Ci accorgiamo di che ora è quando altre persone lasciano il locale. Il personale sta iniziando ad abbassare le serrande laterali, vecchie e arrugginite.
«Dici che dovremmo andare?», chiedo voltandomi verso Montez.
Al momento ha il cellulare acceso nella mano sinistra, mentre l'altra è posata sulla mia coscia, che stringe ritmicamente, come per assicurarsi che io sia ancora qui.
Tra una chiacchiera e una battuta mi sono spostata a sedere alla sua destra. Stare uno di fronte all'altro è da coppia noiosa, e noi non lo siamo.
«Mh, si certo», mi sorride allegro e ripone il suo iPhone nella tasca posteriore del jeans. Prendiamo le nostre cose e infiliamo le giacche. Le temperature si saranno di certo abbassate con il passare delle ore.
«Vado a pagare, aspettami all'uscita», e mi scavalca con un saltello degno di un quarterback, regalandomi la regale vista del suo fondoschiena. Recupero la borsa e mi avvio verso l'uscita.
Con la coda dell'occhio noto un movimento sospetto dietro uno dei separé vicino all'entrata. Strano, ero sicura che fossimo gli unici ad essere rimasti.
Sarà sicuramente un cliente arrivato tardi, oppure un camionista. A beh lo scoprirò quando ci passerò davanti, in qualunque modo.
Controllo un secondo il cellulare e rispondo ad un paio di messaggio importanti, poi decido di incamminarmi fuori.
«Hana», una voce che decisamente non riconosco mi chiama da oltre il separé, sta diventando inquietante la situazione.
Mi avvicino a piccoli passi e mi fermo dinanzi al tavolo.La figura di una donna - decisamente elegante per questo posto - mi invade il campo visivo. Ha i capelli castani arricciati sulle punte e degli occhi scuri scintillanti. Indossa un blazer e dei pantaloni a sigaretta verdi che le donano immensamente.
Un vago ricordo mi attraversa la mente, inculcandomi il dubbio di averla già vista da qualche parte.
Alle sue spalle scorgo altre due figure: Daisy e Rey. No, non mi piace per niente questa situazione. «Salve, ci conosciamo?», domando circospetta.
Mi guardo intorno con fare discreto. Ma dove cavolo è finito Montez?
«Non penso proprio, e non credo che tua madre ti abbia parlato di me», allarga le labbra in un sorriso affilato e per niente rassicurante. «Mi chiamo Evelyn, incantata».
Mi porge la mano inanellata di diamanti in segno di cortesia. Vorrei scappare in questo momento ma la buona educazione prevale sul senso di inquietudine annidata al centro del petto.
«Piacere», le dita sottili mi arpionano la mano come se volesse staccarmela.
Per un secondo il suo sguardo si scurisce mentre mi studia.Immagino che se aprisse bocca di nuovo la sua voce sarebbe come quella di un'Arpia. Melodica e mortale. Inizio a
sentirmi in trappola e la voglia di scappare si fa sempre più reale.«Conoscerai di certo i miei bambini, Rey e Daisy, credo andiate nello stesso liceo», il suo sguardo mentre osserva i suoi figli non si addolcisce come quello di qualsiasi genitore, anzi li osserva come se fossero delle proprietà.
Pedine della sua vita perfetta.
«Beh saluta i tuoi genitori da parte mia, ci rivedremo molto presto te lo assicuro», mi congeda. Tentenno se dire altro, ma la confusione mi attanaglia i neuroni.
«Arrivederci», e zoppico fuori dalla porta.Il fiato mi si mozza sentendo la tensione nel petto pizzicare, come un'ondata di spilli a pungolarmi le interiora. Non so chi sia quella donna ma le vibrazioni che emanava hanno fatto diventare nero il mio umore.
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Vas A Quedarte
RomanceHana Rivera, un nome: una garanzia. A 17 anni ha tutto quello che un'adolescente normale sogna: una villa con piscina, un conto in banca illimitato e una carriera da modella già spianato davanti a sé. Che vi dicevo? Un sogno. Peccato che per Hana qu...