illusione della stanza pulita venga bloccata e ribaltata.

«Hai dieci minuti. Dopodiché me ne vado. Non voglio stare nella stessa stanza con te» disse a Sydney, che accennò un mezzo sorriso sapendo quanto non fosse vero. Thomas, nel frattempo, era arrossito come un peperone, ma faceva di tutto per nasconderlo.

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