Capitolo 12 | Il flashback

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«Siediti» disse Thomas a Jupiter. «Voglio raccontarti chi è davvero Sydney».

Sedici anni prima.

I due giorni della Rottura

Di notte il campus universitario in cui Thomas risiedeva insieme a Gerard e agli altri protagonisti della loro carriera scolastica diventava freddo e glaciale. Il clima era strano, da quelle parti. Durante il giorno sei giorni su sette c'era il sole e di notte il gelo atipico che dominava le serate e i cieli scuri come un mantello puntellato di schizzi bianchi di vernice. A Thomas tremavano le mani. E anche i piedi. Non riusciva a stare fermo. Aveva indossato un giaccone pesante dentro al quale nascondeva ciò che sarebbe stata la sua arma per picchiare selvaggiamente Louis. Un'ora prima gli aveva dato appuntamento lì prendendolo all'amo, usando come esca la sua debolezza: gli aveva promesso di mostrargli foto intime di una ragazza con la quale aveva una relazione. Louis avrebbe poi provveduto a fare ciò che aveva fatto con Sydney: usare il suo potere scolastico e la sua influenza nel campus per rovinarla. Lo avrebbe colpito, poi umiliato e avrebbe difeso Sydney. Lo vide arrivare da lontano, a passo sostenuto, un po' zoppicante per via di un infortunio rimediato in allenamento. Non gli importava: lo avrebbe picchiato lo stesso fino a fargli grondare sangue dalle tempie e fino a che i suoi occhi non avrebbero assunto le sembianze di due bistecche gelatinose e violacee. Il freddo della sera era pungente e roboante, ma Thomas non sembrava farci caso. Passeggiava insistentemente in cerchio, consumando il terriccio che fungeva da antipasto per l'accesso al grande campo da calcio contornato dalla recinzione in acciaio. Ad un certo punto, in lontananza, con un movimento altalenante e un'andatura da perfetto sciocco, lo vide: era lui. Louis si era presentato all'appuntamento. Lesto e consapevole di essere immerso nell'oscurità, decise di nascondersi dalla sua visuale e ripararsi dietro uno dei cespugli non illuminati dalla fioca luce dell'unico piccolo lampione presente in zona. In quello specifico settore del campus i lavori avrebbero dovuto cominciare già da tempo, ma i fondi scarseggiavano e il campus cercava in ogni modo di rimandare una spesa di quella portata, preferendo investire su nuove strutture anziché sul mantenimento delle vecchie, una policy aziendale che molti studenti avevano trovato alquanto strana e poco in linea con il motto dell'università richiamante la gioventù e l'innovazione. Ma a Thomas non importava nulla, se non prendersi la sua vendetta. Louis arrivò, mani in tasca e postura leggermente ingobbita. Si guardò attorno sospettoso e sbuffò, mentre dalla sua bocca il gelo convertì il respiro del ragazzo in una piccola nube di fumo che si dissolse da lì a pochi secondi. Fu in quel momento che Thomas decise di agire. Circumnavigò l'area delimitata dai cespugli, impugnò saldamente la mazza di legno che aveva nascosto coperto poco prima con il profondo e pesantissimo giaccone che indossava. Si sfilò gli abiti superflui rimanendo solo in t-shirt e jeans e proiettò il proprio corpo in direzione di Louis, che in quel momento era di spalle e osservava il campo vuoto, con il ghiaccio secco a delimitarsi agli angoli delle porte. Thomas si avvicinò guardingo e, quando fu abbastanza vicino, quasi esitò nello sferrare il colpo che avrebbe steso Louis. Ma poi la sua mente rievocò le immagini di Sydney in lacrime, accoccolata sul suo petto mentre le lacrime della frustrazione e dell'umiliazione le sgorgavano dai suoi piccoli occhi azzurri. Non ci vide più e la rabbia cieca gli appannò talmente tanto quel briciolo di materia grigia che gli era rimasto nella furia che bastò un solo colpo ben assestato per mettere knock out Louis. Fu da dietro, secco e svelto e fu accompagnato da un sonoro rumore, simile a quello di una noce di cocco colpita da un martello o di un tappo che salta via da una bottiglia dentro la quale la pressione era diventata altissima. Louis, riverso a terra, era senza sensi e una piccola pozza squamosa di sangue gli faceva da sfondo sulla caduta. Thomas si assicurò che stesse relativamente bene. Respirava ancora, ma era senza sensi e probabilmente nei giorni successivi avrebbe avuto un mal di testa da urlo. Ma forse la prossima volta avrebbe lasciato in pace Sydney e qualora lo avesse accusato di averlo colpito, allora Thomas avrebbe negato fino allo sfinimento raccontando di un ritardo. In quel momento c'era solo una cosa da fare: dare l'allarme. In quel modo si sarebbe messo al riparo da tutti i sospetti. Sarebbe apparso come l'inconsapevole vittima, il ragazzo che aveva soccorso il compagno, anziché il carnefice. Quasi dimenticava l'arma: la prese e se la nascose sotto la giacca ancora una volta. Una volta in stanza l'avrebbe sciacquata, disinfettata e nascosta nel proprio armadio. Nessuno lo avrebbe mai saputo.

Ma lo seppero tutti.

Alle dodici del giorno seguente Louis era stato già ricoverato nell'ospedale più vicino per un sospetto trauma cranico dovuto al colpo di un oggetto contundente. Il preside del campus aveva voluto vederci chiaro e aveva fatto una cosa che Thomas non aveva considerato, semplicemente perché non aveva compreso che qualcuno avrebbe potuto giocarsi quella carta. Nei mesi precedenti all'aggressione il campus aveva subìto dei furti di materiale sportivo dal magazzino proprio di fronte al campo da calcio. Palloni, pesi, materiale ginnico: era tutto sparito. Perciò, di nascosto dagli studenti, il preside aveva richiesto l'installazione di microcamere di sorveglianza da porre in prossimità di alcuni punti strategici della zona. Microcamere di cui Thomas non era a conoscenza, ma che lo avevano visto protagonista di quanto aveva fatto ore prima. Nelle immagini si osservava chiaramente il ragazzo nascondersi, Louis girovagare fuori dal campo e infine l'aggressione di Thomas.

«Ti scoprirono?» domandò Jupiter.

Thomas annuì, sorridendo. «C'erano le telecamere».

«E come è finita?».

«Fui espulso dal campus e denunciato dalla famiglia di Louis. Dovetti trascorrere centinaia di ore al servizio di lavori socialmente utili e la mia carriera universitaria fu segnata, perché nessuno voleva accogliere nel proprio campus uno così».

«Per una botta in testa? Non l'hai mica ucciso».

«No, ma la famiglia di Louis era potente ed aveva influenza. Mi fecero terra bruciata attorno. Riuscii a farmi accettare da un college un anno dopo, ma non era di primo livello. Mi sono laureato lì e poi il resto lo sai».

«Non ho ancora capito perché odi Sydney».

«Odiare è una parola grossa, la voglio lontano da me».

«E non significa odiare?».

«No».

«Come reagì Sydney a quello che avevi fatto?».

«Mi tradì».

Jupiter deglutì rumorosamente un sorso d'acqua dalla bottiglia che teneva fra le mani.

«In che senso?».

«Quando parlai con lei mi disse che ero stato avventato, che non avrei dovuto farlo e che io non avevo il diritto di metterla in situazioni del genere. Dopo la mia espulsione le prese di mira su di lei aumentarono, perché la videro come una ragazza incapace di difendersi da sola. Per quello smise di parlarmi. Volevo difenderla e vendicarla, visto che non faceva altro che piangere e disperarsi. Ma non ha apprezzato e la nostra amicizia è finita».

«E che cosa ha a che fare con tutto questo, Gerry?».

«Chi è Gerry?».

«Gerard» si corresse Jupiter. «Io lo chiamavo così».

«"Gerry",» scimmiottò Thomas provocando un risolino di Jupiter, il primo che le avesse visto fare da quando l'aveva conosciuta «è mio fratello. Lo era anche allora. Ma anziché schierarsi dalla mia parte e convincere il consiglio studentesco a darmi un'altra possibilità non spese una parola per me. Preferì dedicarsi sul suo percorso. Non pretendevo che si giocasse la carriera, chiedevo solo supporto. E da lui non l'ho avuto. Addirittura scoprii, qualche tempo dopo, che aveva avuto una relazione con Sydney della quale ovviamente mi avevano tenuto all'oscuro».

«Allora è di questo che si tratta» sussurrò Jupiter.

«Eh?».

«Sei ancora innamorato di lei».

«Di Sydney? Sei fuori strada».

«No, per niente. Tu non la sopporti perché sai che standole vicino finirai per cedere e comportarti con lei in modo gentile».

«Piantala di dire cazzate!» urlò Thomas e la sua voce risuonò roboante nel laboratorio.

«Sii onesto con te stesso, Thomas» disse Jupiter imboccando la scala che l'avrebbe portata al piano superiore. «Ti aiuterà».

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