Find Yourself ~ 9

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Furono giorni faticosi, ma cercai di affrontarli sempre con il sorriso sulle labbra. Non ero mai stato molto bravo ad organizzarmi e infatti mi ritrovai spesso a passare ore a sistemare cose che avrebbero richiesto forse un decimo di quel tempo.

Tuttavia gli scatoloni si accumulavano e l'aria si faceva sempre più autunnale.

Tenevo spesso la finestra del soggiorno aperta e a volte entravano nell'appartamento foglie dai colori del tramonto. Volteggiavano nell'aria e poi si depositavano sul tappeto.

Quasi mi dispiaceva doverle spazzare via a fine giornata: davano un tocco speciale a quella stanza.

Un giorno afferrai il cellulare e con le mani tremanti feci loro una foto.

Mi faceva una strana sensazione scattare una fotografia, perché era da troppo che non succedeva. A Kiera non era mai piaciuto e con il tempo mi ero abituato a non farne.

Anche se quello che tenevo in mano era solo un cellulare e non una macchina fotografica professionale, provai una fortissima emozione quando inquadrai e scattai la foto.

Poi visualizzai il risultato e ammirai i colori caldi del tappeto e delle foglie. Sembravano accarezzarsi l'un l'altro, quei bellissimi toni autunnali.

Respirai a fondo e mi portai una foglia al viso, annusandola. Ci giocai un po', quindi mi alzai e la lanciai delicatamente fuori dalla finestra aperta. La brezza se la portò subito via.

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Era lunedì quando finalmente vidi tutte le valigie e gli scatoloni in un angolo dell'atrio.

Per festeggiare andai al fiume.

Iniziava a fare fresco, ma, ciononostante, passai una buona mezz'ora appoggiato alla ringhiera con i gomiti, osservando la città vivere e l'acqua scorrere, in un flusso ininterrotto.

La gente camminava e correva dietro alla mia schiena. Io non la guardavo. Però sentivo le sue chiacchiere, le risate dei bambini e l'abbaiare dei cani.

Sopra alla mia testa il cielo si stava facendo sempre più grigio e le nuvole minacciavano l'apparente staticità della metropoli.

Sentivo il profumo di ciambelle provenire da un chiosco non molto lontano, la gente che parlava del temporale imminente e le prime gocce di pioggia cadermi sul naso e sulle spalle.

Però non mi mossi. Era come se fossi diventato un tutt'uno con il lungofiume.

Infine una mano posata sulla mia spalla mi fece sobbalzare. Mi girai. Era il vecchio.

Lo sapevo che il lungofiume era anche il suo posto preferito!

Mi erano mancati i suoi occhi e la sua espressione saggia, il bastone e il cappello a scacchi, i pantaloni fuori moda e il bavero sollevato.

Gli sorrisi sinceramente e lui fece lo stesso.

"La pioggia non la spaventa" disse.

Non era una domanda, ma io scossi la testa comunque.

"Non spaventa neanche lei, vedo".

Anche lui negò.

Ci incamminammo e gli comunicai subito che avevo lasciato il mio lavoro da barista e che ambivo a diventare fotografo. Dirlo mi fece arrossire e il mio cuore si mise a battere velocemente, ma volevo dare realtà ai miei pensieri e non relegarli più in un angolo della mia mente.

Inoltre con quel vecchio mi sentivo a mio agio e sapevo che potevo parlargli di tutto. Gli raccontai di Esther e capii dal suo sorriso che era felice per me.

Tuttavia era un sorriso triste e io non capivo il perché.

Ci sedemmo su una panchina e lasciai che il silenzio ci avvolgesse, nella speranza che il vecchio si aprisse e mi parlasse sinceramente come io avevo appena fatto con lui.

"La pioggia sembra fatta apposta per portare alla mente tutti i ricordi tristi della vita" incominciò, con lo sguardo rivolto all'acqua del cielo che si univa a quella del fiume. "Era una sera piovosa di trentacinque anni fa quando l'unico vero amore della mia vita mi disse addio. Era un pomeriggio piovoso quando partì il treno che si portava via mio padre, trascinandolo sul campo di battaglia. Era una notte piovosa quando ricevetti la notizia della morte del mio fratello maggiore".

"Mi dispiace così tanto".

"Non sono questi ricordi che fanno male, dopo così tanti anni: è il rimorso".

"Quale rimorso?". Mi sentivo vicino a quel vecchio e alla sua storia e ne volevo sapere di più, sempre di più.

"Pensavo che dedicarsi al proprio lavoro fosse tutto. I soldi e la mia ambizione erano diventati il sangue che mi scorreva nelle vene. Ciò mi portò a sottrarre sempre più tempo alle mie relazioni affettive: con la mia fidanzata, con la mia famiglia e con i miei amici.

Li persi tutti, uno dopo l'altro. La mia fidanzata mi lasciò e da quel momento non mi innamorai di nessun'altra. Mio padre partì per la guerra e non fece più ritorno. Mio fratello morì suicida per colpa di tutti i debiti di gioco che aveva accumulato. I miei amici mi ritenevano freddo e insensibile e pian piano non si fecero più sentire. Mia madre mi amava troppo per potersi allontanare da me, ma io non fui mai capace di trasmetterle il mio affetto.

Tutte vite che sono state spazzate via e che io non sono riuscito ad afferrare. Persone che non sapranno mai quanto volevo loro bene. Persone che avevano tanto da dirmi, ma che io non ho mai ascoltato. Persone che si meritavano una versione migliore di me".

Il vecchio iniziò a piangere silenziosamente. Mi balenò per la mente l'immagine di Kiera piangente sul tavolo della cucina ed io che le stringevo una ciocca di capelli.

Porsi un fazzoletto al vecchio, a Yuri.

"Non puoi più fare nulla per quelle persone, ma pensa che tutto ciò che hai vissuto ti ha portato ad essere la persona che sei ora. Una persona diversa, una persona che ha costruito qualcosa sulla sofferenza. Senza quelle persone non avresti imparato che cosa conta davvero nella vita".

"Ma io non ho potuto fare niente per loro".

"Forse in parte è vero. Però hai fatto tanto per me" sussurrai con un sorriso.

Non ero la persona migliore del mondo in quanto a consolare gli altri, ma almeno potevo far capire a Yuri quanto fosse stato fondamentale per me in quel periodo.

Il vecchio si girò verso di me e mi sorrise in un modo che non dimenticherò mai.

La sua anima mi sorrise, non la sua bocca. Vidi una luce risplendere nei suoi occhi bagnati di lacrime.

Ormai non sentivamo più la pioggia, perché eravamo troppo impegnati a leggere l'anima dell'altro e a capire che sarebbero state per sempre legate.

Ero sicuro che qualsiasi strada avessi scelto, quel vecchio non sarebbe uscito dalla mia vita e io non sarei uscito dalla sua.

Quando ci separammo, non ci separammo realmente. Sapevamo che il lungofiume era il luogo preferito di entrambi e che potevamo sempre incontrarci là, seduti su una panchina.

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