Capitolo 13 | Le armi segrete

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Il professor Oxford ticchettava con la penna a stilo su un foglio di carta, mentre con le gambe incrociate si era accomodato su una scomodissima sedia di legno che sembrava vecchia quanto il mondo. Aveva un'aria pensosa e la sua elucubrazione mentale era accompagnata dal mordicchiarsi il labbro inferiore, torturandoselo con un movimento che a Thomas sembrava un tic. Ad un tratto si sollevò dal proprio posto e si diresse verso una enorme libreria, l'ennesima della casa (sembravano essere presenti ovunque e tutte erano diverse l'una dall'altra, alcune pullulavano di libri di letteratura moderna, altri invece sembravano volumi polverosi e con le pagine sgualcite che fuoriuscivano dal lato del libro, ingiallite e bucate). Oxford, che non era certamente alto ed aitante, dovette salire su una piccola scala in acciaio formata da tre gradini per raggiungere l'ultimo piano della sua libreria. Ne estrasse un cofanetto in legno con su intagliate le sue iniziali. Consegnò il tutto a Thomas, che lo fissava senza dire una parola.

«Tonto, lo devi aprire!» esclamò il professore, che agli occhi dei presenti sembrava un vecchio pazzo.

«Ma cosa c'è dentro?».

«Be', se ti decidi ad aprire la scatola, forse lo capirai! Muoviti!».

Thomas eseguì, un po' perplesso. Nella scatola, rivestita di velluto rosso, trovò degli oggetti che gli sarebbero serviti per la sua missione.

«Documenti falsi di un tizio che si chiama...Landon Grey» disse esaminando la carta di identità, sulla quale era presente uno spazio vuoto sul quale apporre una fotografia. «Una...questa cos'è?» chiese mentre si rigirava fra le mani un piccolo e sottile cerchietto in gomma grande come un chicco di riso.

«Quello è un auricolare che ho inventato anni fa. Come vedi è color carne, è in materiale che ricorda la composizione dell'orecchio umano e in più è piccolissimo. Se inserito nell'orecchio, passa inosservato. Ti servirà per seguire le mie istruzioni e tenerci in contatto. Probabilmente ti perquisiranno quando entrerai lì, ma non toccheranno posti sensibili come orecchie, naso e bocca per paura di innescare nello psicotico una reazione rabbiosa. Tu dovrai recitare ed essere un pazzo totale, cerca di essere convincente o faranno un brodo con te dentro!».

Thomas continuò ad esaminare il contenuto della scatola ed estrasse un cerotto lungo quanto una penna.

«Che cos'è questo?».

«Quello è un cerotto contenente una piccola dose di anestetico. Provato personalmente, ti basterà togliere la pellicola e appiccicarlo sulla pelle di chi vuoi stordire. Cadrà ai tuoi piedi in cinque secondi e resterà senza sensi per mezz'ora. Usalo con parsimonia».

«Qual è il piano?».

«Tu entri fingendoti un soggetto con problemi psichiatrici. Loro ne cercano a iosa e l'istituto finge di volerli accogliere per carità e mosso da un istinto di enorme sentimento. In realtà usano i veri malati per i loro esperimenti di cui ti ho parlato. Tu dovrai far finta di essere un disperso. Ti farai trovare in condizioni orribili nel cortile della clinica o all'ingresso, loro capiranno che non hai nessuno e ti prenderanno nell'istituto. I primi dieci, quindici giorni, nessuno ti toccherà. Ti daranno dei calmanti blandi che avranno l'effetto di stordirti un po' e saranno tutti gentili. In base alla tua fisicità poi verrai selezionato. Sarà allora che dovrai avere paura. In una settimana devi entrare ed uscire di lì, anzi anche in minor tempo. Devi ritrovare tuo fratello, scoprire che fine ha fatto la madre di Jupiter e cercare di raccogliere delle prove che possano far capire alla stampa nazionale cosa succede lì dentro. A proposito, prendi questa. Oxford consegnò a Thomas un piccolo disco di metallo somigliante ad una moneta.

«E questo che cosa sarebbe?».

«Questa è una macchina fotografica o videocamera. La sequestrai ad un paziente negli anni settanta, una spia dei paesi dell'est. All'epoca ero in forza lì e ovviamente dovevo seguire le regole imposte. Vedi dove c'è quel piccolo foro? Quella è la telecamera. Per usarla devi pigiare due volte su quella e si attiverà, iniziando a registrare. Basta che te la nasconda sotto la lingua, non ti controlleranno. Non parlare mentre la tieni in bocca. Poi la sputi e la usi quando vedi qualcosa di interessante. Sono stato chiaro? Thomas, voglio dirtelo sinceramente: se sbagli anche solo una cosa ti prendono e prima di farti a pezzi ti danno in pasto nella stanza in cui custodiscono i mostri. Ti avverto, non sto scherzando».

Thomas deglutì. «Bell'incoraggiamento».

Poi il telefono dello scrittore squillò.

Thomas rispose con un po' di preoccupazione.

«Pronto?».

Dall'altro capo del filo c'era una voce familiare, che lo aggredì.

«Razza di idiota, sono Anita! Non mi hai più chiamata!».

Anita, la sua assistente. Chiedeva delucidazioni sul libro.

«Posso richiamarti?».

«No, cazzo! Noi parliamo adesso e parliamo subito!».

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