L'ultima volta che Sydney e Thomas erano stati così vicini come in quel momento – erano entrambi a terra, poggiati su un singolo ginocchio impugnando un arma e puntando contro la porta – era stato anni prima, in occasione di ciò che Thomas, simpaticamente e nella sua mente, aveva imparato a chiamare "La Rottura". Dopo La Rottura Thomas era cambiato. In peggio, se possibile. Aveva imparato, durante gli anni passati fra lo scrivere romanzi rimanendo aggrappato alla sua aspirazione più grande, ad accantonare i flashback nocivi per il suo umore in un piccolo angolo cieco della propria mente, un angolo rimasto buio e impenetrabile. Ma alla vista di Sydney, qualche ora prima, la piccola porta in legno dentro alla quale erano rimasti sopiti tutti i ricordi spiacevoli era stata sgretolata da quelle particolarità che Thomas aveva sempre amato di lei: dagli occhi da gatta intrisi di una profonda innocenza, fino alla piccola rughetta verticale che le si formava quando sorrideva, fino ai capelli di un biondo quasi accecante e splendente. In termini di paragone, rivederla era stato come se un carro armato si fosse abbattuto sulla piccola porticina e avesse riportato alla luce i cocci di un vaso molto, molto impolverato e ormai riverso sul pavimento. La verità era semplice: lui l'amava ancora, anche se piuttosto che confessarlo avrebbe preferito farsi impalare da una tribù selvaggia di qualche remota cultura indigena. Sydney gli aveva fatto troppo del male e non aveva nessuna intenzione di perdonarla. Non dopo La Rottura. Quella era stata davvero insanabile.
Thomas e Sydney avevano il respiro corto ed erano affannati. Sul corpo di lei il sudore brillava sotto il sole pallido filtrante dalle veneziane della finestra posta sul lato ovest dell'abitazione. Le piccole spalle ossute erano luminose e tese verso la trazione anteriore del corpo. Le mani, piccole e dalle unghie laccate di rosso, impugnavano il fucile con fare incerto, tremando ogni tanto per suggerire un'incertezza che di certo non tranquillizzava Thomas. Nemmeno quest'ultimo era tranquillo. Posizionato su un ginocchio, con la pistola davanti a sé e le braccia tese in avanti, avvertiva dolore sulle scapole e in prossimità delle costole per via del colpo ricevuto da Jupiter qualche ora prima. Avrebbe voluto urlare, perché l'ansia gli dilaniava il corpo donandogli un dolore che si era assestato fra stomaco e basso ventre, ma si trattenne. Un passo falso e i due uomini fuori dalla porta avrebbero ucciso tutti in un batter d'occhio.
«Indossano divise rosse» disse a Sydney.
«Sono guardie di sicurezza della clinica».
«Sei sicura?».
«Se non lo fossi non lo direi. Spara appena entrano, mi raccomando».
«Vuoi macchiarti di omicidio?».
«Questa è una guerra, Thomas. O noi uccidiamo loro o loro uccidono noi. Se vuoi la seconda opzione puoi consegnarti adesso».
Thomas deglutì. Nella sua vita aveva ucciso solo una volta, durante la sua esperienza nell'esercito. Un soldato iracheno era spuntato dal nulla fra le dune di un deserto desolato e aveva preso in ostaggio uno dei soldati più giovani della truppa. Dopo qualche parola incomprensibile, gli aveva tagliato la gola con un coltello da caccia. Lui, alle spalle dell'aggressore e di ritorno dall'accampamento posto da lì a pochi metri, aveva visto tutta la scena incapace di reagire, ma poi i sentimenti avevano preso il sopravvento sulla razionalità. Thomas aveva impugnato il fucile che indossava a tracolla e aveva sparato tre colpi, uno dietro l'altro, alla schiena del soldato iracheno. Quest'ultimo era collassato a terra senza poter reagire, con tre nubi rossastre dipinte sulla divisa color sabbia. Quando Thomas aveva visto il corpo a terra contorcersi per il dolore era rimasto a fissarlo inerme, senza fare niente, gustandosi il dolore di chi aveva ucciso barbaramente uno dei suoi compagni. E, in quel momento, aveva compreso: la parte oscura di ognuno di noi è la più pericolosa, ma anche la più forte.
Le guardie del Philip James Hospital fecero il loro ingresso nell'abitazione sfondando la porta dell'abitazione, ma non ebbero nemmeno il tempo di reagire o di comprendere cosa stesse accadendo a loro o all'ambiente circostante: entrambi gli uomini furono invasi da una scarica di colpi impressionante e rumorosissima che ebbe l'effetto di farli sbalzare al suolo. Il rumore dei proiettili delle armi impugnate da Thomas e Sydney fu sostituito dai gemiti di agonia dei due uomini distesi a terra. Sydney si avvicinò ad uno di loro, quello che sembrava possedere più resistenza, il più grosso. Si chinò su di lui, gettando il fucile a terra, dietro di lei. Lo afferrò per il pomposo bavero della giacca dell'uniforme e infilò lo sguardo in quello della guardia.
«Voglio sapere una cosa sola da te».
L'uomo, balbuziente per il dolore, con saliva schiumosa a macchiargli gli angoli della bocca come spuma sugli scogli, annuì ma senza convinzione. Quel gesto bastò a Sydney per esternare un lato caratteriale che Thomas non le aveva mai visto. Con un pugno secco, chiuso e con le nocche delle mani un po' sporte verso l'esterno, colpì l'uomo dritto sull'occhio destro facendolo collassare a terra, all'indietro, fra ulteriori gemiti di dolore. Thomas non credeva che il tempo potesse portare Sydney ad avere quell'atteggiamento di ferocia, ma se da un lato ne era profondamente scosso, dall'altra ne era molto affascinato. La dolce Sydney recuperò l'uomo da terra e lo fissò con un'espressione truce.
«Non ti vedo convinto, e allora te lo dirò di nuovo: ho bisogno di un'informazione».
«Sì, signora».
«Non ho sentito, rifiuto umano. Ridillo».
«Sì, signora!» esclamò l'uomo, che ormai aveva assunto un colorito stranissimo, simile a quello di un vecchio fazzoletto bagnato, umidiccio, pallido e biancastro.
«Cerco Gerard Stoker. So che sai dov'è e so che sai qualcosa. Dimmelo o ti ammazzo qui seduta stante».
«Non so niente...vedi...io sono un semplice agente...un semplice...» a causa del dolore intenso causato dal proiettile l'uomo non riusciva ad articolare le frasi con una buona velocità e di certo il fiato corto che gli si era instillato al momento del colpo non lo aiutava. «Gerard...Stoker...» disse affannandosi «non ho mai...non ho mai sentito quel nome...».
«Bugiardo!» urlò Sydney, che gli rifilò un altro pugno, sempre sullo stesso occhio, che ormai era ridotto ad uno strano nugolo raggrinzito di colore rossastro. Sydney recuperò l'arma da terra e puntò il fucile contro l'uomo. Il secondo agente, stordito per via del colpo, rimaneva esanime a terra senza dare segnali di ripresa tangibili, ma dal respiro irregolare si poteva notare che fosse vivo. «Ti ammazzo adesso, se non mi dici cosa sai su Gerard Stoker e perché la clinica per la quale lavori cerca Jupiter».
L'uomo accennò un sorriso e cercò di raddrizzarsi. Prese fiato, poi sospirò gettando l'aria all'esterno, come se i suoi polmoni non potessero riempirsi a sufficienza di aria e quella che riuscissero ad inalare fosse tossica.
«Ormai è...è spacciato...» disse con un volto che spaventò Sydney e che turbò parecchio Thomas. Aveva gli occhi folli di chi non sa mentire e la bocca dilaniata in un sorriso associato al dolore: quell'uomo era malato, malato dentro e sembrava quasi fiero di quella sua sfaccettatura dominante. «Il tuo...il tuo Gerard lo avranno già mangiato...per...» l'uomo stramazzò al suolo per il dolore, ma fece leva sui polsi per rialzare la testa fissare Jupiter. «E tu...tu sei quasi spacciata come lui...puttanella che non sei altro...».
Furono parole inaccettabili per Jupiter. Non per l'insulto, non per la minaccia, ma per quanto aveva pronunciato su Gerard. Non poteva accettare che l'unica figura di riferimento che avesse mai avuto potesse essere spacciato. No, non riusciva a sopportarlo. Sembrò rimanere immobile per qualche secondo, per poi muovere affannosamente le dita delle mani simili a quelle di una bambina, così piccole e corte e rilasciare verso l'uomo una vorace e lampante luce bluastra simile ad un tuono. La traiettoria di quello che a Thomas sembrò un lampo di luce creato dal nulla durò nemmeno un secondo e dopo aver strabuzzato, lui e Sydney si ritrovarono con il sedere a terra, frutto di uno scossone simile ad un terremoto che invase tutta la stanza. Quando riacquistarono l'orientamento lo videro dinanzi a loro: l'uomo che aveva osato pronunciare quelle parole su Gerard era a terra, ma parte del volto gli mancava all'appello, compresa la bocca, che era stata espiantata. Il resto del volto era carbonizzato come se un potente incendio lo avesse squarciato. Thomas rimase senza parole, mentre Jupiter crollò al suolo esanime sotto lo sguardo preoccupato di Sydney. Thomas si avvicinò alla ragazzina, che aveva perso i sensi e che appariva sfinita.
«Dobbiamo scappare da qui» gli disse Sydney.
«Per andare dove?» disse Thomas. «Non ci sto capendo niente».
«Oh, capirai, eccome se capirai. Ora non possiamo più stare qui, ci recheremo alla Botola».
«Eh?».
«Alla Botola: è un nascondiglio che tuo fratello aveva creato a qualche miglio da qui. Tu prendi Jupiter e portala nell'auto sul retro, io sistemo quel tizio ancora vivo.
Thomas eseguì e mentre accomodava Jupiter delicatamente in auto udì lo sparo. Sydney non aveva avuto scelta.
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La Zona Boshin
HorrorLa vita di Thomas Stoker, scrittore, è perfetta: soldi, ricchezza, fama e un primo romanzo in cima alle classifiche internazionali dei libri più letti. Ma l'apparenza inganna e quando riceve una strana mail sul proprio pc inizia un gioco al massacro...