Il civico 397 di Higgs Road era molto diverso da come se lo aspettava. Gerard era un avvocato di successo operativo in tutta la California, con sede in una ridente cittadina come Fowler in cui niente poteva disturbare la pavida quiete che era possibile intravedere dalla pacata conduzione del traffico da parte dei vigili urbani impegnati a districare il tran tran fra le auto, o dal vociare allegro e gioioso dei bambini all'uscita della scuola elementare o dalle campagne stracolme di sole, dai campi lunghi e immensi in cui, Thomas immaginava, qualche ragazzino avrebbe percorso correndo a perdifiato e facendo un bizzarro gioco con i propri compagni.
Il 397 di Higgs Road, la casa di Gerard, era un'orribile casa a due piani, sporca e malmessa, con un tetto spiovente in procinto di crollare da un momento all'altro e un giardino con cespugli così folti e arruffati da poterci perdere un cane all'interno. Come poteva, un brillante e ricchissimo avvocato come Gerard, vivere in quella casupola da poveracci? Era inconcepibile. Forse aveva sbagliato indirizzo, forse era stato lo stesso Gerard – tramite un refuso – a sbagliare il proprio indirizzo sulla mail. Forse il nome della strada non era Higgs, ma Bibbs o Hibbs...doveva esserci sicuramente un errore! Suo fratello non poteva vivere di certo in un rudere del genere. Com'era snob, poi, non avrebbe mai acconsentito ad una vita che non fosse di lussi e sfrenate esibizioni del proprio ricco patrimonio in pubblico. Non che Thomas potesse lamentarsi: la sua carriera di scrittore era iniziata bene, ma non stava proseguendo come doveva e l'unica cosa che sembrava farlo sentire meglio era sparare a zero nella sua mente su suo fratello per via di litigi risalenti all'età preistorica. Risentimento: che strana sensazione. Un sentimento che poteva tradursi in un eccesso di amore e in un carico di aspettative scaraventato sull'altra persona. La delusione per ciò che era accaduto anni prima lo faceva sentire frustrato. Quasi si pentiva di essere accorso a Fowler. Non poteva rimanere a casa sua, nel suo meraviglioso attico di New York, a scrivere un buon libro che poi il pubblico avrebbe considerato un capolavoro? Invece no, era lì a perdere tempo e a cercare di correre dietro i deliri di onnipotenza di suo fratello. Come minimo si era trattato di uno scherzo di cattivo gusto: era tipico di Gerard apparire serio e poi svoltare personalità per prendersi gioco degli altri. Decise di smetterla di tormentarsi, di conseguenza rivolse la parola al tassista.
«Scusi, è sicuro che l'indirizzo sia giusto?».
Il tassista, un uomo smilzo e dalla pelle cadente in prossimità delle mandibole, lo guardò negli occhi attraverso lo specchietto retrovisore centrale. Gli occhi dei due uomini si incontrarono e il tassista accennò ad un sorriso. «Lei non è di qui, io ci vivo da tutta la vita. E questa è Higgs Road 397. L'indirizzo è giusto».
«Ma è sicuro? Questa dovrebbe essere la residenza di un noto avvocato».
«Sarebbe?».
«Gerard Stoker, mio fratello. Forse lo conosce».
Negli occhi dell'uomo balenò una scintilla di follia. Fu impercettibile, ma Thomas se ne accorse e per un secondo rabbrividì.
«Ho detto qualcosa di sbagliato?» chiese in un impeto di coraggio.
Il tassista temporeggiò prima di proferire parola. Sospirò, poi fissò dritto dinanzi a sé.
«Quel tizio...lo conoscono un po' tutti, qui. Ma di certo non è un avvocato».
«Ma cosa dice! Certo che è un avvocato! Vuole saperne più di me? Gerard Stoker è mio fratello».
«Suo fratello allora le avrà raccontato parecchie bugie, mi spiace per lei. E ora fuori dalla mia macchina. Paghi la corsa e se ne vada e non mi chiami più. Non voglio che la gente del paese mi colleghi a quel malato di mente».
Thomas ebbe un sussulto. «Cosa? Perché dice così?».
«Mi paghi la corsa e se ne vada, non voglio parlare dell'argomento».
Thomas frugò in tasca ed estrasse dei contanti che rifilò al tassista. Una volta fuori dall'auto provò ad instaurare un nuovo dialogo.
«Se vuole posso darle altri soldi, se solo mi spiega un po' di cose che sa su mio fratello».
Il tassista mise in moto e sparì all'orizzonte lasciandosi dietro una nube polverosa di terriccio sabbioso. Thomas, due valigie in mano che ne rendevano sbilenca l'andatura, si diresse verso la casa, salì i tre gradini che davano accesso al portico e suonò il campanello posto alla destra della porta d'entrata.
Nessuna risposta.
Nemmeno un movimento.
Silenzio quasi assoluto. Quasi, perché Thomas lo vide. Un essere indefinito muoversi dietro le tende bianchicce della prima finestra a destra.
Thomas si insospettì e si recò a controllare proprio nei pressi della zona. Intravide una pompa in giardino e si diresse vicino a quella per controllare un dettaglio che a molti sarebbe apparso trascurabile, ma che ai suoi occhi sembrava fondamentale. Ruotò a destra la rudimentale maniglia della pompa e si ritrovò la ruggine incrostata sull'acciaio inquinargli le mani. Ma dopo dei sobbalzi interni al tubo, quella specie di rubinetto fissato al suolo fece uscire un flusso di acqua limpida e pulita che bagnò l'erbaccia secca del giardino.
In casa c'era un impianto idrico funzionante. Voleva dire che qualcuno, con molta probabilità, abitava ancora in quella casa e se non era Gerard, chi poteva essere. Thomas decise di chiamarlo al cellulare, ma risultava spento e comunque in quella zona non c'era molto campo. Bussò alla porta e suonò ancora il campanello, finché la porta emise un sonoro clack aprendosi lentamente. Qualcuno aveva aperto dall'interno. Se davvero Gerard gli aveva fatto uno scherzo dopo anni di silenzio avrebbe dato di matto e lo avrebbe schiaffeggiato lì seduta stante. Thomas entrò, a piccoli passi, in una casa che all'interno sembrava essere stato teatro di battaglia. Il divano del soggiorno era capovolto, la polvere a terra era eccessiva e c'era un enorme tavolo posto a terra, in orizzontale, come se qualcuno lo avesse usato come scudo per ripararsi da qualcosa che lo stava attaccando. Inoltre, Thomas li notò per i raggi del sole obliqui che illuminavano il pavimento, erano presenti tre bossoli di proiettili a terra. Facevano capolino, sui muri dipinti di azzurro, crepe profonde. Qualcuno aveva fatto a botte? C'era stata una rissa con tanto di armi da fuoco? Non riusciva a capire cosa poteva essere accaduto, ma ad un tratto avvertì una strana sensazione: una volta, in un viaggio a Tokyo per promuovere il romanzo, Thomas aveva avuto la sensazione che il terreno gli mancasse da sotto i piedi per via di un violento terremoto che aveva colpito la nota città nipponica, ma la sensazione che provava in quel momento era molto, molto diversa, quasi peggiore. In un nano secondo avvertì il pavimento mancargli sotto i piedi e la sua testa sembrava essere stata presa a calci per ore, perché improvvisamente avvertì vertigini e nausee. In pochi secondi sentì una strana forza soprannaturale tirarlo assestarsi sulle spalle, come se due artigli di un enorme uccello da caccia lo avessero aggredito. Non poté metabolizzare perché avvertì il corpo allungarsi e slanciarsi in alto, come se fosse stato estirpato a forza dal suolo. In pochi secondi venne sbalzato in avanti e roteato fino a raggiungere il muro di fronte e a sbattere contro di esso. I reni di Thomas impattarono direttamente contro il muro spoglio, ma pieno di crepe. L'uomo lanciò un urlo soffocato dal dolore e capitolò a terra, poi perse i sensi senza aver capito cosa fosse accaduto e perché Gerard gli avesse fatto quello. Ma era stato davvero lui?
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La Zona Boshin
HorrorLa vita di Thomas Stoker, scrittore, è perfetta: soldi, ricchezza, fama e un primo romanzo in cima alle classifiche internazionali dei libri più letti. Ma l'apparenza inganna e quando riceve una strana mail sul proprio pc inizia un gioco al massacro...