Capitolo 8 | La Botola

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La Botola era inserita nella piccola e oscura foresta di Wollen, un cumulo di enormi pini eretti e dalle foglie ondeggianti per via del vento. Thomas fu sorpreso da quel posto per l'enorme differenza di temperatura che ebbe modo di riscontrare dalla parte periferica di Fowler. Se in città il clima era temperato e moderato, a Wollen sembrava che ci si fosse introdotti in una sotto porzione del territorio gelato dell'Alaska. Tutto in quel posto comunicava distanza e glacialità. Le enormi creste ondeggianti degli alberi, il terreno umidiccio sul quale La Botola era stata scavata da Gerard, persino l'aria sapeva di ghiaccio e inverno ed era del tutto diversa da quella mite e primaverile della città. Sotto un cielo grigio come l'acciaio Thomas, Jupiter e Sydney lasciarono l'auto nel bel mezzo del verde e si incamminarono nella foresta. Dopo cinque minuti di camminata silenziosa, interrotta solo dai versi acuti e allungati degli uccelli appoggiati sui rami dei pini, arrivarono in prossimità di un pozzo dalla pietra consumata dal tempo. Lì Sydney cominciò a fare spazio fra le erbacce con i piedi e con le mani, fino a svelare un coperchio di metallo con una maniglia a forma di ferro di cavallo. Sollevò la botola cercando di fare poco rumore, ma non ci riuscì e lo stridere delle parti metalliche diffuse un suono sgradevole e roboante che ebbe l'effetto di far fuggire i volatili nei pressi della zona.

«Come ti senti?» chiese Thomas a Jupiter.

«Un po' meglio» rispose la ragazzina, che aveva continuato a lamentarsi per tutto il viaggio a causa di un profondo mal di testa. Sydney aveva spiegato a Thomas come ogni qualvolta Jupiter provasse un'emozione forte o tentasse di usare i propri poteri senza controllo riscontrasse malesseri fisici diffusi che a volte potevano durare anche settimane. Il suo potere era al contempo una salvezza in casi di emergenza e una fonte di grossa debilitazione per lei.

Scesa la scaletta in acciaio che collegava il piano superiore al piano inferiore, Thomas, Jupiter e Sydney si ritrovarono nella botola. Il loro sangue si raggelò quando di fronte si ritrovarono un uomo alto e robusto in uniforme. L'occhio di Sydney cadde su tre cose: il suo sguardo sicuro e da ufficiale – il che la fece rabbrividire ancor di più – la sua muscolatura sviluppata e la scintillante pelle d'ebano che brillava sotto la luce fioca a tono caldo della botola costruita da Gerard. Il primo istinto di Sydney fu quello di tirare a sé Jupiter, quello di Thomas di estrarre la pistola che teneva incastrata nella tasca dei pantaloni.

«Chi cazzo sei e perché sei qui?» disse lo scrittore all'uomo misterioso, che però si limitò ad alzarsi molto lentamente dallo sgabello sul quale era accomodato. Thomas non esitò a minacciarlo.

«Muoviti ancora senza permesso e ti sparo, giuro che ti uccido».

L'uomo mostrò i palmi delle mani e sorrise, indicando con un cenno del capo un tesserino rosso che figurava sul tavolo in legno accanto allo sgabello su cui era stato seduto per chissà quante ore aspettando l'arrivo dei tre. Sydney fu la prima a consultarlo. Sul retro c'era una moltitudine di informazioni fisiche sull'uomo in questione: altezza, peso, gruppo sanguigno, punteggio tiratore scelto, dettagli sulla carriera. Sul fronte del tesserino plastificato figurava una foto dell'uomo con il suo nome Edward Casher, una foto del tizio sgranata e ingiallita che lo ritraeva qualche anno più giovane e in alto a destra il logo della polizia di Fowler.

Un poliziotto.

«Tu sei uno sbirro» disse Sydney.

L'uomo annuì. «Potete abbassare la pistola?».

«Nemmeno per idea» replicò Sydney. «So che i tuoi colleghi in questa città di merda non fanno altro che coprire il marcio che c'è in quella clinica. Non so dove vogliate arrivare, ma se pensi di venire qui e...».

«Sono dei vostri» replicò Edward Casher con la consueta calma e una voce profonda che a Sydney ricordò il suo cantante preferito, Barry White.

«Figuriamoci!».

«Dico sul serio. Vuoi una prova?» Casher estrasse dalla tasca interna della giacca che indossava una foto che lo ritraeva in compagnia di Gerard. Erano insieme dinanzi all'insegna del Luna's Diner, una nota tavola calda di Fowler. Avevano indosso vestiti sgualciti con cui presumibilmente avevano svolto una sessione di allenamento insieme. Gerard appariva sorridente, con i suoi occhi luminosi a sottolineare la luce potente del sole che invadeva il quadro ed Edward aveva un'espressione diversa, un sorriso sbilenco da duro che sembrava il suo marchio di fabbrica.

«Tu conosci mio fratello?» domandò Thomas, che non ci capiva più niente.

«Per un anno ho rappresentato l'unica linea di comunicazione fra tuo fratello e il mondo esterno. Gli portavo cibo, acqua, vestiti puliti quando non poteva uscire di casa per proteggere Jupiter. Lei mi conosce» aggiunse Edward indicando la ragazzina «ma è svenuta».

Thomas e Sydney si voltarono e la videro effettivamente distesa al suolo. Non se n'erano accorti, dato lo spavento, ma Jupiter era senza forze. Thomas mollò la pistola fra le mani di Sydney, la sollevò e la appoggiò sulla brandina alla sua sinistra.

«Ha usato i poteri, di recente?» chiese Edward Casher. Poi sorrise vedendo lo sgomento sui volti di Thomas e Sydney. «So anche questo. Ora mi credete?».

«Come sapevi che saremmo venuti qui?» Sydney era furiosa e cercava di comprendere più cose possibili. Non poteva fidarsi di uno sconosciuto.

«Prima di sparire Gerard mi ha portato qui più volte dicendo che questo era il suo rifugio segreto. Fowler è una piccola città: qui le voci corrono. Un tassista sta dicendo da ore che, cito testualmente, "il fratello del maniaco è in città". Ho collegato subito che ce l'avesse con te, Thomas. Gerard è accusato dalle forze di polizia locali di aver abusato di Jupiter, quando tutti sanno che non è vero. Ovviamente è una scusa per permettere la detenzione della ragazzina nella clinica, che guarda caso ha di poco aperto un'ala del proprio stabile adibita a centro di correzione minorile».

Thomas e Sydney non proferirono parola. Una parte di loro, quella inconscia, suggeriva ad entrambi di fidarsi di quell'omone che sembrava conoscere troppe cose per essere un bluff. La parte più razionale, invece, non sapeva come schiodarsi dalla posizione di sospetto.

«Sedetevi» disse Edward. «Devo raccontarvi una cosa».

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