Capitolo 21 | Il passaggio nascosto

13 4 0
                                    


La corsa disperata del direttore Ford, da buon codardo quale aveva sempre dimostrato di essere, lo faceva apparire come la preda designata di un leone affamato nel bel mezzo della giungla. E il leone di quella bislacca operazione che aveva portato a omicidi, scambi di persona e tecniche psicologiche, era Edward Casher. Il poliziotto conosceva bene Ford, ne aveva analizzato tutte le qualità e i difetti per anni. D'altronde, conoscere l'uomo che di fatto aveva ucciso la sua amata Caroline, era il primo passo per colpirlo laddove faceva più male: nell'orgoglio. Ma da tempo, o meglio da quando le idee di vendicarsi erano diventate più concrete, Edward aveva messo da parte l'ambizione di colpirlo da un punto di vista mentale. Per anni aveva assottigliato le proprie volontà definendole a sé stesso acute e mirate dapprima a sconvolgere psicologicamente Ford e poi ad ucciderlo solo dopo averlo turbato. Ma lì, in quel preciso momento, mentre l'odore del sangue della preda gli si era insinuato sotto il naso, da buon cacciatore voleva solo vederlo a terra, in una pozza di sangue, agonizzante mentre lo guardava. Ad Edward non interessava più vederlo soffrire mentalmente, voleva solo ucciderlo e vendicare sua moglie.

«Vieni fuori, figlio di puttana! Ora tocca a te essere squartato in due!» urlò Edward fuori di sé e l'eco della propria voce tonante risuonò fra i corridoi vuoti. Qualche scienziato, appostato in anguste stanzette con la porta aperta, avevano alzato le mani alla sola vista dell'omone armato e qualcuno si era addirittura nascosto. Con il servizio di sicurezza decimato e con i membri restanti in fuga, sia Ford che la clinica non avevano armi di difesa necessarie per sopportare un'operazione di quella portata.

Il professor Oxford fermò Edward solo per un momento.

«Edward, ascoltami» gli disse intingendo i propri occhi nello sguardo deviato del poliziotto. «Prima di ucciderlo dobbiamo trovare l'antidoto per Gerard, il fratello di Thomas. E liberare la madre di Jupiter, okay? Poi puoi farne ciò che vuoi, ma prima dobbiamo cercare di fare i nostri interessi. Sono stato chiaro? Non ucciderlo prima, altrimenti non ci dirà cosa ci serve per andare avanti!».

Edward annuì e riprese a camminare in avanti. «Su, direttoruccio bello, vieni qui che ti voglio distruggere! Ora pagherai per tutto quello che ci hai fatto!».

«Ho una brutta idea che mi gira in testa, ragazzi» disse Thomas, che veniva sorretto da Sydney e Jupiter.

«Quale sarebbe?» domandò quest'ultima.

«Ford è nella stanza della Zona Boshin».

«Che cosa?» Oxford sembrava all'oscuro della presenza di una stanza del genere. «Che diamine sarebbe?».

«Una stanza all'interno della quale si staglia un enorme muro di vetro. Dà accesso ad un'altra stanza dentro la quale ci sono tutti i pazienti trasformati in mostri voraci. Mi ci ha portato prima e Gerard è fra loro».

«Forse c'è anche mia madre!» esclamò Jupiter, quasi come se avesse segnato un gol in una gara immaginaria.

«Non lo so, Jupiter. Ma lui vorrà servirsi di quelle belve per attaccarci».

Una volta appreso il tutto, Oxford annunciò: «Quelle sono creature che hanno subito una accurata mutazione genetica. Per batterli servirà qualcosa di più di pistole, fucili e bombe a basso impatto. Aspettate».

Oxford si diresse alla fine del lungo corridoio laterale. La stanza che gli serviva era ancora lì, come tanti anni prima. Sulla porta dinanzi alla quale si stagliò, carico di adrenalina, c'era un cartello scritto al computer: LABORATORIO MEDICO DEI TEST.

Oxford entrò scalciando la porta e sorprendendo all'interno un vecchio collega. Era alto e secco, con la pelle delle guance paffuta, ma con il resto del corpo moscio e sbilanciato, quasi molleggiante come se non avesse una spina dorsale. I capelli grigiastri e gli occhialetti completavano un soggetto alquanto strano, alla vista. Un cartone animato nel mondo reale, ma con uno sguardo da assassino.

La Zona BoshinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora